Miami Fl, Congresso Eucaristico-Mariano, 8 ottobre 2022

08-10-2022

Non Abbiate Paura: I Due Cuori Trionferanno

Comprendere il significato profondo

e il potere della S. Messa

 

Carissimi, è con gratitudine e gioia che condivido questo tempo con voi, salutandovi tutti e ringraziando con profonda stima le suore dei Sacri Cuori Trafitti di Gesù e Maria, per l’iniziativa di questo bellissimo Congresso. Con gioia e gratitudine ma anche con un grande senso di responsabilità, perché il mio compito è parlare del cuore di tutta la nostra fede: l’Eucaristia, la potenza dell’Eucaristia. La potenza della Santa Messa!

Si potrebbe parlarne dalla prospettiva liturgica, teologica, sacramentale…. Io ho pensato di condensare queste prospettive e guardare al “potere” della Messa a partire da categorie umane, che ci riguardano tutti, per affermare quanto l’Eucaristia possa incidere nella vita personale e sociale, nel quotidiano e nell’interiorità, nel concreto del tempo e proiettandoci verso l’Infinito che ogni creatura umana porta nel cuore. L’Eucaristia, infatti, è come un sottofondo che accompagna tutta la vita, grazie all’azione di Dio.

Dunque, è proprio l’Eucaristia che arriva al cuore del titolo del nostro Congresso: «Non abbiate paura!». L’Eucaristia come antidoto alla paura, alle paure…

Fratello, sorella, non avere paura! Dio ha desiderio di te, Dio si è fatto uomo per te, Dio resterà sempre con te! È questa la potenza della Celebrazione Eucaristica, è questa la potenza della Messa.

 

Non avere paura: Dio ha desiderio di te, Dio si è fatto  uomo per te!

All’inizio della Messa c’è il desiderio di Dio. È bellissimo il titolo che Papa Francesco ha dato alla recente Lettera Apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio: «Desiderio desideravi». Richiama l’Istituzione dell’Eucaristia nel Vangelo di Luca: «“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,15). Le parole di Gesù con le quali si apre il racconto dell’ultima Cena – commenta infatti il Papa – sono lo spiraglio attraverso il quale ci viene data la sorprendente possibilità di intuire la profondità dell’amore delle Persone della Santissima Trinità verso di noi»[1].

L’Eucaristia è il Sacramento del desiderio; nasce da lì: dal desiderio, dall’Amore di desiderio che Dio ha nei nostri confronti. Sì, nella profondità della Trinità, posso intuire il desiderio che Dio ha di me. Un desiderio che non resta fermo ad aspettare ma prende l’iniziativa e ci raggiunge con un movimento che potremmo definire discendente, da Dio a noi.

L’Eucaristia, però, suscita anche il nostro desiderio. Il suo corpo, infatti, è vero “cibo”, dice la Gesù, e vera “bevanda” (Gv 6,55), ovvero qualcosa che si desidera. E non si desidera solo accogliere questo Dono, occorre restituirlo. Da una parte, è una visita che ci sorprende; dall’altra, un invito che ci raggiunge e ci interpella nel profondo, laddove trovano spazio i nostri desideri e le nostre paure, e mette la nostra fede in condizioni di rispondere: dire Amen, nella Messa, significa proprio portare alla luce il nostro desiderio e intraprendere un movimento che potremmo definire ascendente, da noi a Dio. Si, lo voglio! Eccomi!

Ma se possiamo dire questo Amen è perché prima della nostra fede, prima della nostra risposta, c’è la risposta di Gesù, c’è il Suo Amen al Padre. La nostra partecipazione alla Messa, il nostro Amen al Padre, è “in” quello di Gesù. L’Eucaristia è Presenza viva del Cristo. Gesù è presente oggi perché, nella pienezza del tempo (Gal 4,4), Gesù si è fatto Uomo; ed è presente in modo eucaristico perché si è offerto, è morto e risorto per noi. E’ la Pasqua del Signore!

Assieme alla fede di Gesù, a precederci c’è anche la fede di Maria: la sua «fede eucaristica», scriveva Giovanni Paolo II, è stata da lei esercitata «prima che l’Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l’incarnazione del verbo di Dio». Questo le consentì di concepire «il Figlio divino nella verità fisica del corpo e del sangue», quasi «anticipando» ciò che accade in chi riceve il Corpo e il Sangue di Cristo. Per questo «c’è un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore»[2].

