Omelia ai Vespri Pontificali nella Solennità di San Francesco

04-10-2022

Assisi. Basilica S. Francesco, 4 ottobre 2022

 

Carissimi, in questo Vespro Solenne, al centro c’è la Croce. Con le espressioni di San Paolo, essa inquadra la vita di San Francesco, la scolpisce, rivelandone il vero volto.

Oggi, assieme a tanti fedeli, sono presenti in questa Basilica donne e uomini che, nella pandemia da Covid 19, hanno saputo accostare con coraggio la croce che la nostra gente si è trovata a dover abbracciare. Una croce che tutti ci ha accomunati nell’isolamento, nella paura, nel cambio totale delle abitudini di vita; che, per molti, ha significato il dolore della malattia, della morte, della perdita delle persone care; che, in alcuni luoghi, ha cancellato intere generazioni di anziani, memoria di una storia di cui resta il vuoto. Voi avete abbracciato questa croce e oggi, come offerta, essa viene portata ai piedi di San Francesco: un gesto di gratitudine, inserito nella gratitudine di tutta l’Italia; un gesto di memoria, perché quanto è accaduto – e quanto voi avete operato – ci esorti a custodire quel “senso” che, forse senza rendervene conto, avete dato alla croce e il cui linguaggio impariamo da Francesco.

 

«Io ritenni di non sapere altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso», canta la prima antifona del Vespro.

La croce è oggetto del «sapere» di Francesco. Egli incontrò e ascoltò Gesù Crocifisso a San Damiano, facendogli spazio con la ragione, la mente, il cuore… con l’intimità della sua vita, che ne fu totalmente trasformata. Conoscere, nella Bibbia, equivale ad amare con totalità, possedere e lasciarsi possedere, scegliere a cosa o a chi consegnare la propria vita.

Nel buio dell’emergenza pandemica, voi avete saputo “conoscere” i tanti crocifissi che la quotidianità drammatica vi poneva dinanzi, lasciando che essi trasformassero la vostra vita. Al loro servizio avete posto le competenze e i mezzi, assieme alla vostra umanità, dimenticando esigenze personali a vantaggio di una vita donata. La croce di un virus sconosciuto, del pericolo, non vi ha spaventato perché avete saputo vedervi impresso il volto delle persone e il volto di Cristo Crocifisso in loro.

 

«Divenni conforme a Cristo nella morte, per poter conoscere lui e la potenza della sua risurrezione», recita la seconda antifona.

La croce porta alla morte, ma non una morte qualsiasi, ci insegna San Francesco: la morte vissuta conformemente a Cristo, una morte come la Sua.

Il tempo del Covid è stato tempo di morte, anche per tanti di voi, contagiatisi per proteggere altri. Medici e operatori della sanità, come anche tanti militari. No, non è stata una morte qualsiasi: è una morte che grida risurrezione. Che ha già in sé stessa il germe di quella vita che non muore perché è vita offerta, fino alla fine, a servizio della preziosità unica e irripetibile di ogni vita umana, che vale il nostro servizio, il nostro impegno, il dono della nostra stessa esistenza.

Noi, tuttavia, non abbiamo imparato questa lezione che il Covid ci avrebbe dovuto lasciare; non abbiamo saputo accogliere la sfida di accogliere ogni vita, fin dal concepimento, e ad accompagnare ogni morte, fino al suo passaggio all’eternità; non abbiamo voluto capire che siamo tutti nella stessa barca, come spesso ripeteva Papa Francesco, e che il destino di ogni persona è legato all’altro, senza discriminazioni di lingua, popolo, razza, religione, ceto sociale…

 

«Il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore», prega la terza antifona.

È proprio la comunione, l’amore la luce eterna. E il momento della vita di Francesco in cui questa luce inizia a risplendere è, certamente, il suo abbraccio al lebbroso, a Gesù Crocifisso nel lebbroso; superando la repulsione naturale e la stessa paura del contagio, Francesco coglie il criterio dell’amore fraterno, che lo vedrà fondare comunità e accendere straordinarie luci di riconciliazione e pace anche in terre lontane.

La luce della lampada offerta stamattina a nome dell’Italia, è accesa anche con le piccole luci di speranza che voi avete acceso nella pandemia e in tutti il luoghi dove seminate protezione dei deboli e supporto umano.

Un messaggio luminoso per la nostra stessa Nazione, un esempio per le Istituzioni e le giovani generazioni. Infatti, come la stessa pandemia ci ha fatto toccare con mano, è dalla capacità di non fuggire indifferenti dinanzi alla “lebbra” di ogni malattia, povertà, migrazione, emarginazione… ma di abbracciare tali croci, che si misura il grado di civiltà di un popolo e la giustizia di chi è chiamato a governarlo e può rifulgere la luce di una convivenza giusta e pacifica.

 

Cari amici, troppe volte una tale luce non rifulge, lo vediamo con sofferenza anche nei nostri tempi sconvolti dai venti della guerra. E non rifulge perché «non abbiamo più lo sguardo di san Francesco che guardava il sole – che chiamava fratello perché così lo sentiva – lo vedeva bellu e radiante cum grande splendore, e, pieno di stupore, cantava: de te Altissimu, porta significazione», dice Papa Francesco; perché abbiamo «perso la capacità di comprendere il valore simbolico del corpo e di ogni creatura»[1], di capire che essa è riflesso della Luce eterna di Dio. Così perdiamo la capacità di amare, di costruire pace, di capire la Liturgia… di cogliere il senso della croce e della vita.

Ma noi siamo qui per consegnare e custodire questo “senso” che voi avete testimoniato con la carità. Un senso che vi ha segnati, quasi come le “stimmate”, ferite d’amore che San Paolo nella Lettura (Gal 6,14.17-18), definisce «vanto», e che San Francesco, come Cristo Crocifisso, ha portato nella carne. «Chi potrebbe spiegare o chi potrebbe capire come la sua unica gloria sia stata la croce del Signore? Solo lo può sapere chi, unico, ha avuto la grazia di provarlo», commenta Tommaso da Celano nella biografia; e aggiunge: «forse, proprio per questo, si è dovuto manifestare nella carne, perché sarebbe stato impossibile esprimerlo a parole»[2].

Sì, anche noi sappiamo come sia difficile esprimere a parole la portata della vostra preziosa missione nella pandemia. Per questo, affidiamo la nostra gratitudine alla silenziosa preghiera di questo Vespro, perché, unita alla preghiera di Francesco dinanzi al Volto del Crocifisso, raggiunga il Cuore di Dio, renda gloria a Lui e si riversi, come benedizione, su voi e sulle vostre famiglie, sull’Italia e sul mondo intero.

Santo Marcianò

Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

[1] Francesco, Lettera Apostolica Desiderio Desideravi, 44

[2] Tommaso da Celano, Vita prima, FF 477, 792