Omelia nella Messa in occasione del Raduno dell’Associazione Nazionale Artiglieri

18-07-2016

Darfo Boario (BS) – 7 maggio 2016  Carissimi fratelli e sorelle, è bello ritrovarsi qui assieme a voi, amici dell’Associazione Artiglieri; vi saluto tutti con affetto stima, gratitudine per la vostra presenza e per aver voluto celebrare assieme l’Eucaristia, cuore della vita cristiana, forza per continuare quel cammino della vita che ci conduce verso il Signore. È Lui la nostra festa, è Lui il principio dell’unità: l’Eucaristia ce lo ricorda e rinsalda ogni unione, ogni comunione che l’uomo desideri. Celebriamo oggi il mistero dell’Ascensione di Gesù in cielo: un episodio che – lo abbiamo contemplato nel Vangelo (Lc 24,46-53) – ci fa guardare verso l’Alto, verso Dio, verso le cose infinite, quelle che contano; che, potremmo dire, non finiscono. Guardiamo ai valori veri, da noi scelti nella vita, nella professione, nel volontariato. Aderire a un’Associazione significa portare avanti un ideale ispiratore, nel quale tali valori si sintetizzano: un ideale che sostiene scelte importanti e si propone di essere lasciato in eredità alle nuove generazioni. Si tratta di una luminosa testimonianza e di una preziosa opera educativa, necessaria più che mai nell’attuale clima culturale. Oggi, infatti, si soffre per mancanza di ideali. Ci sono forse troppe idee e tutte esigono che sia trovato per esse spazio, tutte pretendono di venire considerate diritti, tutte devono essere rispettate, anche se sbagliate… Sì, troppe idee ma pochi ideali. E in questo si rispecchia una visione riduttiva dell’essere umano. L’idea, se ci pensiamo bene, è qualcosa che viene prodotto, formulato, proposto dall’uomo: l’idea può essere buona, molto buona, ma è sempre frutto dell’elaborazione, della convinzione, della preferenza o della spontaneità di una persona; per realizzarla, può essere sufficiente solo un piccolo sforzo, un impegno momentaneo. L’ideale, al contrario, è qualcosa di più grande dell’uomo. L’ideale ci attira, ci conquista, ci mette in discussione. L’ideale ci chiede di alzare lo sguardo verso l’alto, ci proietta verso l’infinito, ci impegna in uno sforzo continuo perché non finisce ma è capace di ispirare tutta una vita. L’uomo non può vivere senza ideali; o meglio, se lo fa, trascina la propria esistenza fino a lasciarla trascorrere a un livello di superficialità che non lo vedrà mai soddisfatto né in pace con se stesso e con gli altri. Voi Artiglieri avete degli ideali, seguendo i quali sperimentate che l’esistenza viene trasformata, diventa migliore. L’ideale, in fondo, ci migliora sempre e tende a migliorare il mondo in cui viviamo. Quali ideali seguite? Quali ideali siete chiamati a seguire? In questa Liturgia, mentre contempliamo Gesù che ascende al Cielo, vogliamo rinnovare tale domanda e cercare di dare al nostro ideale un volto cristiano, ascoltando con il cuore la Parola di Dio. «Di me sarete testimoni», dice Gesù ai discepoli – abbiamo ascoltato dalla Prima Lettura (At 1,1-11) – «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Essere testimoni. È il primo ideale di un’Associazione come la vostra. Testimoniare, in realtà, non significa solo raccontare, significa dire con la vita. La Bibbia, però, ricorda che dobbiamo testimoniare Cristo: è questo che Egli chiede a noi, come ai Suoi discepoli. C’è un modo di vivere la vita, di vivere il compito di artiglieri, che può essere testimonianza di Dio; questo voi dovete dire. C’è una possibilità di annunciare il Vangelo anche con il servizio militare, quando si porti avanti un impegno di vera dedizione all’uomo, di fraternità, di accoglienza, di pace. Quando ci si sforzi, ogni giorno, di guardare sempre verso il Cielo, il che significa non solo guardare a Dio ma anche guardare l’uomo come Sua creatura. C’è un modo di testimoniare la non violenza, anche nel buio delle guerre; il rispetto e la difesa della vita, anche nell’attuale cultura di morte; l’accoglienza di tutti, anche nel tempo in cui, come grida Papa Francesco, troppi sono i poveri, gli stranieri, i profughi, i deboli scartati e rifiutati. Questa è la testimonianza che voi ci consegnate, e ve ne siamo tutti grati; e tale testimonianza raggiunge e supera tanti confini, si apre al mondo, nel senso che, come amo spesso ripetere, porta lo “stile” della militarità italiana oltre la nostra Nazione, diventando un servizio per altri popoli, come pure un esempio per le Forze Armate di altri Paesi e altre culture. Ma tale stile ha un contenuto, la cui espressione più pregnante raccogliamo dalla seconda Lettura (Eb 9, 24-28;10, 19-23): Cristo, dice la Lettera agli Ebrei, «offrì se stesso»; ci ha salvati mediante «il sacrificio di se stesso». C’è un offrire se stessi fatto all’unico scopo di volere il bene degli altri, salvarli dai pericoli, custodirne la vita e la dignità mediante il sacrificio della propria esistenza. È un ideale molto concreto per la vita militare, è una delle immagini della misericordia che il mondo militare è chiamato a incarnare ed è un valore impopolare per la nostra cultura impregnata di utilitarismo e soggettivismo. Un ideale che, nell’Enciclica Laudato si’, Papa Francesco traduce con due parole quasi provocatorie, «umiltà e sobrietà», termini legati – è molto interessante per noi – alla «pace» che, egli spiega, «è molto più dell’assenza di guerra. La pace interiore delle persone – continua infatti il Papa – è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune, perché, autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita»[1].   Carissimi fratelli e sorelle, è bello pensare che quella che è stata “ieri” testimonianza di un servizio vissuto come coraggiosa offerta della vita, sia “oggi” da voi incarnata in una testimonianza di sobrietà, di capacità di stupirsi, di fuga dalla superficialità, di sguardo tenuto fisso verso il Cielo, non solo concentrati sulle proprie idee ma proiettati ai grandi ideali.    E, se è vero che gli ideali sono fondamentali per suscitare l’entusiasmo dei giovani, per spingerli a una vita più carica di significato, non bisogna tuttavia dimenticare che gli ideali sono trasmessi soprattutto dagli anziani, sono un frutto di quella memoria che, seppure viva nel presente, attinge alla storia, sapendola interpretare – potremmo dire – alla luce del “cielo”. Anche la storia di Gesù si interpreta a partire dal Cielo: questo insegna il Mistero dell’Ascensione, spingendo ciascuno di noi, ciascuno di voi, amici artiglieri, a perseverare nella testimonianza coraggiosa e gioiosa dell’amore di Dio, sorgente e forza di ogni ideale che impreziosisce la vita, rendendola degna di essere vissuta.  X Santo Marcianò Arcivescovo  


[1] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 2245-225