Virgo Fidelis – omelia dell’Arcivescovo nella celebrazione ad Ostia

30-11-2017

S. Messa per i Carabinieri del Gruppo di Ostia nella ricorrenza della Patrona Maria Virgo Fidelis Ostia, 29 novembre 2017 Carissimi, celebrare l’Eucaristia, celebrare la Virgo Fidelis, assume un significato profondo nell’oggi della storia di ciascuno di noi, perché voi, cari Carabinieri, avete scelto Maria come vostra Patrona. I Santi Patroni, ancor più la Madre di Dio, non sono immagini da venerare, ancor meno sono idoli da possedere a nostro uso e consumo; nella prima Lettura (Dn 5,1-6.13-14.16-17.23-28), infatti, il profeta Daniele mette in guardia dal far ricorso agli idoli. I Santi, prima fra tutti la Madonna, sono uno splendido dono di Dio, che ci aiuta e ci impegna. Sono persone, creature umane che si sono lasciate possedere da Dio, si sono abbandonate alla Sua volontà, hanno vissuto di Lui e per Lui, portando sulla terra una scintilla del Suo Amore. E quando li scegliamo come protettori, essi diventano per noi sostegno, conforto ma anche esempio, modello, testimonianza e, assicurandoci la loro intercessione presso Dio, ci esortano a una più matura, responsabile, gioiosa, testimonianza di vita. I Santi Patroni ci aiutano, prima di tutto e soprattutto, a fare meglio ciò che facciamo; ad essere, in modo più pieno e coerente, ciò che siamo chiamati ad essere, nel tempo e nel luogo in cui viviamo.   Oggi ci troviamo a celebrare l’Eucaristia in un luogo che, nell’immaginario collettivo, è stato usualmente sinonimo di mare, distensione, vacanza, bellezza, ma è improvvisamente balzato all’onore delle cronache come simbolo di violenza, criminalità organizzata, illegalità, abbandono… e, questo, come risultato del tentativo, da parte di pochi, di far trionfare la cultura dell’intimidazione e della violenza, imposta con i criteri del potere, del controllo del territorio, della sostituzione dello Stato, che genera perdita di fiducia nella Istituzioni. Vi chiama in causa, questo luogo, diventato icona di tante emergenze, che invocano non solo l’intervento ma la stessa presenza dei Carabinieri, assieme alle altre Forze Armate e forze dell’Ordine: la presenza dello Stato, richiesta da più parti e ora assicurata da parte dei responsabili della cosa pubblica.   Ci colpisce e ci conferma questo dato: che, prima ancora di parlare di interventi, azioni, operazioni di qualunque genere, si parli di presenza.  Sembra una situazione simile a quanto narra oggi il Vangelo (Lc 21,12-19). In mezzo a persecuzioni, carcerazioni, violenze e ingiustizie… occorre essere semplice presenza; una presenza pura, perseverante, dice Gesù; che non ci richiede di preparare prima quanto occorre dire o fare: una presenza che è, prima di tutto, semplicemente testimonianza. Una presenza, dunque, la vostra! Ed è bello sottolineare questo valore nella Festa di Maria, perché la Virgo Fidelis offre proprio questa cifra di fedeltà. La Sua fedeltà, la fedeltà del Carabiniere, come fedeltà di una presenza! Presenza in questo luogo, presenza nella nostra Nazione, presenza nei diversi Paesi di missione ai quali voi venite inviati. Esserci, prima ancora di fare e di operare. Esserci, per poter fare e operare: a servizio del bene comune, dell’ordine, della giustizia, della pace… a servizio dell’uomo! Ma come declinarla questa presenza? Come viverla, con l’aiuto di Maria e secondo il modello di fedeltà che Ella è per noi?   