Omelia nella festa di San Matteo, patrono della Guardia di Finanza

21-09-2020

Carissimi,

Rinnovare il nostro «Sì» alla giustizia!

vorrei che celebrassimo così la Festa del Patrono della Guardia di Finanza, il nostro San Matteo. La giustizia ha cambiato la sua vita, il suo cuore; la giustizia è la vostra missione, è ciò che il nostro Paese, tutti i cittadini cercano in voi e attraverso di voi: una logica di giustizia in grado di vincere l’ingiustizia che sembra sempre più dilagare e imporsi, condizionando pesantemente la vita delle persone e l’organizzazione della città dell’uomo.

È una responsabilità enorme quella della Guardia di Finanza. È una vocazione meravigliosa di proteggere e custodire il «bene comune», così necessario alla comunità umana e cristiana.

Quanto lo stiamo apprendendo in questo tempo di peculiare crisi generata dalla pandemia! Crisi economica, che ci spaventa e paralizza il nostro sguardo verso il futuro; crisi di tante certezze che si sono sgretolate, rivelando la loro vacuità e l’impossibilità di offrirsi come àncora di salvezza nella difficoltà e nella paura; crisi di senso, generata dalla paura stessa e dal senso di instabilità dinanzi a un pericolo che si è imposto attraverso un piccolo virus, capace di sovvertire le sorti del mondo intero.

A questa crisi profonda, le cui conseguenze saremo per molto tempo ancora chiamati ad affrontare, il «bene comune», ovvero il bene di ciascuno e di tutti, si profila come risposta efficace e consolante. Tutti ci sentiamo – come ha affermato Papa Francesco il 27 marzo scorso nell’indimenticabile preghiera solitaria in Piazza San Pietro, «in una stessa barca», esposti al pericolo ma impegnati a salvarci vicendevolmente.

Si radica qui lo stile di vita proprio della giustizia e, in fondo, potremmo rileggere così anche l’esperienza della vocazione di San Matteo: il suo alzarsi e seguire Gesù segna infatti il passaggio dall’essere «seduto al banco delle imposte» da “solo”, al trovarsi dentro la comunità della quale, dice il Vangelo, fanno parte tutti, perfino i «pubblicani e i peccatori». È il passaggio da una giustizia autoreferenziale, concentrata unicamente sulle finanze, a una giustizia che apre Matteo a guardare all’uomo con lo stesso sguardo con cui egli si era sentito guardato da Gesù.

Sì, cari amici, la giustizia ha questo sguardo! E il mondo dell’economia, della finanza, diventa giusto solo se non perde lo sguardo sulla persona, su ogni persona umana, vista nella sua integralità e dignità. Quella persona alla quale la giustizia retributiva chiede sia riconosciuta la possibilità di lavoro e onesto guadagno; quella persona dalla quale la giustizia contributiva esige la tassazione che consente di partecipare al bene della comunità civile; quella personal per la quale la giustizia misericordiosa, di cui parla Gesù, inaugura percorsi concreti e creativi di condivisione e comunione, tra i membri dell’unica famiglia umana.

È proprio vero: quando la giustizia si realizza pienamente e assume pienamente in sé questo sguardo sull’umano, accende le opere più belle della fantasia della carità. Perché giustizia e carità non sono in contrasto ma si completano a vicenda, gettando luce di verità rispettivamente l’una sull’altra.

È questa scoperta che anima la vocazione di Matteo, che illumina il suo sguardo e lo trae fuori dalla solitudine buia nella quale anche il celebre dipinto di Caravaggio sembra vederlo immerso. E questo offre anche a voi, cari finanzieri, la prospettiva della luce portata da Cristo, nella vocazione a promuovere una giustizia integrale: per tutti gli uomini e per tutto l’uomo.

Quanti volti ha la giustizia! Vorrei invitarvi a contemplarne alcuni, quasi “dipinti” in tre testimoni, uomini profondamente giusti, il cui sacrificio il nostro Paese, in questi giorni, ha per varie ragioni ricordato.