Nei Cuori di Gesù e Maria, il desiderio diventa l’Amen che permette l’Incarnazione; così, il desiderio di Dio in noi diventa l’Amen che incarna la potenza della Messa nelle esperienze umane, nella vita degli uomini.

 

Eucaristia e relazione: Trinità e alterità

La Messa è relazione e scuola di relazioni.

Inizia con il segno della Croce, segno della Relazione per eccellenza che è la stessa essenza di Dio, la Trinità: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»; e subito, questa Relazione Eterna d’Amore si «comunica» a noi, anzitutto con la Parola.

Come ogni relazione, l’Eucaristia nasce dall’ascolto. Il primo tempo della Messa è la Liturgia della Parola; non introduzione facoltativa, ma parte integrante.

La Liturgia della Parola è già presenza di Cristo, perché Lui è la Parola stessa di Dio, il Verbo fatto Carne. Nelle pagine dell’Antico e Nuovo Testamento, che si leggono in modo più o meno completo nel corso di due anni, vediamo come Dio da subito intenda impostare una relazione con l’uomo, con ciascuno di noi. È la relazione chiamata Alleanza, che vede la luce nell’Antico Testamento ma trova pienezza in Gesù.

Dio si impegna in un patto d’amore fedele e irrevocabile con l’uomo, ma l’uomo lo tradirà a più riprese, perdendo il senso della propria vita. A questo amore tradito, Dio risponde con un Amore ancora più grande, inviando il Figlio a compiere l’opera della salvezza. Si potrebbe dire che la Storia della Salvezza, la stessa vita di Gesù, è un cammino verso la Pasqua; così, il cammino della nostra vita ha al centro la Messa, è sostanziato dall’Eucarestia. E la Messa è «memoriale»: non solo ricorda ma attualizza, rende presente quanto è accaduto con la Passione, la Morte e la Risurrezione del Signore.

L’ascolto della Parola, dunque, è relazione; narra e realizza la relazione di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio in un dialogo attivo nel quale lo Spirito è all’opera. Ed è proprio lo Spirito Santo a rendere possibile la nostra effettiva risposta alla Parola cosicché ci identifichiamo con ciò che abbiamo udito e mettiamo in pratica ciò che è stato proposto (cfr. Giac 1,22). Dunque l’ascolto della Parola ci apre alla relazione: raggiunge la persona nel suo intimo, nel suo oggi, e la provoca ad uscire da se stessa. Svela, per così dire, la natura relazionale dell’essere umano. La Parola ascoltata, pregata, interiorizzata, anche con l’aiuto del Salmo responsoriale, ritorna nella preghiera dei fedeli, che è preghiera universale della Chiesa, e poi ci spinge all’azione, all’evangelizzazione, alla missione.

La Parola che parte dal Padre ci raggiunge attraverso lo Spirito Santo e sarà lo Spirito a trasformare la Parola in vita: «A noi, che ci nutriamo del Corpo e del sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diveniamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito», recita la Preghiera Eucaristica III. La Parola, dunque, costruisce comunione perché, attraverso la potenza dello Spirito, l’apertura al dialogo-incontro con Cristo ci “Cristifica”, ci rende partecipi della Pasqua del Signore facendoci morire a quello che san Paolo definisce “l’uomo vecchio” per rivestire “l’uomo nuovo”, cioè il Cristo Risorto che in ciascuno di noi realizza il piano di Dio (cfr. Ef 4, 22-23). Dalla Relazione che Dio Trinità è in Se Stesso, attraverso la relazione che Egli stabilisce con noi, ecco che l’Eucaristia diventa il Sacramento dell’unità; edifica la Chiesa, la quale «è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»[3]; genera, nutre, guarisce le nostre relazioni umane e crea comunione. Si comprende, come la “Liturgia della Parola” e la “Liturgia Eucaristica” sono strettamente congiunte tra loro da formare un unico atto di culto. Infatti, nella Messa, viene imbandita tanto la Mensa della Parola di Dio quanto la Mensa del Corpo di Cristo. Possiamo, addirittura, parlare dell’unica Mensa della Parola e dell’Eucarestia (OGMR 28).

 

Sacrificio e comunione: per una riscoperta dell’amore e del dolore

La Messa è paradigma dell’amore di comunione, è paradigma di ogni amore. È amore «fino alla fine» e insegna che non c’è vero amore se non «fino alla fine». Si tratta di un importante messaggio culturale e educativo, specie ai nostri giorni. Un messaggio per l’amore degli sposi, dei consacrati, per l’amore dentro le comunità… perché l’Eucaristia è vero Amore sponsale, con cui Dio si dona a noi.

