Omelia per la S. Messa nella festa della Virgo Fidelis

20-02-2014

Scuola allievi Carabinieri – Roma, 21 novembre 2013  Carissimi,  è davvero con grande gioia che mi trovo qui tra voi. Ed è proprio la «gioia» la prima espressione che la Parola di Dio oggi ci offre: «Gioisci»! Con questa Parola vi saluto tutti, con grande affetto. «Gioisci»: è quasi un ordine quello che oggi viene rivolto a noi come, più di duemila anni fa, a una piccola ragazza di nome Maria. E noi siamo riuniti per celebrare la festa della Virgo Fidelis, Patrona dei Carabinieri: guardiamo alla fedeltà di Maria che vogliamo imparare, imitare, implorare, certi che la nostra vita personale, familiare e interiore, ma anche lo stesso servizio all’Arma, sarebbero compromessi da una mancanza di fedeltà. Le Letture che abbiamo ascoltato ci dicono con insistenza, però, che la fedeltà è profondamente legata alla gioia: per capire l’una dobbiamo, in un certo senso, capire l’altra; per obbedire all’una dobbiamo obbedire all’altra. E gioia non significa piacere, benessere, assenza di problemi… Se così fosse, non sarebbe legata alla fedeltà: è forse fedeltà quella che si limita ai momenti facili? Vogliamo, pertanto, imparare a vivere la gioia e la fedeltà come Maria, con Maria, in Maria.  «Gioisci perché ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te», dice il Signore nella prima Lettura. Non sarà questa la gioia che ha vissuto Maria quando ha capito che Dio abitava addirittura dentro di Lei? E non sarà questo che ha sostenuto sempre la Sua fedeltà, fino ai piedi della Croce? «Starò nella gioia alla presenza del Signore», abbiamo cantato nel Salmo. Come Maria, anche noi possiamo vivere questa gioia. Ed è quanto avviene in modo speciale proprio nelle Celebrazione dell’Eucaristia. Vedete, ogni Messa è e deve essere è un momento di incontro privilegiato con Gesù che può cambiarci la vita. Forse, a volte, noi vi partecipiamo per abitudine, per dovere, per desiderio… Ma c’è Qualcuno che qui ci aspetta, ci precede; c’è Qualcuno che, potremmo dire, è Fedele: non manca mai a nessun appuntamento e arriva sempre prima di noi. Si fa trovare… e ci fa ritrovare! Quante volte, per essere felici, andiamo a cercare falsi maestri, falsi idoli, addirittura i “santoni”, rimanendo ingabbiati nella paura, come ha ricordato Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa [1]. E se la gioia è accogliere in noi la presenza di Dio, la fedeltà è portarlo agli altri, facendosi vicini e donandosi ai fratelli. È la fedeltà del servizio che noi svolgiamo; è la fedeltà dell’amore che doniamo, specie a chi è nella paura e nella prova, nello sconforto e nella solitudine; a chi è vittime della violenza, della guerra, di calamità naturali… Sappiamo, però, che questo servizio e questo amore non sono facili: ci scontriamo tutti con le nostre debolezze, le paure, le comodità, l’orgoglio, l’egoismo, il peccato… Ma «Dio ci ha scelti per essere santi e immacolati nella carità», abbiamo ascoltato nella seconda Lettura. Ecco, allora, che Maria si mette a camminare con noi, ci accompagna; Lei sa che la sua gioia è legata profondamente all’esperienza di essere Immacolata, senza peccato, per questo vuole aiutarci ad aprire i nostri cuori al perdono di Dio. Cari amici, è il peccato che ci intristisce! È il peccato che ci toglie la gioia vera; ci toglie la fedeltà a Dio, ai fratelli, a noi stessi: ci svuota di amore. Con Maria, allora, noi possiamo sperimentare la gioia stupenda della Misericordia. E quante volte il Papa ci sta invitando a fare questa esperienza ricordandoci, fin dal primo giorno del suo Pontificato, che «Dio mai si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono»! Non stanchiamoci, allora. E così, la gioia di sentirci perdonati ci renderà strumenti di perdono e misericordia, trasformandosi in fedeltà alla giustizia, alla riconciliazione, alla pace, e aiutandoci a superare quella logica delle armi e della vendetta contro cui noi, per primi, siamo chiamati a combattere. È proprio vero: il perdono è gioia che rinnova la vita, in tutti e a tutti i livelli. Questa vita nuova dona la gioia dell’obbedienza che, noi lo sappiamo bene, è necessaria alla fedeltà, Ma che gioia ci può mai essere nell’obbedire? Il Vangelo di oggi ribalta le prospettive puramente umane: chi obbedisce, «chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre», dice Gesù. Noi – soprattutto i militari – siamo abituati a considerare l’obbedienza come prerogativa dei sottoposti. Gesù, invece, enuncia un paradosso: solo chi obbedisce, solo chi obbedisce al Padre, diventa grande; diventa, addirittura, Sua Madre! È proprio così. E in Maria, noi viviamo la gioia dell’obbedienza alla volontà di Dio, alla Parola del Vangelo, alla legge intima, profonda ed esigente della nostra coscienza.   Questa gioia diventa fedeltà dell’obbedire al dovere quotidiano, con amore e fino alla fine, fino al dono della vita, scorgendo in esso non una pura formalità ma la fedeltà al compito che Dio stesso ci ha affidato, per fare il mondo più bello. Cari amici, la fedeltà che la Vergine oggi ci insegna e la gioia che Ella ci dona non sono solo per noi. La prima Lettura parla di «nazioni numerose» che arrivano all’incontro con il Signore e il Vangelo dice che ogni creatura può essere «fratello, sorella e madre» di Gesù. Essere fedeli, dunque, è essere per tutti portatori di questa gioia, concreta  ma anche impegnativa, non superficiale. Possiamo farlo come carabinieri? La lascio come domanda e sfida. Sì. Con la Virgo Fidelis, oggi, voglio consegnare a ciascuno di voi la sfida della gioia, di questa gioia, che ci può fare davvero “grandi”, nella fedeltà e nella santità. Per Sua intercessione chiediamo a Dio di imparare a camminare, a crescere, ad aiutarci a vicenda: perché, come Salvo D’Acquisto e tanti nostri santi, e come Maria, anche noi possiamo essere fedeli alla gioia e gioiosi nella fedeltà. E così sia!

[1] Cfr. Papa Francesco, Angelus, Piazza San Pietro, 17 novembre 2013 

X Santo Marcianò