Omelia ad Assisi per il corso di formazione per i cappellani militari

21-10-2021

Il Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 24,13-35) offre la scena di due uomini: «due di loro», che erano stati parte del gruppo di discepoli di Gesù, ora in cammino verso un villaggio chiamato Emmaus distante «undici chilometri da Gerusalemme». Pochi chilometri, che determinano uno straordinario cambiamento di vita.

Noi, oggi, ci troviamo già in cammino; la Chiesa lo è sempre del resto. È un cammino particolare perché Sinodo significa «camminare insieme», ha ricordato più volte Papa Francesco. E camminare – lo dicevamo – avendo come meta l’annuncio evangelico.

Muovendo i primi passi del Sinodo, abbiamo invocato lo Spirito e fatto memoria del Battesimo; ci siamo concentrati sull’”oggi” dell’ascolto, che ha come protagonista la Parola di Dio vissuta e annunciata. Ma annunciando il Vangelo, la Chiesa sinodale “cammina insieme” e, in certo senso, guarda anche al futuro della missione. Se, infatti, la prima fase del Sinodo è quella «narrativa», dell’ascolto, le altre due (dal 2023 al 2025) chiederanno, rispettivamente, una lettura «sapienziale» di quanto ascoltato e la capacità «profetica» di scegliere[1].

Dovremo pertanto chiederci: come il “camminare insieme” si realizza nella nostra Chiesa in conformità alla sua missione? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?

I due che vanno a Emmaus non sembrano porsi tali domande. Sono, potremmo dire, due persone in fuga: abbandonano Gerusalemme, la comunità ecclesiale; e, lungo la strada, discutono animatamente. Le cose non sono andate come si aspettavano, dunque meglio andar via, lasciare i problemi agli altri. Probabilmente essi mormorano, cercando a chi dare le colpe; forse sono soltanto tristi, vuoti, delusi, o vivono una delle tante tentazioni dalle quali Papa Francesco ci mette in guardia, soprattutto nel tempo del Sinodo: la tentazione di voler guidare se stessi invece di essere guidati da Dio, di concentrarsi esclusivamente su se stessi o sulle strutture e di vedere solo “problemi”; la tentazione del conflitto, della divisione, del non guardare oltre i confini visibili della Chiesa…

Le strade del nostro tempo sono piene di persone in fuga dalle comunità cristiane; in tanti sondaggi – ma anche nell’esperienza comune, in particolare nei Paesi occidentali -, emerge come le Chiese si svuotino, la richiesta di sacramenti diminuisca e, se un senso di religiosità rimane, non di rado, specie nei giovani, si associa al famoso slogan: “Cristo sì, Chiesa no”, ritornato di moda o forse mai scomparso dal cuore e dalla mente di tanti.

La missione affidata al nostro cammino sinodale non può ignorare questi passanti; non può accontentarsi di procedere in altra direzione o chiudersi. Nei Vangeli, lo sappiamo, non sono molte le apparizioni di Gesù Risorto; e ci colpisce che si narri di come Cristo si preoccupa di raggiungere proprio quei due discepoli in fuga e di camminare con loro. Egli non li lascia fuggire da soli; e se essi, prima, avevano ascoltato e seguito il Maestro, ora è Lui che mette i Suoi passi accanto a quelli dei due fuggitivi e li ascolta. Perché non solo noi siamo chiamati ad ascoltare la Parola di Dio, pure Dio ci ascolta, e sempre tende l’orecchio.

 

«Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro». È bellissimo! Ed è l’Icona della Chiesa in Sinodo.

Forse il nostro cammino sinodale sembrerà iniziare in una direzione sbagliata. Forse ci porterà a rincorrere i passi di chi si è allontanato dalla Chiesa o di chi vi rimane, non cercando la dimora del Dio vivente ma piuttosto una sistemazione per le proprie sicurezze. Forse, iniziando a camminare, potremo capire di trovarci noi stessi sulla strada sbagliata che, sia pure involontariamente, ci allontana da Gerusalemme…

Il cammino è rischioso, sempre. Ma senza quel camminare, e senza quel camminare insieme, i due di Emmaus non avrebbero incontrato il Risorto, non avrebbero capito chi è veramente Gesù.

