«Il seminatore uscì a seminare…». C’è una grande folla attorno a Lui e Gesù, abbiamo ascoltato nel Vangelo (Lc 8,4-15), inizia a raccontare una famosa Parabola, nella quale ritroviamo, oggi, alcuni elementi importanti per riflettere sul Sinodo.
Parla di un uomo il quale, anzitutto esce.
Uscire. Anche il Sinodo ci fa uscire; è, potremmo dire, un evento “scomodo”, che chiede di uscire da casa, per ritrovare la Casa che è la Chiesa, e la Chiesa sinodale, di uscire, ancora, dai circoli chiusi delle nostre comunità e delle nostre chiese, per raggiungere le case degli uomini; di uscire da abitudini consolidate, tipiche di chi viva in certi modi la religiosità; di uscire da noi stessi, per accorgerci degli altri e imparare ad ascoltarli…
Ascoltare. In certo senso, è la meta del seminatore.
Egli passa in terreni di ogni genere e sparge il seme così, dovunque capiti; sembra un apprendista, eppure è un seminatore di mestiere. Se fosse rimasto nel suo campo, avrebbe potuto calcolare meglio la semina; avrebbe conosciuto i solchi, le zone, prendendo di mira quelle più adatte… ma il seminatore non può rimanere nel suo campo, in famiglia, tra la sua gente. Va incontro a tutti, obbedendo a un mandato di Dio.
«In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone», dice Pietro nella prima Lettura (At 10,34-48), «ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga». E aggiunge: «Questa è la Parola… Gesù Cristo è il Signore di tutti».
Gesù è il Signore di tutti e il seminatore vuole raggiungere tutti i terreni. E questo gli costa tanto. Gli costa un grave sperpero, un’alta percentuale di “fallimento”: la Parabola, infatti, mostra come solo in un tipo di terreno il seme attecchisca.
Eppure, il seminatore continua a seminare. Lo deve fare, lo ha fatto, lo fa, lo farà. E noi con Lui, in questo tempo di grazia che è il Sinodo.
Ieri lo abbiamo aperto con la Santa Messa e ora siamo nella cosiddetta I fase della Chiesa Particolare (Ottobre 2021-Aprile2022), che ha come obiettivo l’ascolto e la consultazione del Popolo di Dio.
È un obiettivo sconfinato!
Come il seminatore, dovremo anche noi raggiungere tutti i terreni, pur se impervi, ostili, sconosciuti: le strade insignificanti e infertili, le zone aride e pietrose, i rovi spinosi e pungenti… fino alla terra buona, fertile – forse perché arata da qualcuno prima di noi -, spesso meno appariscente di altre.
Per raggiungere l’obiettivo, in questa prima fase di cammino sinodale, occorrerà attuare un processo di consultazione che sia il più ampio possibile. Tutti devono, tutti dobbiamo essere ascoltati: dal Vescovo, ai Presbiteri e ai Fedeli, attraverso le modalità più appropriate ad ogni diversa realtà. E le nostre, lo sappiamo, sono tutte realtà molto diverse tra loro…
Ma cosa significa consultazione? La Parabola del seminatore, in genere, evoca l’immagine di colui o colei che va a predicare. Questo è certamente vero; ma ciò che il Sinodo vuole sviluppare, specie nella prima fase, è soprattutto l’ascolto. E ascoltare, in fondo, significa accogliere ciò che l’altro può darmi.
Battendo tutti i tipi di terreno, il seminatore si apre, così, alla sorpresa dell’ascolto; è pronto, cioè, ad accogliere il frutto che ogni terreno saprà dare.
Il seminatore lascia tempo all’ascolto, ovvero aspetta il risultato della sua semina. Anche se sa che quello è un terreno arido, pietroso, spinoso… che è uno di quelli in cui un esperto non perderebbe tempo, egli, invece, perde tempo, nella semina e nell’attesa. E, se perde tempo, è perché non perde la speranza!
Il seminatore gioca in perdita, perché sa di non essere protagonista. Protagonista è il seme. E il seme, dice Gesù, «è la Parola di Dio».
Ecco, cari amici: protagonista di questo tempo del Sinodo è e sarà la Parola di Dio!
Parola letta, ascoltata, meditata, pregata… seminata in modo che penetri nei solchi più nascosti di ogni terreno e di ogni cuore, anche il più indurito.
Quale consultazione, quale ascolto, dunque? Un ascolto che parta dalla Parola!
