Omelia nella celebrazione per la festa di San Tommaso

18-07-2016

Roma, Cappella dell’Angelicum – 7 marzo 2016 Carissimi fratelli e sorelle, è con gioia e onore che celebro con voi la Festa di S. Tommaso. Un Santo, un domenicano, un dottore della Chiesa… Un uomo che ha inciso nel suo tempo con una profondità di pensiero e di opere che ancora illumina l’esistenza e il cammino di fede di tanti, in particolare di chi, come voi, studia, insegna e opera all’interno di questo Pontificia Università che si onora di portare il suo nome. Ringrazio dal profondo del cuore il Rettore, padre Miroslav Konstanc ADAM, per l’invito, e saluto con affetto e stima ciascuno di voi: autorità accademiche, docenti, studenti e personale dell’Università. Un affetto e una stima facilitate, certamente, dalla vicinanza fisica – l’Ordinariato Militare vi sta esattamente difronte – ma fondate sulla consapevolezza del grande servizio alla sapienza che, fedele al suo Maestro Tommaso, questa Università svolge nelle sue diverse Facoltà, Istituti, Corsi. Servi della sapienza, dunque. Una sapienza che vorremmo declinare in alcuni binomi.   Sapienza e Vangelo, sapienza e missione. È il primo binomio che possiamo individuare. E questo binomio, non lo dimenticate, è stato la forza ispiratrice, la linea di pensiero e azione di S. Tommaso. È una sapienza, quella che in questa Università si trasmette e si cerca, non fine a se stessa, non mirante a facilitare le carriere scientifiche o gli onori accademici, ma una sapienza – questo è molto bello – finalizzata all’evangelizzazione, all’annuncio della bontà di Dio, alla testimonianza di vita. Di questa sapienza, Tommaso d’Aquino è stato testimone e maestro; una sapienza attinta alle profondità evangeliche e intimamente unita alla coerenza di vita, alla dimensione di preghiera e donazione che la sua identità monastica richiedeva. Una sapienza che lo ha visto usare, con un’abilità che è di pochi, la parola umana e che, nello stesso tempo, lo ha visto immergersi in un definitivo silenzio, persino lasciando incompiute le proprie opere, allorché gli fu dato di penetrare in modo più intenso e inspiegabile il Mistero di Dio. Una sapienza, dunque, che ha in sé l’eloquenza e la forza tipica non di parole qualsiasi ma della Parola di Dio: una sapienza che, in definitiva, è “la” Parola, è Cristo stesso. Di questa sapienza, con l’esempio e l’aiuto di Tommaso, voi siete chiamati a fare esperienza. Siete chiamati a fare esperienza di Dio, della Sua Parola, del Suo pensiero, del Suo Lògos, lasciando che Esso impregni l’intelletto, la volontà, lo spirito e si traduca in opere pastorali e di evangelizzazione da portare nel mondo, nei vostri luoghi di origine e nei Paesi in cui la missione vi destinerà. Anche la Liturgia della Parola, oggi, unisce mirabilmente la «sapienza» alla missione e lo fa, per così dire, gettando un fascio di luce sulla nostra riflessione. «Lo splendore che viene da lei non tramonta», esclama nella prima Lettura (Sap 7,7-10.15-16) l’autore biblico elogiando la «sapienza». «Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo», dice Gesù nel Vangelo (Mt 5,13-19) affidando a noi, Suoi discepoli, una missione evangelizzatrice. Sì, c’è una terra, c’è un mondo che è in attesa della sapienza. Ne è in attesa come del «sale» che da sapore ad ogni cosa: e la radice del verbo «sàpere», se ci pensiamo bene, è la stessa della parola «sapienza»; ne è in attesa come di quella luce che, sola, può vincere le tenebre dell’errore, del peccato, della violenza, dell’odio, della morte, del materialismo e del “non senso” che avvolgono l’uomo di ogni tempo. «Sale» e «luce» permettono alle cose di essere accolte nel loro «sapore» e guardate nel giusto «splendore»: lo «splendore della verità»[1], potremmo dire mutuando il titolo di una bellissima Enciclica di san Giovanni Paolo II, anch’egli, peraltro, studente di questa vostra Università.   