Omelia santuario di Sotto il Monte

26-03-2015

Sotto il Monte, 25 marzo 2015

Omelia dell’Ordinario Militare per l’Italia

 Carissimi fratelli e sorelle, in questo giorno in cui la Chiesa celebra il concepimento di Gesù nel grembo di Maria; in questo luogo caro e significativo, in cui ricordiamo il nostro amato Papa Giovanni, per la prima volta come Santo; in questo tempo storico, in cui siamo afflitti, quasi circondati dalla paura, dal terrore, da guerre crudeli segnate da persecuzioni e intolleranze… ho sentito nel cuore il desiderio forte e profondo che si possa levare un grido: «Pace!».  Vi ringrazio della vostra presenza, vi ringrazio del vostro servizio; quel servizio che, in questo momento, vi accomuna e ci accomuna tutti a Papa Giovanni: lui, soldato e cappellano militare nella Grande Guerra; lui sacerdote, vescovo, Papa, con una storia di fede iniziata – se ci pensiamo bene – con il Battesimo in questa Chiesa; lui uomo e uomo di pace, la cui stessa esistenza è iniziata in questo luogo, così come a Nazareth iniziava l’esistenza terrena di Gesù con l’annuncio dell’angelo a Maria. Ed è questo il messaggio che riceviamo dalla Liturgia di questo giorno: un uomo di pace, un solo uomo di pace, è in grado di cambiare la storia umana, così come ha fatto Gesù, così come ha fatto, nella sua semplicità e santità, Papa Giovanni. Così come fa e si sforza di fare ciascuno di noi, ciascuno di voi, carissimi militari, carissimi uomini delle forze dell’ordine, carissimi uomini delle Istituzioni. Oggi saluto in voi gli uomini della pace, i servi della pace: servi dello Stato, della cosa pubblica, degli stessi cittadini: uomini a servizio di un disegno di pace che è per tutti.  La pace nel mondo è minacciata. Lo è in modo sempre più serio e sempre più subdolo: gli scenari del Medio Oriente e le minacce dell’Isis ci sconvolgono quotidianamente e stanno impegnando sempre più anche i militari italiani; ma rimangono tanti focolai bellici aperti in Ucraina e Russia, come pure in tanti luoghi dell’Africa; guerre dimenticate che non attirano l’attenzione dei Paesi potenti. E che Papa Francesco abbia parlato, mesi fa, di una Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi sembra ormai una profezia sempre più confermata, che si aggiunge a tanta violenza quotidiana, a volte addirittura familiare, capace di colpire con ferocia più sconvolgente delle guerre… Sì, la pace sembra sempre più lontana, sconosciuta, incomprensibile, intangibile. Appare improvvisamente un bene della cui preziosità non ci eravamo resi conto, come accade con quelle cose di cui si capisce l’importanza solo quando vengono perdute. La Festa di oggi e il luogo in cui ci troviamo ci conducono – come accennavamo – al Mistero degli «inizi». E, se ci pensiamo bene, quando ci sembra di smarrire qualcosa di importante nella nostra vita, quando non ritroviamo più le ragioni o la forza per proseguire negli impegni presi, nelle lotte difficili, nelle decisioni impopolari, nelle scelte forti, allora è lì, è agli inizi che si deve tornare. E oggi per noi può rappresentare – mi piace pensare così – un nuovo inizio, una nuova pagina di quella pace che proprio al mondo militare è in modo speciale affidata. Tale inizio sta tutto in una piccolissima parola del Vangelo (Lc 1,26-38), che contiene in sé una forza straordinaria: «Fiat», «»! La pace inizia da un solo uomo di pace, da un solo uomo che dica – come Gesù, come Maria, come Papa Giovanni – «Fiat, Sia fatta la pace!». Ma cosa significa questo «»?  Dire Sì alla pace significa, anzitutto, dire Sì alla vita. Abbiamo dipinto uno scenario terribile, eppure l’angelo dice, come a Maria, «Rallegrati… il Signore è con te». La pace è dono di Dio, per questo la invochiamo con forza, ma è anche presenza di Dio. Egli è davvero con noi! E il senso profondo della Festa dell’Annunciazione sta proprio nella certezza che la Pace, in Gesù, si è fatta Carne, si è fatta Uomo, si è fatta Vita. C’è, dunque, non solo una relazione ma quasi un’identificazione tra pace e vita, vita umana. Il fondamento della pace sta nella certezza semplicissima ma coinvolgente che «ogni essere umano è persona». Giovanni XXIII lo scriveva nella Pacem in Terris ma l’ha iniziato a imparare qui, tra le mura di casa, amando i volti degli uomini del suo paese. La pace non è una teoria, un’atmosfera: la pace “è” l’uomo, ogni singolo uomo. Per questo, ogni attentato alla vita