Capestrano, domenica 23 ottobre 2016 Carissimi, L’annuncio evangelico! È questo il filo conduttore che la Parola di Dio ci offre, denso di significato per ogni cristiano, in particolare per il sacerdote, che nel Vangelo ha la sua stessa ragione di vita. E’ l’annuncio che ha animato la vita di San Giovanni da Capestrano, che San Giovanni Paolo II volle nominare Patrono dei cappellani militari di tutto il mondo e la cui festa celebriamo oggi in modo solenne, giubilare. La festa di questo Santo tutti ci accomuna, nella comunione tra Chiesa terrena e Chiesa celeste; tutti ci rassicura per la sua intercessione; tutti ci responsabilizza in quanto all’annuncio evangelico. E l’annuncio, suggeriscono i brani della Sacra Scrittura, va portato: – ovunque, cioè senza confini; – in ogni occasione, cioè con fortezza; – a tutti, cioè nella pace. Fino ai confini della terra Portare il Vangelo non significa solo pronunciare una Parola ma recare la salvezza. Per farlo, Gesù manda i Dodici, come narra oggi il brano evangelico (Lc 9,1-6), di casa in casa, di villaggio in villaggio, perché la bella notizia giunga, secondo la profezia di Isaia nella prima Lettura (Is 52, 7-10), a tutti i confini della terra. È «un particolare della missione di Gesù»; Egli, ha detto recentemente Papa Francesco, «esce per la strada e si mette in cammino, “percorre città e villaggi” e va incontro alle sofferenze e alle speranze del popolo. È il “Dio con noi”, che vive in mezzo alle case dei suoi figli e non teme di mescolarsi alla folla delle nostre città, diventando fermento di novità laddove la gente lotta per una vita diversa»[1]. Quanti luoghi e contesti diversi ha servito, con il suo ministero, San Giovanni da Capestrano! Napoli e Perugia, Ortona e Lanciano… soprattutto, la missione a Belgrado, terra martoriata dove egli offrì la vita e dove – io stesso ho potuto constatarlo visitando il convento di Ilok assieme all’Ordinariato Militare Croato – il suo ricordo viene custodito come preziosa testimonianza e significativo insegnamento. Si tratta di un insegnamento prezioso anche per voi, figli di San Francesco d’Assisi, come lui chiamati a lasciare sicurezze e comodità per andare, nella povertà, fino alle periferie geografiche ed esistenziali che mendicano la grazia del Vangelo. Uscire, dunque! «Dobbiamo imparare a uscire dalle nostre rigidità che ci rendono incapaci di comunicare la gioia del Vangelo», conclude il Santo Padre nel suo Discorso. Abbiamo bisogno di «una Chiesa in movimento», «capace di allargare i propri confini»[2]. Come non pensare alla nostra Chiesa dell’Ordinariato che amo definire “senza confini” e che, grazie a voi cappellani, si muove, andando incontro ai militari ovunque, partendo con loro per luoghi diversi, lontani, difficili, ma portando nel cuore la propria identità sacerdotale, senza mai rinunciarvi. Come i Dodici, siete “mandati”, inviati da Gesù. Si tratta di una consapevolezza che non va perduta, anche qualora il vostro ministero risulti incomprensibile ad altri o appaia appesantito da stanchezza, fragilità, solitudine. Un ministero che è naturalmente e inevitabilmente “in uscita” e che, proprio nel passare di luogo in luogo, di villaggio in villaggio, di cuore in cuore, proprio nell’uscire verso gli altri – che è poi un uscire continuamente da sé -, trova la sua forza e la cura per ogni difficoltà. In ogni occasione, opportuna e inopportuna Le parole di Paolo nella seconda Lettura (2Tm 4,1.2.5;6-8) rimandano alla virtù cristiana della fortezza, che significa agire e resistere. «Insisti, ammonisci, rimprovera, esorta»… San Giovanni da Capestrano lo fece, fu uomo di iniziativa: seppe prendere le sue decisioni, tanto sui campi di battaglia quanto combattendo “sul campo” problemi sociali e morali di diversa