Nella seconda parte della Messa, in particolare, questa modalità di amore si concretizza in una duplice dinamica: il sacrificio e il banchetto. «La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della Croce e il sacro banchetto della comunione al corpo e al sangue del Signore»[4], leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica. «Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio»[5].

È bello riscoprire la dinamica del sacrificio: esso significa che tutto di Gesù viene offerto al Padre per la salvezza del mondo; esso esprime la totalità e l’obbedienza a un progetto d’amore. L’amore è un progetto, ha delle leggi a cui obbedire, sembra dire Gesù obbedendo al Padre. L’amore non può escludere il Padre, fonte di ogni amore; e ciò che si offre a Lui viene reso sacro: ecco il sacrificio.

Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, «è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente»[6] sotto l’apparenza del pane e del vino. Il pane e il vino sono trasformati in una nuova realtà per esprimere l’amore di Gesù Cristo: «Quando il calice mescolato e il pane che è stato preparato ricevono la Parola di Dio diventano Eucaristia, cioè il sangue e il corpo di Cristo, con i quali si irrobustisce e si consolida la sostanza della nostra carne»[7].

La stessa cosa accade a noi: per Cristo, con Cristo e in Cristo, nel Suo Sacrificio che ci salva, nella sua offerta al Padre, anche noi ci possiamo offrire ed essere trasformati. È l’offerta del quotidiano, della fatica, della gioia, della croce. E così, che tutto di noi, anche ciò che è croce e morte, è reso sacro, è trasformato in Risurrezione e Vita.

L’Eucaristia ci insegna come l’amore porti sempre alla vita e sia sempre amore per la vita, ogni vita; sia spinta a portare a tutti il Vangelo della Vita. Laddove, come ai nostri giorni, la vita umana è disprezzata, laddove il dolore e la morte sembrano avere l’ultima parola, nella Vita si rivela la vera potenza Eucaristica.

L’Eucaristia è anche banchetto in cui Gesù, dopo aver lavato i piedi agli apostoli, arriva a dare Se stesso da mangiare, in una mensa condivisa con tutti, anche con chi lo tradirà; l’Eucaristia non è premio per i perfetti, ricorda spesso Papa Francesco, ma forza per i deboli.

L’immagine del banchetto è davvero eloquente.

Il banchetto va consumato insieme, nella carità; dall’Eucaristia scaturisce la logica della condivisione, della giustizia sociale, della cura del «bene comune» che affratella ricchi e poveri, popoli e nazioni…

Il banchetto è fame. Tutti sperimentiamo la fame. E aver fame, aver desiderio dell’Eucaristia, significa anche riconoscere la nostra debolezza, il bisogno di perdono; in questo si vede il legame tra la Messa e il Sacramento della Riconciliazione.

Il banchetto è intimità: si diventa ciò che si mangia, si assume in sé la verità di Cristo. Una verità che non è teoria o moralismo ma luce che aiuta a riconciliarsi con il Padre, grazie alla forza salvifica della grazia.

Infine, il banchetto è gioia; e la gioia eucaristica è intimità e condivisione, è verità e carità. È comunione con il Corpo di Cristo dato per noi, che tutti possiamo mangiare, e con il Suo Sangue versato, che tutti ci guarisce, perché possiamo dare anche noi la vita per gli altri. Come non pensare al sangue dei martiri le cui reliquie, tradizionalmente, vengono poste nell’altare dove si celebra il sacrificio eucaristico?

Il sacrificio, l’offerta totale di sé è il contenuto dell’amore, della comunione. E la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo ci trasforma, rendendoci capaci di comunione. “E noi tutti… veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18), ci ricorda S. Paolo.

Come ci ricorda S. Agostino: «Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: “Amen” e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: “Il Corpo di Cristo”, e tu rispondi: “Amen”. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo “Amen”»[8].

 

L’Eucaristia nell’ora presente

Con la forza dello Spirito Santo, questa comunione ci proietta a uscire da noi stessi, ci manda nel mondo, come fa la Parola. Ci mette dentro l’urgenza della carità. «Basti pensare all’urgenza di lavorare per la pace, di porre nei rapporti tra i popoli solide premesse di giustizia e di solidarietà, di difendere la vita umana dal concepimento fino al suo naturale termine»[9], scrive Giovanni Paolo II.

Accanto alla sfida del disprezzo della vita, oggi viviamo più drammaticamente l’esperienza della fragilità della vita, manifestata con forza nella pandemia da Covid 19.