dell’uomo è un attentato alla pace, come afferma anche Giovanni Paolo II, diventato Santo assieme a Giovanni XXIII, in particolare nella sua Enciclica Evangelium Vitae, di cui oggi – anche questa mi sembra una coincidenza provvidenziale – ricorre il XX Anniversario. La gioia della pace sta, come per Maria, nella gioia di accogliere e rispettare la vita come dono di Dio, dal suo concepimento nel grembo fino alla sua morte naturale. Voi servite la vita, perciò servite la pace. Il senso della vostra missione, il senso della difesa è tutto qui. E, dalle mansioni più semplici e quotidiane, arriva, come ha ricordato Papa Francesco, al dovere di «fermare l’ingiusto aggressore», colui che decide di arrogarsi un potere sulla vita altrui. Voi davvero difendete la vita: sia quella del cittadino minacciato da violenze, difficoltà, insicurezze; siano i popoli dei Paesi in situazioni di calamità, di guerra, di gravi violazioni della dignità umana, dove vi inviano le tante missioni di pace in cui il nostro Paese è impegnato; siano i tanti fratelli che approdano alle coste del nostro Paese, la cui vita è spesso nelle vostre mani.  Ma il «Fiat», il Sì alla pace è anche sì alla libertà. È straordinario: Dio vuole l’uomo così libero da affidargli nelle mani tutto, anche la pace. La festa di oggi ci ricorda che è il «Sì» di Maria a permettere a Gesù di farsi Uomo, il «sì» di una creatura. La guerra, in ultimo, nasce da un uso distorto della libertà, lo ha gridato anche Papa Francesco a Redipuglia: nasce da «un impulso distorto del cuore umano»[1]. In nome di una libertà che non è libertà, si calpestano i diritti umani; nasce così ogni forma di violenza, fino al fondamentalismo che, in nome della libertà, cancella la libertà dell’altro, prima di tutto la libertà religiosa, e addirittura cerca di cancellare l’altro. Voi, invece, lottate “per” l’altro e “per” la sua libertà, non semplicemente in nome di essa. E il vostro sacrificio, ne siamo consapevoli, è grande, lo abbiamo ascoltato dal Salmo e dalla seconda Lettura (Sal 39; Eb 10,4-10), e può arrivare al sacrificio della stessa vita, come per Gesù. Così, può coglierci la paura o lo scoraggiamento anche perché a volte non ci sono i risultati sperati… «Non temere», dice l’angelo. Nel vostro servizio alla vita, alla libertà e alla pace, anche quello che potrebbe sembrare un piccolo risultato – come una morte, una violenza, un’ingiustizia evitata – significa difesa! È triste che in molti non lo capiscano o che, a volte, si ritenga quasi sproporzionato o inutile l’impiego di persone, mezzi o iniziative per il mondo militare e la difesa in genere, senza rendersi conto dell’ampio lavoro che voi svolgete. La difesa e la pace chiedono, a volte, un uso misurato ma concreto delle armi, a volte esigono soccorso, sostegno o ristabilimento dell’ordine, a volte mettono in atto le strategie del dialogo, della convinzione, del recupero, con una vera e propria educazione alla libertà. Quanto è significativa, in tal senso, la testimonianza di Papa Giovanni, il quale attribuiva al tempo trascorso nel mondo militare, l’apprendimento di quella «disciplina» che educa a saper dominare se stessi, perciò a crescere nella libertà e nella pace!  Carissimi fratelli e sorelle, la lotta per la pace sembra difficilissima. Eppure «la vergine concepirà un figlio», dice Isaia nella prima Lettura (Is 7,10-14; 8,10), «nulla è impossibile a Dio», dice l’angelo a Maria. La pace è sempre possibile se recuperiamo la centralità di Dio: è il senso del Precetto che celebriamo, il senso della conversione, il senso della Pasqua. Nulla è impossibile, se Gesù è Risorto da morte e se ci libera da tutti i peccati. Ecco perché il nostro grido non è disperato ma siamo certi – come vi scrivevo nella lettera per il centenario della prima Guerra Mondiale – che «il futuro della guerra è la pace»[2]. Ecco perché, in questa Eucaristia, siamo certi che il nostro grido, con l’intercessione di Maria e San Giovanni XXIII, arriverà al Cuore di Dio, il Dio della giustizia e della misericordia e, attraverso di lui, tornerà al cuore umano. È così che si scrive una nuova pagina perché ogni uomo, anche un solo uomo, può cambiare la storia se questo diventa anche il suo grido: «Pace!».     X Santo Marcianò


[1] Francesco, Omelia al Sacrario Militare di Redipuglia, 13 settembre 2014
[2] Santo Marcianò, Il Dio che stronca le guerre, Libreria Editrice Vaticana 2014