Corso di formazione e aggiornamento per i Cappellani Militari 19-10-2022

19-10-2022

Omelia alla S. Messa e Ordinazione diaconale di Giuseppe Laganà

Assisi, Basilica S. Maria degli Angeli, 19 10 2022

 

Il cantiere del cappellano militare

Carissimi fratelli e sorelle, nel cuore del nostro Convegno, lo dicevo in apertura, si colloca questa Celebrazione, che ci vede riuniti come presbiterio attorno a te, carissimo Giuseppe, che oggi ricevi l’Ordinazione Diaconale: una Grazia per te, una gioia per la nostra Chiesa. Perché sempre, quando la Chiesa conferisce un’Ordinazione, sente un’esultanza speciale; sente che Dio non smette di chiamare i suoi figli per il servizio del Suo popolo.

Il diaconato è un’Ordinazione, è il primo grado del Sacramento dell’Ordine, che in modo peculiare ne realizza la dimensione del servizio. «Ai diaconi – leggiamo nella Lumen Gentium – sono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio»; ed essi, «sostenuti dalla grazia sacramentale, nella “diaconia” della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio» [1].

È festa, dunque, per il nostro presbiterio; per noi che, come quarto cantiere del percorso sinodale, abbiamo scelto di approfondire proprio la figura del cappellano militare, consapevoli della sua peculiarità e della responsabilità di farla crescere, anche attraverso la nostra testimonianza personale.

Se oggi tu sei qui, caro Giuseppe, è perché hai udito questa vocazione di Dio; è perché hai incontrato una Chiesa e dei sacerdoti – i cappellani militari appunto – che te ne hanno testimoniato la bellezza, la forza, la possibilità di servizio. Rifletteremo su questo ministero nel corso dell’anno, personalmente e nelle zone pastorali, cercando di “dire”, di raccontare tale bellezza. E la tappa di oggi, con cui tu ti avvicini al sacerdozio, ricorda a noi preti quanto il servizio sia importante. Un servizio che sei chiamato a vivere nella diaconia della predicazione, della carità, della liturgia.

 

Il tuo è un servizio di predicazione.

È bellissimo come la prima Lettura (Sir 39, 5-6) quasi lo sintetizzi, offrendo la direzione per imparare quella “legge”, ovvero quella Parola, che dovrai annunziare, cercando di diventare come il «saggio» che il Siracide descrive, il «sapiente» secondo Dio

Egli «si applica a meditare», dice il testo. Devi applicarti, Giuseppe, con tutte le tue forze, la tua intelligenza, la tua costanza. La Parola richiede un’adesione, una fatica, un allenamento; lo puoi capire bene tu, così segnato, nel cammino umano e spirituale, dall’esperienza del Rugby che, come ogni sport, esige la forza della perseveranza.

Al sapiente «sta a cuore alzarsi di buon mattino per il Signore», continua il Siracide. Dunque, la Parola ti deve stare a cuore, deve essere il primo pensiero al risveglio, deve dare il senso alle tue giornate. C’è un Cuore a cuore che ne veicola il messaggio: da Dio a te e da te agli altri, con la predicazione, la vita, la preghiera. «Davanti all’Altissimo fa la sua supplica, apre la sua bocca alla preghiera». La Parola è preghiera: preghiera di «supplica», preghiera di «lode», dice ancora il Siracide.

E conclude: «se il Signore, che è grande, vorrà, egli sarà ricolmato di spirito d’intelligenza: come pioggia effonderà le parole della sua sapienza». La Parola non ha paura della nostra intelligenza, non ha paura a confrontarsi con la scienza, lo stiamo vedendo in questi giorni. La Parola si è consegnata, si è incarnata nelle parole degli uomini.

Tu, Giuseppe, diventi diacono della Parola del Signore per gli uomini e Lui ti colmerà della Sua sapienza. La sapienza di Cristo non è la sapienza del mondo; e quando la mente si è applicata a meditarla, si riscopre superata da qualcosa di più grande.

 

Una grandezza racchiusa nel tuo servizio di carità.

Paolo lo afferma con chiarezza nella seconda Lettura (1 Cor 13,1-13): il dono più grande di tutti è la carità, l’amore. Perché l’amore non è semplicemente un dono, è Dio stesso. E non avere paura se ti sembra di non averlo raggiunto; dobbiamo «aspirare» a questo dono, cioè dovrai sempre «desiderarlo».

La nostra conoscenza è imperfetta, dice Paolo. La tua predicazione potrà essere carente, potrai non riuscire a riempire di profetismo la Parola. Eppure, la profezia della carità è più importante, compensa tutto, rimane per sempre, oltre le parole. Dona alle parole umane la concretezza e la pienezza dell’amore.

