Omelia alla S. Messa in preparazione alla Pasqua

19-03-2024

Roma, Comando Generale della Guardia di Finanza, 19 marzo 2024

Nella tradizione, il futuro”! È questo il motto scelto per le celebrazioni del 250° Anniversario della Guardia di Finanza, che si aprirà ufficialmente domani ma che, in certo modo, vogliamo avviare con questa Celebrazione Eucaristica che ci prepara alla Pasqua del Signore.

Vorrei complimentarmi con voi perché quello di questo anniversario è un motto denso di significati, che riassume la vostra storia, non certamente in chiave nostalgica ma vedendo in essa una radice a cui ancorarsi per continuare il cammino. Una “tradizione”, come voi giustamente la definite; e la parola “tradizione” fonde meravigliosamente in sé la dimensione del passato e del futuro: tradere, infatti, significa custodire ma anche tramandare, consegnare, trasmettere; compiti tipici dei testimoni, degli educatori, dei maestri – quali voi siete – ma anche e soprattutto dei padri!

Celebriamo oggi la Festa di San Giuseppe, una delle più importanti per la Chiesa cattolica. Una figura di padre; un “cuore di padre”: lo ha definito così Papa Francesco dedicandogli, qualche anno fa, la bella Lettera Apostolica Patris Corde, dalla quale vorrei attingere alcune sfide da consegnare alla Guardia di Finanza e a coloro che servono il Paese nel delicato settore dell’economia:

  • L’accoglienza e la sfida della realtà
  • Il coraggio e la sfida della custodia
  • Il lavoro e la sfida della trasparenza

 

L’accoglienza e la sfida della realtà

Il Papa chiama San Giuseppe “padre nell’accoglienza”. E accogliere, prima di ogni altra cosa, significa aprirsi senza timore alla realtà, per quanto nuova e imprevista essa sia.  È quanto Giuseppe ha sperimentato difronte all’inattesa maternità di Maria, lo abbiamo ascoltato dal Vangelo (Mt 1,16.18-21.24a). E, come a lui, Dio «sembra ripetere anche a noi: “Non abbiate paura!” – scrive il Papa. Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste», nello spirito del «realismo cristiano, che non butta via nulla di ciò che esiste e nella certezza che «la realtà, nella sua misteriosa irriducibilità e complessità, è portatrice di un senso dell’esistenza con le sue luci e le sue ombre»[1].

La missione della Guardia di Finanza è stata sempre radicata nella realtà, inserita nella storia con le sue luci ed ombre, capace di offrire risposte in sintonia con i tempi, tanto per le competenze sempre nuove e raffinate, quanto per la capacità di affrontare compiti sempre nuovi.

Nati prima della stessa Unità d’Italia per portare avanti una missione di sorveglianza finanziaria sui confini che si univa ai compiti di difesa, oggi avete un ruolo di polizia in ambito economico e finanziario che non si ferma certamente al controllo dei confini di terra e di mare, ma si espande a un’ampia sorveglianza delle tante tipologie di illeciti, frodi, in ambito nazionale e internazionale, e include alcune attività di soccorso. Dalla sorveglianza dei confini, allo studio delle più complesse problematiche economiche, all’applicazione delle più raffinate tecniche di intelligenza artificiale… un lungo cammino, da continuare a percorrere con il cuore aperto al futuro.

Su questo cammino, oltre alle tante collaborazioni, si incrocia anche la realtà dei giovani che chiedono di entrare nel Corpo della Guardia di Finanza e ne frequentano le Scuole. Quella dell’educazione mi piace definirla come una sfida nella sfida, tanto più in un tempo in cui la corruzione trova ampio spazio per inserirsi tra le pieghe della società, spesso in modo subdolo, e rischia di infettare molti.

Ma accogliere significa anche questo: aprirsi agli altri, anzitutto coloro i quali si avvicinano e trovano una formazione che è anche stile di vita fatto di legalità, coerenza, integrità… uno stile di correttezza, “tradizione” da trasmettere, perché, dinanzi alla corruzione e all’illegalità dilagante, sia ponte verso un “futuro” migliore.

