Omelia Granatieri di Sardegna in ricordo del Duca di San Pietro

16-02-2024

Carissimi, la Celebrazione odierna è diventata ormai una gioiosa consuetudine. Cogliendo l’antico invito del Duca di San Pietro il quale, come sappiamo, ha voluto espressamente che lo si ricordasse nell’Eucaristia, abbiamo l’occasione di un momento di incontro con il Signore e di comunione tra noi.

È una comunione che sentiamo tanto più necessaria quanto più, nel tempo che viviamo, l’orizzonte della storia sembra rabbuiarsi. Incontrarsi dona forza, permette di guardarsi negli occhi a chi, come voi, opera concretamente per la pace, offre la vita per la pace; così, facendo memoria di momenti più sereni, possiamo sperare nella pace.

Ma, dentro il nostro incontrarsi, l’incontro con Dio è ancora più necessario, più centrale: è il centro dell’Eucaristia. E, dentro l’Eucaristia, la memoria è memoria viva; una vera e propria attualizzazione, della pace più grande e assoluta, più vera che l’uomo possa sperimentare: la pace della Risurrezione.

La pace, in realtà, è dono di Dio. Vorremmo invocarla da Lui con le parole accorate del Salmista (Salmo 79 [80]): «Tu, pastore d’Israele, ascolta… Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci». Vorremmo supplicare la potenza di Dio e dobbiamo farlo. Ma non basta.

Il dono della pace, infatti, è affidato alla responsabilità e alla cura dell’uomo.

È il dono, è la “logica”, potremmo dire, che Dio ha infuso nella Creazione, creando il mondo e le creature – soprattutto l’uomo e la donna – per amore. In questo universo che si espande nello spazio e nel tempo, che include gli esseri umani di tutti i tempi e di tutti i luoghi, Dio ha posto un’armonia che può sussistere solo nel rispetto di quanto Egli ha creato e di come lo ha creato. Un’armonia che può essere distrutta solo dal quel peccato e da quel male che l’uomo può scegliere di compiere perché, paradossalmente, l’amore stesso di Dio lo lascia libero.

Ogni male, ogni peccato rompe l’armonia nel mondo, a vari livelli: l’armonia tra l’essere umano e l’ambiente, l’armonia tra l’essere umano e gli altri uomini, l’armonia tra l’essere umano e se stesso, l’armonia tra l’essere umano e Dio. E se alla parola “armonia” sostituiamo la parola “pace” comprendiamo quanto ampio sia questo concetto, quante ne siano le sfumature, e quanto sia importante costruirlo in tutte le esperienze e relazioni umane.

Il tempo di Quaresima, che abbiamo da poco iniziato, vuole aiutarci a compiere un cammino di pace che inizi dalla cosiddetta “conversione” del cuore, ovvero dal riconoscere, nella preghiera e nel rapporto con il Signore, tutte le nostre “dis-armonie”, per rendere il mondo più armonico, dunque effettivamente pacifico.

La pace deve esser costruita e custodita, promossa e difesa. Lo sapete bene voi, cari Granatieri di Sardegna che, come tutti i militari, svolgete un’opera a difesa e a custodia della pace nel suo senso più ampio.

Penso alla storia antica, che vi ha visto impegnati in tante guerre e in tanti servizi svolti nei confronti del nostro Paese. Servizi che continuano, arricchendosi ormai di una vostra presenza in molte Missioni estere di sostegno alla Pace.

In Italia e nel mondo, in passato come ai nostri giorni, i Granatieri di Sardegna hanno trovato e trovano la via per realizzare la loro vocazione, conservando un’identità forte di tradizione ma aperta al nuovo.

Senza di questo, carissimi, il servizio alla pace non sarebbe autentico, rimarrebbe staccato dalla realtà.

L’opera di pace è invece un’opera concreta ma è anche profetica. Non è solo azione ma testimonianza, insegnamento. Essa porta, infatti, all’affermazione del diritto, della giustizia, della legalità, come pure alla promozione della dignità umana, alla lotta contro ogni forma di povertà e discriminazione, abuso e violenza.

Una profezia che ha un prezzo, lo ricorda Gesù nel Vangelo (Mt 17,10-13), spiegando quanto spesso gli operatori di pace non siano compresi. Il popolo, Egli dice, non sempre riconosce i veri profeti; fa riferimento al profeta Elia, come pure a Giovanni Battista, il quale era stato un grande difensore della pace e della verità, non temendo di inimicarsi l’uomo più potente del tempo, cioè Erode. E fa riferimento a Se stesso, affermando che «il Figlio dell’uomo dovrà soffrire a causa loro»; a causa, cioè, di coloro per i quali Egli sta donando la vita.

Sì, la pace ha un prezzo, come dimostra anche la vostra preziosa storia, costellata di eroi e di santi: proprio in questi giorni, lo possiamo dire con particolare orgoglio e commozione!

Da poche settimane, come sapete, è stato dichiarato venerabile un vostro “collega”, particolarmente amato dai Granatieri di Sardegna: padre Gianfranco Chiti. Una vita di dedizione, che oggi ha valore di profezia.

Egli fu un valoroso ufficiale dell’Esercito, tanto da meritare la medaglia al valor militare a 21 anni per la campagna di Russia; si spese particolarmente, affrontando grandi rischi, per salvare partigiani ed ebrei, nel tempo delle persecuzioni razziali in Italia. Dopo la guerra divenne generale di brigata dei Granatieri di Sardegna e rivestì incarichi di primo piano nelle scuole militari e in Alti comandi fra cui lo Stato maggiore dell’esercito, serbando sempre in cuore un grande amore per il Signore, che traduceva in apostolato tra i militari. E il suo donare la vita arrivò fino in fondo, fino al dono totale di sé a Dio. La chiamata a diventare frate cappuccino trovò in lui un animo sensibile, ma di certo affinato dal dolore delle atrocità viste in guerra e dall’amore con cui lottò per la pace, disposto a dare la vita, come fate voi.

Ecco la santità: dare la vita per amore! Ecco la testimonianza della santità. Ecco la gioia della santità. Ecco la pace della santità.

Guardando le immagini di padre Chiti, sembra di incontrare un uomo di pace, un uomo pacificato.

Sì, cari amici. Per sconfiggere la logica del male, che è alla radice di violenze, ingiustizie, stragi e guerre, abbiamo bisogno non di pace teorica ma di uomini e donne di pace. Uomini e donne disposti a costruire la pace pazientemente, imparando a guardare dentro di sé per convertire il proprio cuore; a guardare verso l’altro per tentare sempre nuove vie di dialogo, perdono, riconciliazione; a guardare verso l’Alto, per imparare la preghiera e cercare l’incontro con il Dio della pace: il Dio che dona la pace e ci trasforma sempre più in operatori di pace.

Padre Chiti lo ha fatto. Con voi rendo grazie al Signore per lui, nella certezza che anch’egli renderà grazie al Signore per ciascuno di voi.

Sia lui a intercedere per i “suoi” Granatieri di Sardegna, offrendo la forza del suo esempio, la luce della sua testimonianza, il profumo della sua santità, che può contagiare il mondo di amore, giustizia e pace. E così sia!

Santo Marcianò