Il cammino, cari amici, ci fa scendere dal mondo delle idee alla realtà, dalle nostre proiezioni su Cristo alla strada che Egli indica e che Egli è. Camminare insieme significa accorgersi che davvero Gesù è «la via», ma anche «la verità e la vita» (cfr. Gv 14,6).

Ed è in Lui, è alla Luce della Sua  «verità», che si possono cogliere i cammini sbagliati e invertirli, vivendo la libertà che, spiega Paolo nella prima Lettura (Gal 5,13-25), ci fa vivere «nello Spirito» e camminare «secondo lo Spirito».

Quello Spirito che abbiamo invocato per l’inizio del Sinodo, che ci ha segnati nel Battesimo, che è all’origine dell’ascolto della Parola e del discernimento, è lo stesso Spirito che muove ora i nostri passi. Sinodo è camminare insieme, guidati non da se stessi ma dallo Spirito il quale, non di rado, ci porta a cambiare direzione; e lo fa – Paolo ne è luminoso testimone – raggiungendo, evangelizzando, i desideri più profondi: i «desideri dello spirito»!

Gesù Risorto cammina accanto ai due e, dopo averli ascoltati, spiega le Scritture, annuncia loro la Parola in un modo che, essi diranno, fa «ardere il cuore». Riaccende desideri profondi, più profondi delle delusioni, dei conflitti, della visione autocentrata della vita che fa sentire falliti se falliscono i programmi.

C’è un “di più”, da scoprire attraverso l’ascolto della Parola e da annunciare, sentendoci corresponsabili del cammino comune che ci fa Chiesa e che, come Chiesa, condividiamo con la grande famiglia umana: con la gente lontana, con la città dell’uomo, con i luoghi dei conflitti e delle difficoltà, con le estreme periferie, esistenziali e umane, come ripete il Papa.

C’è un “di più” che fa parte del patrimonio della fede, della speranza, della carità… un tesoro prezioso che noi riscopriamo solo nel tendere la mano, anche a chi vada nella direzione opposta o esca fuori pista. Invitandoci a camminare, il Sinodo ci invita a uscire; non, tuttavia, per omologarci a strade sbagliate, infuocando la confusione creata dal relativismo etico o da ogni sorta di superficialità, ma per invitare tutti a tornare a Gerusalemme, a tornare “a casa”.

«Beato chi abita nella tua casa… e ha le tue vie nel suo cuore», canta il Salmista (Salmo 84). Il cammino sinodale ci mette sulla strada di Dio e ci mette la via di Dio nel cuore. La «via» di Dio che è Gesù!

E Gesù è la «vita», i due di Emmaus lo capiranno. Essi hanno addosso la morte; l’hanno vista vincere, far finire tutto. Non sarà facile per loro cambiare strada, come non è facile, per noi, annunciare strade di vita laddove la morte sembra avere il sopravvento: dentro le tante modalità di disprezzo della vita e della dignità umana; nella realtà schiacciante del dolore e dei lutti; nelle crisi economiche, politiche, esistenziali, non ultima quella provocata dalla pandemia che ancora affligge tanti, soprattutto i più poveri; in tante situazioni di discriminazione, guerra, violenza, che il mondo militare si trova ad affiancare.

Gesù sa che abbiamo bisogno della Sua forza per continuare il cammino, per invertire il cammino, per restare accanto a tutti i cammini dell’uomo. Così, come a Emmaus, Egli si fa “Pane” Eucaristico.

 

Cari amici, non ci sarà Sinodo senza una profonda riscoperta dell’Eucaristia: senza la Liturgia che aiuta a celebrarne il Mistero, senza la comunione e la carità che permette di attualizzarlo, senza l’Adorazione che fa crescere nell’intimità d’amore con il Signore.

Dall’intimità della casa di Emmaus, diventata Chiesa in cui Gesù ha spezzato il Pane di vita, i due hanno ripreso «senza indugio» la strada di casa e l’hanno indicata, narrando «ciò che era accaduto lungo la via» agli «undici», a Gerusalemme, e oggi, anche a noi.

Il Signore ci doni di fare altrettanto: metta le Sue vie nel nostro cuore e ci renda pane spezzato per gli altri, affinché i “pochi chilometri” del cammino sinodale siano un cambiamento straordinario di vita: per noi, per la Chiesa, per il mondo.

E così sia!

Santo Marcianò

 

 

[1] Cfr. Lettera ai Vescovi italiani della Presidenza CEI, 7 settembre 2021