Omelia per la festa di San Matteo al Comando Regionale GdF del Lazio, 22 settembre 2020

22-09-2020

Carissimi fratelli e sorelle, Matteo è per voi protettore, guida, ma anche esempio da cui imparare; e il Vangelo ce lo mostra mentre, per seguire Gesù, si alza dal banco delle imposte; anche lui, come gli altri apostoli, è cioè chiamato a lasciare qualcosa. Mi chiedo: deve lasciare il lavoro o lasciare il modo in cui lo aveva svolto fino a quel momento?

Coloro che svolgevano un ruolo “esattoriale”, ai tempi di Gesù, erano in genere corrotti o ladri, attenti a trattenere per sé una percentuale significativa di quanto riscuotevano. Matteo è seduto, ripiegato su se stesso, con lo sguardo miope di chi vede e fa i propri interessi. È concentrato sull’“avere”, sull’accumulo a scapito del prossimo, soprattutto dei più poveri che un esattore come lui aveva tra i clienti.

La sua è una logica che, ancora oggi, lascia pochi ricchi sempre più ricchi e molti poveri sempre più poveri. Una logica che nasce quando l’economia si interpreta esclusivamente sul profitto, sui calcoli finanziari, e si basa su un’antropologia dove l’utile e il consumo che finiscono per schiacciare, dimenticare l’uomo. Una logica sempre disastrosa, tanto più in un tempo come il nostro in cui l’emergenza difficile della pandemia ha lasciato conseguenze enormi, in tante persone e famiglie, in Italia e nel mondo.

Dobbiamo rialzarci! Il nostro Paese e il nostro mondo devono rialzarsi! Lo diciamo spesso; ma non sempre siamo consapevoli che rialzarsi implica non solo definizioni di nuovi programmi ma un cambiamento netto di mentalità, com’è avvenuto per San Matteo. Implica l’uscire dalla mentalità della ricerca dei propri interessi ed entrare nella logica del bene comune, indispensabile ad ogni vera comunità.

«La dimensione morale dell’economia – leggiamo nel Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa – fa cogliere come finalità inscindibili, anziché separate e alternative, l’efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale dell’umanità»[1].

Mi piace leggere in questa luce la vocazione della Guardia di Finanza: custode non solo della gestione economica basata sulla legalità e la giustizia ma, direi, custode di un’etica più profonda, di quei valori che difendono sempre la centralità dell’uomo.

Da tale centralità deriva un certo modo di intendere l’economia in grado di ricostruire la società, anche oggi. Perché oggi, nella crisi della pandemia, non dobbiamo solo risolvere la crisi economica ma, direi, ricostruire la stessa economia!

Questo Matteo ci insegna, con il suo cambiamento di vita: non un vivere senza economia ma cambiare l’economia perché sia a servizio dell’uomo, di ogni uomo, e generi una crescita della giustizia, in molti suoi aspetti. E voi, uomini e donne della Guardia di Finanza, questo lo fate con grande concretezza.

Ma quale economia dobbiamo ricostruire? Provo a schematizzarla in tre punti.

 

  1. Un’economia dell’equità che generi giustizia distributiva e fiscale.

La pandemia ha fatto emergere con maggiore crudezza tante situazioni di marginalità e povertà e ne ha create di drammaticamente nuove e inedite.

Questa condizione va considerata una sorta di partenza, di nuovo inizio, di cui voi siete strumento, nel vostro peculiare impegno per la trasparenza e la legalità, nella lotta a comportamenti sempre più diffusi e pericolosi di corruzione, frode fiscale, fino alla terribile criminalità di narcotrafficanti e mercanti di morte, nel vostro sforzo di far rispettare la giustizia retributiva e fiscale, che andrebbe promossa come cooperazione alla ricostruzione della città dell’uomo.

 

  1. Un’economia della solidarietà che generi la giustizia che salvaguarda il creato, l’arte e, soprattutto, la vita umana.

Come ci ricorda Papa Francesco, la ricchezza di una Nazione non sta solo nel suo PIL ma anche nelle sue bellezze naturali, nel suo patrimonio artistico e culturale, voce della storia di un popolo e della sua identità. La ricchezza della Nazione, soprattutto, è il suo popolo; è ogni cittadino, con la sua unicità e creatività.

La Nazione si impoverisce, il popolo si impoverisce ogni qualvolta si imponga l’incuria dell’ambiente, la violenza, la discriminazione; ogni qualvolta venga minata la dignità e la vita dell’uomo: si impoverisce con la denatalità, così elevata in questi ultimi anni in Italia; con la cultura e le politiche contro la vita nascente o in condizioni di fragilità, sofferenza; quando leggi che favoriscono le pratiche abortive o eutanasiche continuano a calpestare il diritto alla vita, assorbendo peraltro le finanze di un Paese, che potrebbero essere utilizzate per altre emergenze economiche o sanitarie; non smettiamo di constatarlo anche nell’attuale pandemia, nonostante abbiamo toccato ancor più con mano il valore fragile ma prezioso della vita umana.

 

  1. È dunque necessaria un’economia della condivisione che genera la giustizia della carità, sul piano nazionale e internazionale.

Essa chiede di guardare alla persona umana nella sua integralità, dignità e bellezza: non come a qualcosa da usare ma come a qualcuno da amare. E questa capacità di amare – lo vogliamo ribadire in questa Eucaristia – ci viene anche dalla fede.

È necessario, come ci esorta ancora il Compendio di Dottrina sociale della Chiesa, ricordare che «la vita dell’uomo, al pari di quella sociale della collettività, non può essere ridotta a una dimensione materialistica, anche se i beni materiali sono estremamente necessari»; infatti, «alla base di ogni sviluppo completo della società umana sta la crescita del senso di Dio e della conoscenza di sé»[2].

Cari amici, è questa legge della carità che può ricostruire l’economia; ed è questa la profonda verità che ha scoperto San Matteo.

Come finanzieri cristiani, non dobbiamo temere di credere ed applicare in tutto questa verità, certi di fare così un servizio straordinariamente alto alla giustizia. Perché, se qualche volta ci può essere giustizia senza amore, non ci sarà mai amore senza giustizia. L’amore, semmai, integrerà la giustizia, la porterà più in alto. E’ sull’amore che si costruisce sempre e questo amore serve a costruire oggi la nuova economia.

Su questo amore anche voi, cari uomini e donne della Guardia di Finanza, costruite ogni giorno una società diversa, grazie al vostro donare la vita, non di rado anche in situazioni di alto rischio fino al sacrificio. Vi diciamo grazie, perché vediamo che c’è e ci deve essere l’amore dietro i vostri impegni quotidiani, dietro la responsabilità di chi comanda, dietro lo svolgimento di compiti istituzionali. Perché l’amore è servizio e il compito degli uomini delle istituzioni, la missione dei pastori della Chiesa, il nostro comune impegno di cristiani, uomini e donne che seguono Gesù, è un vero e proprio servizio a un’economia a misura dell’uomo, del cittadino, della comunità.

Questa verità ha compreso San Matteo. Questa verità guidi sempre i vostri passi. E così sia!

Santo Marcianò

[1] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa, 332

[2] Ibidem, 376