 

Proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, che Giovanni Paolo II, nell’indimenticabile viaggio nel 1993 ad Agrigento in cui alzò forte il grido contro la mafia, aveva definito «martire della giustizia e indirettamente della fede». L’amore per la giustizia ha animato la lotta per la legalità del giovane magistrato, ucciso per aver contribuito a svelare e a perseguire terribili crimini mafiosi, legati in particolare ai traffici illeciti della cosiddetta «Tangentopoli mafiosa». E come non vedere rispecchiato, nell’impegno eroico di questo testimone di fede, il lavoro paziente e rischioso che voi, uomini e donne della Guardia di Finanza, svolgete a favore della legalità, contro ogni forma di corruzione, a servizio di un corretto rispetto delle norme tributarie?

 

Tre anni dopo la sua morte, era ancora la Sicilia e l’Italia tutta a piangere attonita il martirio di padre Pino Puglisi, parroco a “Brancaccio”, uno dei quartieri più difficili e abbandonati di Palermo, ove cercò di contrastare la cultura mafiosa e l’arruolamento dei giovani nella droga e nella criminalità, usando le armi dell’aggregazione e dell’educazione, certo che la giustizia fiorisce se si illumina la coscienza dell’uomo, fin dalla sua crescita. E’ proprio vero: esiste un’educazione alla giustizia ed esiste un impegno nell’educazione globale della persona umana, anche nell’educazione alla fede, che genera giustizia sociale e civile.

«Martire, pastore secondo il cuore di Cristo, insigne testimone del suo regno di giustizia e pace, seminatore evangelico di perdono e riconciliazione»: Papa Francesco definiva così don Puglisi nella Lettera apostolica per la Beatificazione.

E una tale testimonianza di giustizia e di pace vive nel vostro impegno formativo dei giovani nelle Scuole, Accademie, Centri di Studi ma altresì pervade la vostra lotta a crimini quali il narcotraffico o la violenza informatica, per proteggere tutti, ma soprattutto i ragazzi o addirittura i bambini, dai lacci delle dipendenze, degli abusi, del commercio… Un compito meritorio e meraviglioso di custodia dei più fragili, che ha grande valenza educativa.

 

A misurare la giustizia sui bisogni dei più fragili, i «malati» che, secondo Gesù, «hanno bisogno del medico», è stato don Roberto Malgesini, prete che, a Como, ha trovato pochi giorni fa la morte per mano di uno degli “ultimi” ai quali rivolgeva la sua missione di assistenza, dai dormitori alla distribuzione di cibo.

«Ha donato la vita come un martire di misericordia» ha detto il suo vescovo nell’omelia per le esequie. E la giustizia, ci ricorda Gesù, è «misericordia», che tocca le viscere e il cuore e ci fa sentire “nostre” le problematiche di coloro per i quali operiamo, portandoci a superare la stessa giustizia con la solidarietà e la carità; don Roberto lo aveva capito e, persino durante il confinamento della pandemia, sfidava la legge per portare da magiare ai poveri…

La giustizia che Gesù ci propone, anche dal punto di vista dell’organizzazione economica della città dell’uomo, parte dai poveri, raggiunge i poveri; ci lascia inquieti fino a che non si siano trovati leggi e modalità organizzative in grado di salvaguardare i poveri. Sembra un andamento in perdita per la nostra società, basata sul possesso, sul successo e sul potere; tuttavia, se ci pensiamo bene, è l’unica unità di misura capace di promuovere quel bene comune al quale la giustizia deve tendere, senza paura e senza inganno, e che, alla fine, sarà il bene di tutti e di ciascuno – dei poveri, dei ricchi e del creato -, dentro il bene più grande della solidarietà fraterna.

 

Cari amici, è questa giustizia che ispira e onora la Guardia di Finanza, rendendola – lo dico con sincera gratitudine – faro per il nostro Paese e per un mondo violato e desertificato da comportamenti e scelte ingiuste. «Scegliere – diceva Rosario Livatino in una conferenza tenuta a Canicattì nel 1986 – è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato – potremmo dire il finanziere – credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata». Che il vostro «Sì» alla giustizia sia questo «Sì» all’amore, che conquistò e cambiò pure lo sguardo di San Matteo.

E così sia!

Santo Marcianò