Il Papa insiste su come dire Sinodo non equivalga a dire “Parlamento” e su come “consultazione” non significhi esercizio di “democrazia”. Non dobbiamo, ad esempio, stare semplicemente ad ascoltare tutte le opinioni o dar voce alla maggioranza, per buonismo o per conformazione alle diverse ideologie…
Certo, occorrerà registrare i bisogni veri della gente, abbracciarne le sofferenze, condividerne le povertà, toccarne la carne e le ferite più profonde, senza evitare quelle che, talora, anche noi Chiesa abbiamo potuto provocare. Bisogna raggiungere i terreni aridi della fame e della sete, quelli spinosi della confusione e conflittualità, quelli pietrosi del peccato e dell’indurimento del cuore; bisognerà ascoltare il grido dei poveri e, assieme, il grido della terra, che continua a diventare sempre più inospitale…
Ma occorre anche seminare. Dobbiamo raggiungere ogni fedele, ogni persona, ogni cuore, per gettarvi il seme della Parola di Dio, da noi proclamata e vissuta. Bisogna osare l’incontro con ogni terreno; ma, in ogni terreno, bisogna osare l’incontro con la Parola!
E dobbiamo, soprattutto noi presbiteri, accorgerci di tutti: laici, donne, giovani, bambini; le famiglie con le loro ricchezze e le loro difficoltà, le consacrate e i consacrati, con le problematiche delle comunità e i silenzi delle solitudini; le minoranze e gli ultimi… dobbiamo – direi – metterci in adorante ascolto di ciò che la Parola dice a ciascuno.
Lo stile dell’ascolto parte dal mettersi in ascolto della Parola. E nasce da questo anche la parresìa, ovvero il coraggio di parlare, che il Sinodo caldeggia con forza. Dobbiamo ascoltare tutti e aiutare tutti a parlare. Ma di cosa parleranno se prima non hanno ascoltato? Come potranno “dire”, se la Parola non si è udita?
La Parola insegna l’arte del dialogo; e il dialogo dentro la Chiesa aiuta a sviluppare un maggior dialogo con gli altri: penso alla relazione con altre confessioni religiose, con il mondo delle Istituzioni, la realtà sociale, economica, politica… ambiti che, per il mondo militare, non sono sconosciuti e con i quali abbiamo un rapporto. In ogni dialogo, dobbiamo portare la Parola di Dio; o, meglio, i frutti della Parola seminata nella nostra vita e nella vita della Chiesa.
Per la Chiesa, ascolto significa anche discernimento. Il Sinodo è tempo di discernimento nello Spirito. E lo Spirito Santo – il Papa continua a ripeterlo – parla in tutti, parla nel popolo santo di Dio.
«Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola». Scende su tutti lo Spirito; ma – notate bene – su tutti coloro che ascoltano la Parola! È l’esperienza che fa Pietro, dopo aver incontrato il centurione Cornelio – un soldato – e averne registrato la conversione, assieme a tutta la famiglia.
Cari amici, questa prima fase del Sinodo, dunque, chiederà a tutti di ascoltare la Parola di Dio, per essere ascoltati; di imparare la Parola, per poter discernere e parlare.
Mi piace chiamarla così: la fase della speranza!
Il seminatore, in fondo, continua a seminare, anche su terreno sfavorevole. Continua a seminare perché sa, come tutti sappiamo, che il seme a volte attecchisce ovunque: come, non sapremmo dirlo; ma a chi non è accaduto di vedere un fiore nascere tra le pietre?
Il seminatore continua a seminare e a guardare il terreno, ogni terreno, nella speranza di intercettare quell’istante in cui il contatto con la Parola – perché la Parola “tocca”, sia pure per un attimo, ogni terreno – può operare il miracolo: il seme gettato sulla strada può dare frutto prima che arrivi il diavolo; nella pietra, le radici possono aprirsi un varco verso la terra; e il fiore può sbocciare senza che le spine lo avvolgano completamente…
Sì. Il seminatore sa che la Parola ha in sé una potenza infinita; una potenza d’amore in grado di cambiare i terreni più ostili, trasformandoli in terra buona, e regalare ai cuori più induriti la gioia della conversione e della perseveranza feconda. Offriamo dunque a tutti l’ascolto della Parola di Dio e mettiamoci in ascolto di tutti: come Chiesa in Sinodo, vivremo certamente il tempo della speranza. E dello stupore!
Il Signore ci accompagni.
E così sia!
Santo Marcianò