Omelia Santa Messa nella memoria di San Giovanni XXIII

12-10-2015

Santa Messa nella memoria di  San Giovanni XXIII Roma, Basilica Santa Maria in Ara Coeli, 08 ottobre 2015  Carissimi fratelli e sorelle, è ormai tradizione che l’Esercito Italiano si ritrovi assieme ai suoi cappellani per celebrare insieme la festa di San Giovanni XXIII. Celebrare l’Eucaristia è il modo di “festeggiare” i Santi, di essere in comunione con loro, di apprendere da loro l’arte della comunione, della fraternità, dell’amore reciproco, necessaria per servire coloro che ci sono affidati. Questo, in fondo, ha fatto Papa Giovanni: servire; servire sempre; servire tutti. Lo ha fatto da uomo e da soldato, da prete e da cappellano militare, da vescovo e da Papa. Servire: questa è stata la sua grandezza! È il paradosso della santità: si diventa grandi in qualcosa che, nella mentalità corrente, rende piccoli, declassa, sottrae alle logiche del mondo. Eppure, basterebbe questo, basterebbe che tutti facessimo questo per capovolgere i problemi del mondo. Ed è il servizio che ha fatto identificare Giovanni XXIII come il Papa Buono. Tutti noi lo ricordiamo ancora così, non perché ne avvertiamo un certo “buonismo” o una qualche ingenuità di chi tollera senza riprendere, ma perché ci sentiamo destinatari del suo servizio d’amore. Nella Liturgia di oggi è la figura del Buon Pastore che il Vangelo di Giovanni (Gv 10,11-16) e la Lettera di Pietro (1Pt 5,1-5), da prospettive diverse, ci aiutano a contemplare. Il «Buon Pastore» è Gesù, lo sappiamo; ed è questa «bontà» dell’Unico Pastore ad essere riversata nel cuore dei Suoi pastori, nel cuore di Papa Giovanni. A questa bontà, a questo servizio, voi volete attingere. Scegliere un Patrono come lui, richiede e permette di vivere il servizio militare nell’Esercito come un autentico “servizio”, sapendo che Giovanni XXIII, in questo, vi ha preceduto, vi sostiene, vi ispira; che si offre come modello da imitare e, allo stesso tempo, come fratello e padre, in grado, ancora adesso e nella comunione dei Santi, di accompagnarvi con la sua bontà e il suo servizio. Oggi siamo chiamati a riflettere sul servizio focalizzando la missione del pastore, una figura cui ci si può ispirare per individuarne quei compiti che gli stessi militari condividono: guida, custodia, responsabilità… E la Parola di Dio suggerisce due modalità e tre atteggiamenti tipici di questo servizio. Anzitutto le due modalità: «offrire la vita» e «pascere». «Il Buon Pastore offre la vita», leggiamo nel Vangelo; e non si tratta di un’espressione esagerata. Il pastore, per la tradizione semitica del tempo di Gesù, era veramente colui che esponeva la propria esistenza fino al rischio estremo della vita, per proteggere le pecore dai pericoli; era davvero colui che poteva salvare. Offrire la vita significa crescere in quell’umiltà che ci fa sempre pronti, attenti ai bisogni degli altri, disponibili a venire incontro alle persone e al loro vero bene. Significa andare “dietro” al gregge, aspettando che tutte le pecore siano passate, abbiano trovato la loro strada; accorgendosi in tempo se qualche pecora perde la via o si perde, se si ferma, se resta ferita o stanca nel cammino. Per imparare a servire, occorre imparare a guardare agli altri “dal basso”, dalla prospettiva degli ultimi, perché nessuno sia escluso o scartato e per raggiungere tutti nella loro piccolezza, povertà, sofferenza. San Pietro lo ha fatto e si è presentato a noi come «testimone delle sofferenze di Cristo». Sofferenze che egli ha visto nel Signore Gesù ma ha poi continuato a toccare nei fratelli, nei malati che guariva, nei poveri che serviva, nei prigionieri che liberava, negli stranieri e negli abbandonati che accoglieva. Come San Pietro, anche Papa Giovanni. E la gente lo ha sentito testimone delle sue sofferenze, a partire da quei militari con i quali egli condivise il tempo terribile della guerra. Essere testimone, infatti, significa non solo assistere ma condividere, come ancora oggi fanno i carissimi cappellani militari, significa «offrire la vita» per le sofferenze dei fratelli. Voi, cari amici dell’Esercito, raggiungete le concrete sofferenze altrui, le guardate dal basso, rimanendo “accanto agli ultimi” e “rimanendo ultimi”, cioè offrendo la vita in tante situazioni di rischio, emergenza, pericolo. E più aumentano le responsabilità affidate alla mansione, più capite che bisogna restare ancorati al “basso”, senza perdere il contatto e la dedizione anche per coloro verso cui esercitate il comando e la guida. San Pietro, poi, suggerisce l’altra modalità del servizio: «pascere». E qui intravediamo meglio il compito di guidare che, se ci pensiamo bene, richiede di stare “davanti” ai fratelli, di precederli, di cercare per essi strade giuste. E richiede pure di guardare gli altri dall'”alto”, di avere una prospettiva d’insieme per pensare al gregge, alla comunità, nella sua totalità. È il senso del «bene comune», nel cui servizio la vostra missione di militari si radica fortemente. E il «bene comune», scrive Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, «presuppone il rispetto per la persona umana in quanto tale […], esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale […], infine richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza»[1]. Per questo, continua il Papa, «il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri»[2]. Non è forse vero che il vostro compito include tutti questi aspetti? Non è forse vero che tanto grande è la vostra responsabilità, il vostro servizio? Ma “come” servire, ci chiediamo in conclusione. La seconda Lettura riassume tre atteggiamenti. –          Il primo: «Non perché costretti ma volentieri», cioè con libertà. Servire significa «farsi carico per amore», ha detto il Papa in un’Omelia a Cuba qualche settimana fa, e questo «non punta verso un atteggiamento di servilismo, al contrario pone al centro la questione del fratello»[3]. È proprio vero; anche qualora si tratti di obbedire a ordini duri, è necessario recuperare la libertà che sta alla radice della nostra scelta di mettere le persone al centro. –          Il secondo atteggiamento: «Non per vergognoso interesse ma con animo generoso», cioè con carità. «C’è un “servizio” che serve gli altri», ha spiegato ancora Papa Francesco, e c’è «un servizio che “si” serve degli altri […], che ha come interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di esclusione»[4]. Non lo dimenticate: crescere nel servizio significa crescere nella carità; e la carità non cerca il proprio interesse (cfr 1 Cor 13, 4) e non esclude. Mai! –          Infine, «Non come padroni ma come modelli», cioè con verità. «Il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee ma le persone»[5]. È un punto delicato e importante; e mi sembra di poter dire che voi, nell’espletare un tale servizio, vi ponete davvero come «modelli», richiamando, in particolare il mondo delle Istituzioni, a servire concretamente senza perdersi dietro ideologie che finiscono per schiacciare l’uomo.   Cari amici, servire tutti, servire sempre. Servire guidando e servire offrendo la vita. Servire con libertà, verità, carità. È un vero e proprio “ritratto” di Papa Giovanni! Preghiamo, dunque, perchè ogni militare, ogni ufficiale, ogni allievo dell’Esercito Italiano possa capire che questo è pure il ritratto che Dio abbozza e affida a ciascuno di noi, affinché possiamo dipingerlo con fedeltà e gioia, guardando al Papa Buono e chiedendo, fiduciosi, il servizio della sua intercessione. 

Santo Marcianò
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

                                                                                                                                        


[1] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, n. 157
[2] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, n. 158
[3] Francesco, Omelia nella Santa Messa a La Habana, 20 settembre 2015
[4] Francesco, Omelia nella Santa Messa a La Habana, 20 settembre 2015
[5] Francesco, Omelia nella Santa Messa a La Habana, 20 settembre 2015