Giuseppe, tu diventi diacono dell’Amore del Signore. Hai imparato l’amore nella tua famiglia, che anche ora ti è accanto, e nel cammino della tua vita. Oggi, come Francesco, sperimenti che l’amore rende povero e arricchisce, ti porta a spogliarti di ciò che non conta e ad affidarti a Lui nella nudità, ovvero nella totalità dell’amore, casto e libero, del celibato.

Gli aggettivi con cui Paolo definisce l’amore sono stupendi, ricchi di significato.

Mi soffermo solo sul primo: la carità è «magnanima», ha il cuore grande (è la macrothumia). Un cuore che accoglie sempre e tutti, che non si ripiega su se stesso, non si risparmia; che supera i confini della logica, del calcolo, è capace di scelte inaspettate e sempre ci sorprende. È il Cuore del Dio Amore.

Essere «pastore secondo il Suo Cuore» è il dono fondamentale del presbitero; ma, con la Grazia di oggi, inizia ad essere dono per te.

Questa Celebrazione allarga il tuo cuore, gli spazi del tuo essere e gli spazi geografici del tuo operare. Sintonizzandoti sul Cuore del Signore, sarai in quella sintonia con il cuore umano che ti aiuta a vivere un vero servizio verso i militari, nei diversi contesti, luoghi, situazioni; che, direi, ti dona un cuore senza confini, com’è il cuore stesso della nostra Chiesa. Un cuore aperto alla pace.

E se è vero che il cuore, nell’antropologia biblica, è il centro della persona, è vero che la carità ci “ingrandisce”, ci fa grandi. Sì. La nostra carità, lo aveva capito Maria, “magnifica” il Signore, fa grande Dio. Fa straripare la grandezza di Dio nel mondo e cambia la vita dell’uomo grazie alla Vita di Dio.

Sarà il tuo servizio liturgico a portare la Vita stessa di Dio, a farti diacono della Vita del Signore.

Il Vangelo di Giovanni (Gv 15, 12-17) ci spiega come questo possa accadere: attraverso l’amicizia di Gesù e con Gesù. Essere Suoi amici è un mandato meraviglioso e tremendo, rivolto a tutti ma in particolare a coloro che il Cristo ha scelto per essere Suoi discepoli, Suoi sacerdoti. Avvicinandoti al sacerdozio tu, Giuseppe, cresci in tale amicizia e ne richiami la centralità a noi presbiteri, cappellani militari, perché possiamo penetrarne il Mistero.

L’amicizia è un amore reciproco; altri amori possono non esserlo ma questo sì. Altrimenti non è amicizia. Gesù ci chiede di essere Suoi amici e aspetta da noi una risposta che deciderà della nostra vita. E la Liturgia, in certo senso, ci cala in questa amicizia.

Se si è «amici» non si è «servi», dice Gesù. Si vive, cioè, il servizio, non come schiavitù ma come gioia di essere per l’altro. Servire come amico: ecco il senso del servizio liturgico che ti attende!

Gesù nell’Ultima Cena lava i piedi a coloro che chiama amici. Se non li laverò, dice a Pietro, non avrai parte con me, non condividerai il mio stesso servire. C’è dunque una partecipazione liturgica al servire, c’è un modo di servire che si impara per grazia, che ti trasforma per grazia, liturgicamente.

 

Caro Giuseppe, è questo il servire che Dio oggi ti chiede e ti dona, attraverso la Grazia del Diaconato:

  • la diaconia della predicazione, che ti mette Cuore a cuore con la Parola di Dio;
  • la diaconia della carità, che allarga il tuo cuore e magnifica il Signore;
  • la diaconia della liturgia, che ti instilla dentro la Vita stessa di Dio e ti porta a donare la tua.

«Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Servendo i militari nella nostra Chiesa, vedrai che la vita si può dare per molte ragioni: per fedeltà alla propria missione, per coerenza, per giustizia, per amore… ma darla per Gesù, e nell’amicizia con Gesù, è altro.

Anche questo è dono di Grazia; è il Dono di oggi, che trasforma la tua vita in vita donata, offerta, trasfigurata. Vita Crocifissa e Risorta con Cristo.

Non smettere di servire questa Vita e sarai nella gioia!

Il Signore benedica il tuo cammino. E così sia!

Santo Marcianò

 

Sir 39, 5-6

Salmo 15 (16)

1 Cor 13,1-13

Gv 15, 12-17

[1] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Lumen Gentium, 29