Proprio nel tempo del più duro lockdown, se ricordiamo, le Celebrazioni Eucaristiche sono state impossibili. Come dimenticare, ad esempio, la Pasqua in cui tante persone al mondo non hanno potuto partecipare alla Messa e ricevere la comunione? Un “vuoto eucaristico”, certamente, ma accompagnato dalla certezza che la Messa si continuava a celebrare; e che, in ogni Messa che ogni sacerdote celebrava, tutto il popolo era presente, era portato all’altare.

Oggi, mentre la pandemia sembra rallentare, riemerge anche nella nostra Europa il dramma della guerra, accanto alle tante guerre dimenticate che hanno continuato a insanguinare il pianeta. Ma anche nella guerra l’Eucaristia continua ad essere celebrata.

Nella Chiesa che il Signore mi ha chiamato a guidare, l’Ordinariato Militare, il ministero dei cappellani militari porta l’Eucaristia nei luoghi più lontani, dimenticati, nei luoghi della guerra… E se pensiamo alle due Guerre Mondiali, vediamo come la storia racconti di tante Messe celebrate dai cappellani con i soldati, sugli altari da campo, affidando a Gesù la vita di tutti, perché la comunione con Lui trasformasse il nemico in fratello, l’odio in amore, la guerra in pace.

Nella pandemia come nella guerra, suona tanto vera una  bellissima espressione di San Giovanni Paolo II: la Messa è celebrata «sempre sull’altare del mondo»[10]. E suonano vere le parole di Benedetto XV, che definiscono l’Eucaristia «l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione», egli spiega. E conclude: «Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. Tutti gli altri cambiamenti rimangono superficiali e non salvano. Per questo parliamo di redenzione»[11].

Dunque, la Messa celebrata in qualunque altare è efficace per tutto il mondo e può cambiare il mondo! Unendo noi stessi e il mondo intorno a noi al sacrificio di Cristo contribuiamo a ciò che Teilhard de Chardin chiamava “amorizzazione” dell’universo.

 

Adorazione e bellezza: il simbolismo del corpo

Eppure, le nostre Messe sono sempre più disertate, vuote, seguite con distrazione e fretta. Cosa ci impedisce di percepirne la bellezza e il valore?

Mi colpisce quanto afferma Papa Francesco: osservando che non abbiamo più uno sguardo limpido come quello di San Francesco, che sapeva vedere nel sole e nel creato il segno di Dio, egli sostiene che «l’aver perso la capacità di comprendere il valore simbolico del corpo e di ogni creatura rende il linguaggio simbolico della Liturgia quasi inaccessibile all’uomo moderno»[12].

Non si può capire l’Eucaristia, Sacramento del Corpo di Cristo, se il corpo umano, o meglio l’uomo nella sua unità di corpo e spirito, perde di valore; se la creatura non rimanda più al Creatore, è impossibile pensare un Dio che sceglie la condizione di Uomo per raggiungerci con il Suo Amore. «Ma non dobbiamo disperare», esorta il Papa, perché questa verità «è sempre pronta a riemergere, come ogni verità»[13].

Per aiutare tale cammino, credo sia importante riscoprire il segno dell’Adorazione Eucaristica, che porta a vedere Dio nell’invisibile e restituisce bellezza alla creatura umana, a partire dall’umanità di Cristo.

È proprio l’Adorazione che mi unisce alla vostra Congregazione, care suore, che dentro la Chiesa dell’Ordinariato Militare per l’Italia avete la grande missione dell’Adorazione quotidiana per la pace.

L’Adorazione è una vera “scuola”; e bisogna osare di proporre l’Adorazione, soprattutto ai giovani. Il verbo «adorare», ricordava Benedetto XVI proprio durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia nel 2005, traduce il termine greco proskìnesis: «significa il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene». D’altra parte, «la parola latina per adorazione è ad-oratio – contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore»[14].

Dunque, adorare è essere educati al Mistero dell’Amore di quel Dio e per quel Dio che è totalmente “Altro”, ma totalmente vicino.

 

Educati alla Messa, educati dalla Messa: Eucaristia e sacerdozio

Accanto a questo occorre, però, un’adeguata formazione liturgica. Papa Francesco, nel Documento Desiderio Desideravi, ne sottolinea l’urgenza, pensando soprattutto ai seminari che – scrive – «oltre allo studio devono anche offrire la possibilità di sperimentare una celebrazione non solo esemplare dal punto di vista rituale, ma autentica, vitale, che permetta di vivere quella vera comunione con Dio alla quale anche il sapere teologico deve tendere»[15].