 

Il coraggio e la sfida della custodia

La nostra riflessione ci proietta così nella concretezza dell’accoglienza incondizionata dell’altro, degli altri. E, com’è peculiarità vostra e del mondo militare in genere, l’altro in questione è colui o colei che manifesta un bisogno, una necessità, una fragilità… che è da custodire.

San Giuseppe è custode. «Prendi con te il bambino e sua madre», gli chiede l’angelo da parte di Dio. E «questo Bambino è Colui che dirà: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)», sottolinea il Papa, ricordando che «ogni bisognoso, ogni povero, ogni sofferente, ogni moribondo, ogni forestiero, ogni carcerato, ogni malato sono “il Bambino” che Giuseppe continua a custodire»[2].

Penso alle fragilità custodite dall’opera della Guardia di Finanza e di coloro che, nel mondo politico e delle istituzioni, salvaguardano la giustizia economica e retributiva. Penso a come la vostra coerenza umana e cristiana sia indispensabile per proteggere le vittime di tanti abusi di potere, di ruolo, di uso inappropriato dei “social” e più in generale della rete internet.

La prima Lettura (2Sam 7,4-5a.12-14a.16) parla di un regno stabile, saldo, edificato da Dio grazie alla collaborazione del re Davide. Ecco: il vostro lavoro di custodia non rimane fermo alla protezione o alla difesa di alcune persone deboli, raggirate, calunniate, oppresse in vario modo dall’ingiustizia. La vostra è collaborazione a una società stabile, edificata sulla giustizia, chiamata a custodire la pace. Un’opera coraggiosa, specie quando tocchi interessi di pochi potenti o di persone senza scrupoli, ma la cui testimonianza è garanzia di futuro per le istituzioni, la società, l’intero il Paese.

Il coraggio della giustizia è presupposto della custodia della pace; un coraggio che, come quello di San Giuseppe, mi piace con il Papa chiamare «coraggio creativo»[3]. Sì, cari amici, io vedo in voi questo coraggio non relegato a un pacifismo vuoto o insignificante ma coraggiosamente impegnato a cercare di percorrere vie concrete e nuove, senza le quali nessuna giustizia e nessuna pace è possibile.

 

Il lavoro e la sfida della trasparenza

È la vostra missione, è il vostro impegno, è il vostro lavoro quotidiano; quel lavoro che, oltre a servire la società, ci fa crescere in umanità. «La persona che lavora, qualunque sia il suo compito, collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda» scrive ancora Papa Francesco, osservando come «la crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro» e come proprio «il lavoro di San Giuseppe ci ricorda che Dio stesso fatto uomo non ha disdegnato di lavorare»[4].

Sappiamo bene che la sfida del lavoro, oggi, tocca molti ambiti: la disoccupazione crescente, che interpella la politica e l’economia, come pure il grande tema della sicurezza e, non da ultimo, la questione della dignità. Perché nel lavoro non si può riversare solo il benessere economico delle persone, delle famiglie, del Paese, ma traspare il senso profondo della dignità umana.

La sfida del lavoro è pertanto la sfida della trasparenza. Penso al “no” chiaro e forte che voi ci aiutate a levare contro ogni forma di lavoro “nero” o sottopagato, come pure alla forma di esclusione sociale rappresentata dalla disoccupazione o dalla piaga del clientelismo.

Nel vostro servizio per un lavoro a tutti riconosciuto, giustamente retribuito, legalmente acquisito, ricordate come sia sempre presente il servizio alla persona umana, alla sua dignità, alla sua unicità irripetibile, il cui apporto è indispensabile al mondo del presente e del futuro.

 

Cari amici, vi dico grazie per la vostra missione che, con la Parola di Dio, voglio racchiudere in un augurio: «speranza»!

Abramo «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli», abbiamo ascoltato nella seconda Lettura (Rm 4,13.16-18.22). Che la vostra peculiare paternità, come quella di Abramo e quella di Giuseppe, sia il cuore della “tradizione” preziosa che apre a un “futuro” autentico per il nostro Paese, un futuro di speranza. Auguri!

Santo Marcianò

[1] Francesco, Lettera Apostolica Patris Corde, 4

[2] Ivi, 5

[3] Ibidem

[4] Ivi, 6