Omelia nella festa di S. Barbara, Patrona della Marina Militare

04-12-2020

Roma, Chiesa S. Caterina a Magnanapoli

 

Carissimi fratelli e sorelle, è un dono celebrare oggi l’Eucaristia, un dono particolare, un dono per tutti, soprattutto per voi, cari militari della Marina, che ringraziate oggi Santa Barbara, vostra Patrona, e che, in certo senso, ricevete il suo grazie per quanto avete fatto e state facendo a servizio della nostra gente, soprattutto in questo tempo di pandemia.

Quanto è diversa la festa di oggi rispetto a un anno fa!

Con quanta gravità risuonano al nostro cuore le parole del Vangelo (Lc 9,23-26): «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»!

Gesù parla non solo della croce ma della croce di «ogni giorno»: una nota interessante dell’evangelista Luca, riferimento alla croce concreta, alla croce che si radica nello spazio e nel tempo, nell’oggi della nostra vita e della vita del mondo.

La croce con cui il mondo si è confrontato in questo tempo – ovvero la pandemia – fino a qualche mese fa ci era quasi del tutto ignota. Avevamo probabilmente letto qualcosa sui libri di storia o ascoltato le narrazioni di anziani che ricordavano l’esperienza della “spagnola”… ma, ad essere sinceri, ci sembrava che dovesse rimanere tutto lì. Invece, è diventata una croce dell’oggi, di questi nostri giorni, e lo è diventata per tutti, seppure con sfumature diverse. È una croce che ha accomunato il mondo e, per certi versi, ha accomunato il nostro mondo militare.

Voi militari, voi militari della Marina – lo dico con convinzione e ammirazione – siete stati e siete decisivi anche nella gestione di questa emergenza inattesa; avete rappresentato e rappresentate, sul piano sanitario e sociale, un punto di forza del nostro Paese, un elemento di sicurezza per la nostra gente, afflitta, spaventata e impoverita.

Ma lo avete fatto e lo fate – questo è molto bello – seguendo Gesù, sulle orme della vostra Patrona Santa Barbara. Lo fate affrontando una forma di “martirio”, ovvero, secondo l’etimologia della parola, offrendo una “testimonianza” libera e autentica di servizio d’amore al prossimo.

Se ci pensiamo bene, il verbo «prendere», riferito alla «croce», indica l’atteggiamento attivo di chi non subisce ma si fa carico, prende su di sé. È vero, Gesù esorta a prendere la “nostra” croce; ma ci chiede di farlo come Lui, seguendo Lui. E non è forse vero che la Sua croce racchiude le nostre croci, le croci degli uomini di tutto il mondo e di tutti i tempi?

Sì, cari amici, bisogna prendere la croce per accorgersi dei dolori dei fratelli, delle loro difficoltà, delle loro povertà, dei loro più autentici bisogni, spesso sepolti dietro una vita fatta di apparenza o sprecata a rincorrere piaceri o guadagni illusori.

Questa pandemia ha tolto il velo su tanti di questi inganni, ha messo davanti al mondo la realtà della croce e delle singole croci, svelando al contempo la risposta che solo l’amore riesce a dare, a cercare, a inventare. Un amore che è tale in chi – spiega ancora Gesù – sa «rinnegare se stesso».

Penso a come voi, uomini e donne della Marina Militare, assieme agli altri colleghi delle Forze Armate e Forze dell’Ordine, ci abbiate spiegato con semplicità e fedeltà questa pagina di Vangelo.

Penso al modo in cui avete rinnegato voi stessi, non solo non esitando a mettere da parte i vostri interessi, il vostro tempo, la vostra incolumità ma richiedendo un supplemento di disponibilità, di rischio… un supplemento d’amore alle vostre stesse famiglie.

La famiglia di un militare ha una vocazione speciale, lo ripeto spesso. Vive in comunione con una dedizione straordinaria, che supera i limiti del dovere professionale o i tempi lavorativi e si identifica con quel senso della missione che, sempre, ci trascende.

Rinnegare se stessi, in fondo, significa trascendere se stessi. Tenere lo sguardo e il cuore rivolto verso quell’“oltre” che ci immette nell’orizzonte infinito del bene e del bene comune, nell’economia del gratuito: e se tutto questo, per l’egoismo imperante o per i comuni criteri finanziari, sembra una scelta in perdita, per la logica evangelica è un reale guadagno, l’unico vero guadagno.

«Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?», ci avverte Gesù. E quante vite di uomini si perdono ogni giorno dietro la smania di guadagni disonesti, l’abitudine alla corruzione, la schiavitù delle dipendenze, la violazione del creato e la manipolazione della vita umana, soprattutto quella dei più fragili e piccoli!

Si perdono, costoro, perché perdono la vita e il senso della vita. E qualunque guadagno non potrebbe restituirlo, come stiamo sperimentando dinanzi al diffondersi della pandemia e delle sue conseguenze.

In fondo, come scrive il Papa nell’Enciclica Fratelli tutti, si tratta anche di una «perdita di senso della storia…  per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti»[1].

Ecco, mentre tali ingiustizie si consumano, consumando chi le persegue, voi prendete sulle spalle, con la vostra croce, le croci di tanti fratelli, soprattutto i più piccoli e fragili, nella quotidianità di un servizio ricco di contenuti e di valori, e oggi più che mai necessario alla comunità umana e alla Chiesa. Così, voi cogliete il senso della vita: perché la vita si salva – spiega Gesù – solo se «si perde»; se si la perde per Lui!

Cari amici, è stata questa l’esperienza di Santa Barbara e la sua rappresenta una testimonianza eloquente, un messaggio vivo ed efficace per il tempo attuale.

Certo, la nostra condizione non è, come la sua e come quella di tanti fratelli e sorelle ancora oggi nel mondo, una persecuzione a motivo della fede. Ma la fede, spingendoci oltre noi stessi, ci aiuta a cogliere il grido dei fratelli, ci porta a soccorrerli perdendo la nostra vita, e ci permette di realizzare quell’augurio che il Papa esprime come speranza, pensando al giorno in cui avrà termine questa pandemia: «che alla fine non ci siano più “gli altri” – scrive – , ma solo un “noi”»[2].

È il “noi” che voi avete costruito sempre, che continuate a costruire, e per il quale ripeto il mio grazie di pastore e di padre, chiedendo a Dio di benedire il vostro lavoro, le vostre famiglie e il vostro modo esemplare di portare, nella fedeltà dell’amore quotidiano, la vostra croce e le croci di coloro che vi sono affidati. Quella croce che ci fa seguire Gesù, ci fa simili a Gesù; ed è certezza di Risurrezione.

Santo Marcianò

[1] Francesco, Lettera Enciclica Fratelli tutti, 13

[2] Ivi, 35