Nel mio passato ministero di Rettore di Seminario, ho sempre considerato vitale la Celebrazione Eucaristica, soprattutto l’Eucaristia domenicale, centro della vita di ogni comunità cristiana. Se un sacerdote è formato a presiedere adeguatamente la Celebrazione, saprà a sua volta formare i fedeli al valore della Messa. Ed è bellissimo considerare come nella stessa Messa il sacerdote continui ad essere «formato alla presidenza dalle parole e dai gesti che la liturgia mette sulle sue labbra e nelle sue mani», che lo educano all’umiltà di rappresentare Cristo, di chiedere perdono, di pregare a nome dell’assemblea, di offrire il proprio corpo assieme al Corpo del Signore…[16] In una parola, di custodire la «viva coscienza di essere, per misericordia, una particolare presenza del Risorto»[17]. Riscoprire il valore del celebrare può essere oggi, anche dinanzi ad alcune “crisi”, la via per riscoprire la bellezza e la santità del sacerdozio.

 

Non avere paura: Dio resterà sempre con te e in te

Cari amici, tanto altro si potrebbe dell’Eucaristia, Mistero che mai finisce di stupire.

Ed è con queste due parole che desidero concludere: eternità e stupore.

La Messa entra nell’oggi e lo inonda con la Sua Grazia, perché è «memoriale»; si snoda nell’Anno Liturgico, con i tempi propri, e trova il suo centro nella domenica, Pasqua della settimana. Senza l’Eucaristia, senza la domenica, non possiamo vivere!

La domenica è il giorno del Signore, il giorno in cui riposare per Lui, il giorno in cui ricordare e contemplare le opere di Dio, il giorno in cui benedirLo e ringraziarLo, perché Eucaristia significa rendimento di grazie. Ma è anche il giorno che richiama il giorno senza tramonto, il Mistero dell’eternità. L’Eucaristia ha un valore escatologico, ci dice che siamo fatti per l’eternità e ci aiuta a scoprire l’eterna Presenza del Dio con noi e in noi.

Fratello, sorella, non aver paura, sii nella gioia: nell’Eucaristia, Dio è e resterà sempre con te e in te!

I Santi hanno vissuto questa gioia, ce la insegnano e ce la comunicano. Nella comunione eucaristica, Cielo e terra sono in unità, e sono presenti i nostri Santi, i nostri cari che già vivono in Dio. Quale stupore!

Così, se all’origine dell’Eucaristia c’è il desiderio di Dio, alla fine c’è lo stupore eucaristico. È lo stupore di chi si sente piccolo dinanzi al Mistero, ma riempito della sua inesprimibile gioia, che vince ogni paura ed è  sintesi di tutte le beatitudini, di tutte le benedizioni.

Ogni Messa si chiude così: con la benedizione. In ogni Messa Dio ci benedice perché, benedetti, possiamo diventare strumenti di benedizione per altri; trasformati dalla comunione con Lui, possiamo trasformare eucaristicamente il mondo, portandovi la potenza salvifica della Santa Messa: l’Amore!

«Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15); «anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv 13,14).

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,12-13).

Questo Congresso può essere l’occasione per lasciarci nuovamente catturare da questo dono d’amore, l’Eucarestia, e per lasciare che in nostri cuori battano all’unisono con Colui che ci ha chiesto di essere perfetti nella carità e santi (cfr. 1Tes 4,3).

 

Santo Marcianò

Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

 

[1] Francesco, Lettera Apostolica Desiderio Desideravi, 2

[2] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 55

[3] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Lumen Gentium, 1

[4]Catechismo della Chiesa Cattolica, 1382

[5] Ivi, 1367

[6] Paolo VI, Mysterium Fidei (MF), 46. Cfr DH, 1636

[7] Ireneo di Lione, Adversu Haereses V, 2, 3; SCh 153 p. 34

[8] S. Agostino, Discorsi, 272; NBA XXXII/2

[9] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 20

[10] Ivi, 8

[11] Benedetto XVI, Omelia nella Messa per la Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia, 21 agosto 2005

[12] Francesco, Lettera Apostolica Desiderio Desideravi, 44

[13] Ibidem

[14] Benedetto XVI, Omelia nella Messa per la Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia,. 21 agosto 2005

[15] Francesco, Esortazione Apostolica Desiderio Desideravi, 39

[16] Ivi, 60

[17] Ivi, 57