LA TESTIMONIANZA – “Famiglia” e “Famiglie” dell’Arma

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(28-02-2023) Tutti siamo nati da Mamma e Papà, in una famiglia che non si sceglie ma che è il guscio naturale delle certezze in cui si cresce e ci si forma. Si, perché la famiglia, la tua Famiglia, non ti lascia mai, anche quando sarai tu a realizzarti nella vita in altri luoghi, magari distanti da quello d’origine, ma senza perdere quel riferimento affettivo e culturale che resta oltre il materno cordone ombelicale.

Quando ci siamo arruolati nell’Arma, con percorsi diversi da persona a persona e per scelte dettate da motivazioni eterogenee, non pensavamo certamente di entrare in una nuova e più ampia famiglia, che ci ha accolti sin dal primo giorno con grande premura. Alle Scuole, i più anziani ci hanno dato il loro personale benvenuto e ci hanno fatto subito comprendere che non saremmo stati mai più soli nel cammino del dovere, seppur con responsabilità e compiti diversificati, cosa che abbiamo puntualmente riscontrato nelle tantissime circostanze, tristi o liete, che hanno caratterizzato il nostro percorso di servizio.

I nostri compagni di camerata, i colleghi incontrati nelle prime esperienze professionali, i superiori e dipendenti con cui si sono condivise ansie, pericoli e soddisfazioni, li abbiamo tutti accomunati nel ricordo con quell’affetto che riserviamo ai nostri parenti, più o meno stretti, che sono stati i riferimenti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Ma la Famiglia dell’Arma va ben oltre i volti noti degli amici incontrati qui o là, perché abbiamo sempre avvertito e tuttora avvertiamo la presenza di una mano protettiva su ciascuno di noi, di una spalla pronta a sorreggerci nei momenti più difficili, di volta in volta incarnata nel collega o nel superiore di turno con cui ci siamo confidati o che ha compreso senza parlare il nostro momento di disagio. E l’Arma è sempre intervenuta per sostenerci come meglio possibile, con un provvedimento d’impego o un sussidio, ma spesso anche solo con una parola che ci ha ridato fiducia e serenità.

Dopo il congedo siamo transitati nelle fila dell’Associazione, per perpetuare quel legame non solo affettivo che tuttora ci lega alla nostra grande Famiglia, istintivamente, come per principio biologico si condivide il DNA con gli ascendenti e discendenti, nessuno escluso.

La “foto di famiglia”, non quella dei grandi della terra che si incontrano per trattare delle questioni globali ma quella che si ci ritrae tutti insieme nelle varie epoche della vita, felici e sorridenti per le occasioni importanti che interessano qualcuno dei nostri congiunti, in nulla differiscono da quelle scattate da Allievi con il Plotone o la Compagnia, del Reparto in cui si è militato, della Sezione con la quale si è condiviso la gioia di un raduno o celebrato un anniversario importante, per uno dei Soci o per l’Istituzione.

Nulla di più appropriato del termine “famiglia”, perché indica il senso di appartenenza che, come detto, non si concretizza solo nel sentimento individuale ma pervade l’intera socialità del gruppo, che va avanti insieme ben attento a non lasciare alcuno per strada.

Ma oltre alla “famiglia” dell’Arma, sono un grande valore le “famiglie” dell’Arma, cioè quei nuclei per i quali potremmo dire che la divisa è di casa, in quanto indossata dal nonno, papà, zio, fratello e, oggi, anche da mamma o altri congiunti del gentil sesso.

Quando l’arruolamento nell’Arma era “a chiamata diretta”, cioè prima che le immissioni per tutte le Forze di Polizia fossero “a concorso” in ossequio al principio costituzionale che regola l’accesso nel pubblico impiego, i Comandanti di Stazione per primi individuavano nel loro territorio quei giovani che ritenevano potessero entrare nell’Arma, facevano loro presentare la domanda che avviava la pratica che si concludeva con il rilascio dell’attestato “di idoneità morale” da parte del Comandante di Compagnia (“Comandante intermedio”, all’epoca). In effetti quei bravi ed esperti Marescialli selezionavano la famiglia di appartenenza ancor prima del giovane, perché l’educazione e i valori trasmessi dai genitori erano la migliore garanzia per le qualità morali del figliolo e, in genere, non sbagliavano.

Ma con ancora maggior sicurezza ci si rivolgeva ai figli e nipoti dei militari in servizio o in congedo poiché quei ragazzi già avevano chiara coscienza dei doveri imposti dalla divisa e dei sacrifici che la vita militare avrebbe richiesto a ciascuno, allora certamente in misura ancor più stringente che non oggi, perché avevano già vissuto più o meno direttamente questi modelli nell’esempio dei loro familiari: in qualche modo, si arruolava all’interno della famiglia dell’Arma.

Con quanto orgoglio e soddisfazione si fanno ritrarre due o tre generazioni di Carabinieri nella foto della loro famiglia d’origine: nonno, padre, nipote, chi ancora in divisa e chi ormai con la livrea dell’Associazione, tutti con la medesima fierezza per aver servito o per essere in servizio attivo, se non addirittura ancora alla Scuola.

E l’arruolamento femminile? Introdotto sin dal 2000, non ha stravolto la vita nelle nostre caserme, anzi ha inciso in senso decisamente positivo nello svolgimento del servizio, che ha potuto giovarsi di nuove sensibilità e diversi angoli visuali anche nell’approccio con il cittadino, dando comunque maggior completezza al concetto di “famiglia dell’Arma”, a cui già apparteneva in qualche misura la figura della moglie del Maresciallo che, come prescriveva il Regolamento dell’epoca, scendeva dall’alloggio di servizio per l’eventuale perquisizione delle donne accompagnate in caserma o, più semplicemente, deteneva le chiavi del portone quando tutti i militari fossero dovuti uscire per un’emergenza.

Certamente i concetti di “famiglia” e di “famiglie” dell’Arma, al pari della ormai ultraventennale presenza delle donne nelle nostre fila, ben si prestano ad approfondimenti alla luce delle attuali dinamiche sociali, avvalendosi dell’esperienza di tutti noi “saggi” e del confronto tra vecchi e nuovi scenari, per individuare con le positività anche le linee di sviluppo, che possano essere di stimolo pure per le nostre attività di volontariato e, in genere, di impegno sociale. Potremmo pensare di elaborare queste idee in uno dei nostri prossimi stage sul territorio… riflettiamoci!

Antonio Ricciardi*

 

*Già Comandante dei Carabinieri forestali e Vice Comandante generale dell’Arma