Sapienza e legge, sapienza e verità. È il secondo binomio che proponiamo. Ed è la verità la sfumatura di «sapienza» che avvolge la missione accademica ed evangelizzatrice di questa Università: la verità concretamente scritta nella «legge» alla quale Gesù dona «pieno compimento»; la verità che il Creatore ha mirabilmente scritto, disegnato, nella terra e nel mondo, nell’universo e nel cuore dell’uomo. «La natura non è altro che la ragione di una certa arte, in specie dell’arte divina, inscritta nelle cose, per cui le cose stesse si muovono verso un determinato fine»[2], scrive il Papa nell’Enciclica Laudato si’, citando Tommaso D’Aquino. La ricerca della verità appare così come un continuo sintonizzarsi sulle onde di questa stupenda e misteriosa «arte», cercando di cogliere in essa non solo le tracce ma la presenza operante e amorevole del Creatore. «Questa presenza divina, che assicura la permanenza e lo sviluppo di ogni essere – spiega ancora Papa Francesco con S. Tommaso -, “è la continuazione dell’azione creatrice”»[3]. In tale prospettiva, potremmo guardare al servizio alla verità che voi siete chiamati a svolgere come a una collaborazione all’azione creatrice di Dio: «Nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa», ci ha ricordato il Libro della Sapienza. Conoscere e fare la verità significa essere veramente «creativi»; significa «allargare gli spazi della ragione», come amava ripetere Benedetto XVI, ad approfondimenti di pensiero e di scienza che siano rispettosi della vita, della dignità umana, dell’integrità della nostra «casa comune», dell’ambiente e dell’universo. Permettetemi, da Ordinario Militare, di osare un paragone forse un po’ azzardato: in fondo, anche i militari, dei quali la nostra Chiesa è umanamente e spiritualmente a servizio, sono chiamati a “difendere la verità”, proteggendo la persona, l’ambiente, l’ordine che è alla base della pace nel mondo. Sapienza e verità, dunque. Alla conoscenza e alla contemplazione di questa verità sono orientati i vostri studi, le ricerche, la vita di comunità e di preghiera che qui si svolge nel quotidiano; sì, perché per conoscere e testimoniare la verità occorre non solo lo sforzo dell’intelletto ma l’ascolto del cuore, l’apertura al soffio dello Spirito, il coraggio della volontà. La verità va scelta e questa scelta è una scelta d’amore!   Sapienza e amore, sapienza e libertà. Ecco, allora, l’ultimo binomio. Ed è bello vivere così lo studio, l’insegnamento e ogni servizio che si porta avanti in Università: come un atto d’amore, quell’amore alla verità che ha ispirato la «sapienza» di Tommaso e di un’altra grande Santa qui, come nella nostra Cattedrale dell’Ordinariato Militare, particolarmente ricordata, Caterina da Siena. L’amore è il contenuto della verità, come emerge dalla bellezza della creazione. Il mondo è creato per amore e la legittima autonomia delle realtà terrene è paradossalmente più chiara proprio a partire dal Dio-Amore. È Lui, infatti, che ha voluto tale autonomia, dotando l’essere umano della libertà. Sì. L’ipotesi creativa rafforza la libertà della persona e la «legge», anzitutto la legge naturale, ne protegge il compimento, la pienezza umana. Nel mistero della libertà, comprendiamo come la scienza e l’amore non siano contrastanti ma come, proprio contemplando la verità, si impari a scorgere, per così dire, la scintilla di amore infusa in tutte le cose: da una parte, essa è traccia, impronta di Dio; dall’altra, è armonia che lega dall’interno le parti dell’universo. «L’insieme dell’universo , con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio», scrive ancora Papa Francesco nella Laudato si’e aggiunge: «San Tommaso D’Aquino ha sottolineato sapientemente che la molteplicità e la varietà provengono “dall’intenzione del primo agente” il Quale ha voluto che “ciò che manva a ciascuna cosa per rappresentare la bontà divina sia supplito dalle altre cose”, perché la sua bontà “non può essere adeguatamente rappresentata da una sola creatura”. Per questo abbiamo bisogno di cogliere la varietà delle cose nelle loro molteplici relazioni»[4].   Carissimi amici, sapienza e missione, sapienza e verità, sapienza e amore. Ed è l’amore, se ci pensiamo bene, il «sale della terra e la luce del mondo». È l’amore che dona sapore e luce alla vita. È l’amore il cuore della sapienza e la via dell’evangelizzazione. È l’amore che ci chiama a studiare per donare, per essere, per testimoniare. È l’amore che ha illuminato la mente e il cuore, l’opera e la preghiera, la vita e la morte di S. Tommaso. Per sua intercessione, ci conceda il Signore di farne esperienza, crescendo come lui, anche in questa splendida Università, nella sapienza, nella misericordia, nella santità. X Santo Marcianò Arcivescovo  


[1] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Veritatis Splendor
[2] Tommaso D’Aquino Summa Theologiae 1,q. 104, art. 1, ad 4, cit in Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 80
[3] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 80; Tommaso D’Aquino, In octo libros Physicorum Aristotelis Expositio, lib. II, lectio 14
[4] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 86. Cfr. Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae I, q. 47, art. 1; art. 2, ad 1, art. 3