È una presenza fatta di condivisione quotidiana e vissuta nel luogo; è, potremmo dire, una fedeltà al territorio, un territorio duro, questo, che, per cambiare, ha bisogno del lievito del servizio e della carità. Cari Carabinieri, voi avete questo dono, che è impegno e, per certi versi, è anche una sofferenza. Essere così incarnati nel territorio da sentirlo come vostro; da viverne i tormenti ma anche la gioia, come certamente avrà fatto la Madonna. Sì. Bisogna vivere il territorio per vivere la vita delle persone, per coglierne le necessità autentiche, per farne proprie le difficoltà: per fare più bella questa porzione di terra che ci viene affidata. Per portare, come diceva Madre Teresa di Calcutta, una «goccia» in quell’«oceano» del mondo che non sarebbe lo stesso oceano senza la nostra goccia. Bisogna essere “nel” territorio e “del” territorio, per amare il Paese e coloro che ci abitano.   Ecco, dunque, che la vostra è una presenza tra la gente. Amo sempre ricordare quanto vi disse il Papa nell’Udienza per il bicentenario dell’Arma: siete «carabinieri della gente»! Non solo del territorio, della gente! Voi siete uomini dello Stato e suoi rappresentanti ma siete anche tra i cittadini e dei cittadini. Lavorate per loro, soffrite e gioite con loro, cosa che tutti gli uomini delle Istituzioni dovrebbero fare. Siete fedeli a un popolo, potremmo dire; a un senso di popolo che occorre ritrovare, nel nostro Paese e in tutta Europa, se vogliamo avere un futuro. La vostra è un’azione fatta anche di relazioni fraterne, amichevoli, che sanno superare la formalità, integrando il necessario senso del dovere e la grande competenza in rapporti umani profondi e ugualmente necessari. Ancor più necessari quando i cittadini sono afflitti da paura, insicurezza, sfiducia… Non lo dimenticate, alcuni drammi umani hanno bisogno non solo di tecnica ma anche di legami per essere definitivamente sconfitti; ne ha bisogno la gente, vittima della violenza e del male, ne ha bisogno, per certi versi, chi compie il male. Siete educatori più che controllori. Siete chiamati a difendere, testimoniare e, così, far riscoprire valori essenziali per la convivenza pacifica dei popoli e delle Nazioni, per l’equilibrio e la giustizia nel Paese e tra la gente; valori forse dimenticati ma che custodiscono la preziosità dell’”umano”.   Qualche giorno fa, presso la Scuola Allievi Ufficiali dei Carabinieri, ho avuto l’onore e la gioia di presentare una bellissima opera, l’«Etica del Carabiniere». E l’etica è questo, tutti dovremmo riscoprirlo: non una serie di leggi rispetto alle quali, come si suol dire, è facile trovare l’inganno; è la ricchezza di valori che guidano i comportamenti, dentro un orizzonte di riferimento: l’antropologia, la visione dell’uomo. Che uomo deve essere il Carabiniere? Quale uomo è chiamato a servire il Carabiniere? È la domanda che ho fatto quel giorno e che invito ciascuno a porre a se stesso. Ed è forse la domanda di cui oggi più si avverte la mancanza; è la domanda educativa che quasi nessuno ha il coraggio di formulare, di proporre alle nuove generazioni; forse, neppure di farla a se stesso…   Carissimi amici, Maria ci chiede di interrogarci sul senso dell’uomo per essergli fedele. Ci chiede di riscoprire la preziosità insostituibile di ogni vita umana, in tutte le fasi e situazioni, dal tempo del concepimento alla morte naturale, e difenderla da ogni genere di minaccia e pericolo. Difendere la vita, in questo luogo, in questo mondo, in questo tempo che sembra aver smarrito il senso dell’umano. Difendere la vita quando è vittima di odio e crudeltà, di dominio e sopraffazione, di illegalità e mercificazione, di abuso e molestia, di ingiustizia e discriminazione, di fame e povertà, di guerra e calamità naturali, di solitudine e abbandono, di emigrazione e persecuzione… «Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita», abbiamo ascoltato dal versetto alleluiatico. Sì, difendere la vita per essere fedeli alla vita. Come la Virgo Fidelis, come la Madre di Gesù: Colui che “è” la Vita; è la vita nostra e di coloro che siamo chiamati a difendere, proteggere, custodire, amare. E così sia!X Santo MarcianòArcivescovo Ordinario Militare per l’Italia