natura, cosa che ne fa ancor più emergere la modernità del carisma: pensiamo solo a come, attraverso la predicazione e alcuni gesti concreti, seppe guardare ad alcune emergenze sociali come ad esempio l’usura. Anche oggi, in questi campi di scottante emergenza umanitaria, i militari e le forze di polizia si trovano a combattere battaglie molto dure e non manca, al loro fianco, il sostegno dei cappellani militari, che incarna la lotta stessa della Chiesa contro il male, per la salvezza dell’uomo. Ma la fortezza – San Paolo lo precisa con grande chiarezza – si esprime anche nella capacità di resistere al male, nella sopportazione delle sofferenze, che è propria dell’uomo di Dio e irradia la vita del ministro del Vangelo, fino al dono totale della propria vita. San Giovanni fu chiamato al martirio, a offrire la vita per i suoi soldati e con i suoi soldati, e questo fu il coronamento di un cammino di fede e carità, cammino che conduce alla pace. Il “Decalogo del buon cappellano”, da lui elaborato, è una concretizzazione di tale percorso interiore che, partendo dall’amore di Patria, invita al coraggio della predicazione e a non prendere le armi contro il nemico, arrivando al sacrificio e alle Opere di misericordia. A tutti L’annuncio evangelico è per tutti: è questo il germe della pace. San Giovanni da Capestrano fu un uomo capace di dialogo e di mediazione, arrivando anche a comporre pesanti conflitti. La pace non esclude, non scarta, come ama ricordare Papa Francesco; la pace mette in comunione popoli diversi ma appartenenti all’unica famiglia umana. E la pace si costruisce così: prima che negli accordi istituzionali, in quella che Papa Francesco chiama la quotidianità artigianale; prima che nei proclami ufficiali, nel dialogo interpersonale; soprattutto, nel lavoro comune. Come San Giovanni da Capestrano, i cappellani militari collaborano in modo attivo, naturale, quotidiano con il mondo delle istituzioni, con quei militari che sono a servizio delle istituzioni. Voi, in questi giorni, avete lavorato insieme – Chiesa e istituzioni – per un’iniziativa non puramente celebrativa ma operativa, segno di una sinergia che mira al bene comune. E come non ricordare quanto ricca sia stata tale sinergia in questa terra, non molto tempo fa afflitta dalla tragedia del terremoto. Cittadini e istituzioni, militari e cappellani… insieme, in quella unione tra Chiesa e mondo che un altro grande cappellano militare, l’amato San Giovanni XXIII, indicava come novità rivoluzionaria del Concilio Vaticano II e portava nel cuore come anelito di educazione alla pace. Sì, è questa unione, questa comunione che, in un mondo frammentato, diventa una concreta testimonianza di pace, soprattutto per quell’educazione dei giovani che San Giovanni da Capestrano ebbe profondamente a cuore, che sta a cuore ai militari e sta tanto a cuore alla Chiesa tutta. Carissimi fratelli e sorelle, carissimi cappellani militari, la festa di oggi conferma il valore di un ministero del quale, assieme al nostro Patrono, vogliamo riscoprire non solo la necessità ma anche la bellezza, il “gusto”. Sì, è questa l’espressione che il Salmo 33 usa e ciascuno può sentire sua: «Gustate e vedete come è buono il Signore»! È il gusto delle cose di Dio, il gusto della bontà di Dio, sperimentata nell’incontro con Lui. Che molti, soprattutto i nostri fratelli militari, possano sentire questo gusto, grazie all’annuncio evangelico dei cappellani militari e di tanti sacerdoti, dei francescani e di tutti i consacrati, e grazie all’intercessione di S. Giovanni da Capestrano. X Santo Marcianò
Omelia per la Festa di San Giovanni da Capestrano, patrono dei Cappellani Militari
27-10-2016
[1] Francesco, Discorso ai partecipanti al Congresso Mondiale di Pastorale Vocazionale
[2] Ibidem