Carissimi confratelli sacerdoti, cari fratelli e sorelle,
«la Chiesa si è fermata, come si sono fermati gli Apostoli dopo il Venerdì Santo, quel Sabato Santo, chiusi, ma quelli per paura, noi no. Ma è ferma. È una pausa di tutta la Chiesa, in ascolto»[1].
È quanto ha affermato Papa Francesco – lo ricordavo ieri – aprendo l’Assemblea del Sinodo dei Vescovi attualmente in corso. E anche noi ci siamo fermati, come facciamo ogni anno nel Corso di Formazione, per un «ascolto» più profondo, più calmo, più comunitario. Un ascolto che ci aiuti anche ad entrare nella Fase Sapienziale del Sinodo, il cui discernimento richiede davvero l’ascolto.
Ogni cammino di fede, di santità, nasce dall’ascolto del Signore e della Sua Parola. Lo è stato il cammino di San Francesco, e la Porziuncola ce ne offre un ricordo eloquente; lo è stato il cammino di Santa Margherita Maria Alacoque, la cui memoria celebriamo oggi, che ha saputo ascoltare, quasi “auscultare” il Cuore di Gesù; lo è stato il cammino di San Giovanni XXIII, nel quale l’ascolto della Parola del Signore si è tradotto in una straordinaria capacità di ascoltare le istanze del mondo e il cuore di ogni persona.
Dunque: l’ascolto della Parola e il discernimento nello Spirito Santo. Per questo ci si ferma; e ci si ferma, come durante ogni cammino: per verificare la strada e puntare più decisamente verso la meta (l’ascolto della Parola), per riposare e riprendere fiato (il “soffio” dello Spirito).
Per questo noi, in questi giorni, ci fermiamo. Ci fermiamo assieme!
Assieme come Chiesa, come presbiterio, come cappellani militari. La figura del cappellano militare, lo ricordavo ieri, è stata per noi oggetto del cosiddetto “Quarto cantiere” del Sinodo: nelle Celebrazioni di questi giorni, vorrei ritornarci brevemente. E il primo passo che vi propongo è il passaggio dall’ascolto allo sguardo, al mio sguardo di prete.
Lo sguardo!
L’Icona scelta per la Fase Sapienziale del Sinodo è quella dei Discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-53). «Emmaus è una sorta di Celebrazione eucaristica itinerante – leggiamo nel Documento della CEI -, che aiuta a comprendere le dinamiche del camminare insieme: dall’isolamento alla comunione, fino alla scoperta della verità di sé. Siamo noi quei discepoli – uno dei quali è appositamente anonimo perché ciascuno si metta al suo posto – e siamo in cammino»[2].
Come per i due di Emmaus, il nostro cammino, a volte, ci trova delusi, stanchi, segnati dall’esperienza del fallimento, del dolore, della morte. E il cammino di questi giorni ci trova ancor più sconvolti da una guerra inattesa e crudele. Gli occhi di tanti nostri fratelli e sorelle stanno vedendo scene di bambini trucidati e decapitati, di famiglie rastrellate nelle proprie case, di violenze indicibili, di bombardamenti… scene di guerra, che speravamo dimenticate; mentre, tra l’altro, oggi ricordiamo il tragico evento del rastrellamento degli Ebrei di Roma, il 16 ottobre di 80 anni fa. Sentiamo profondo dolore per le tante vittime e preoccupazione per la situazione, anche per i nostri militari più vicini ai luoghi di conflitto: e ieri, come sappiamo, un razzo è caduto sulla nostra Base Unifil in Libano.
Lo sguardo è impaurito, gli occhi sono pieni di lacrime; e, dinanzi a tutto questo orrore, potremmo vivere anche noi l’incapacità di vedere Gesù che ci cammina accanto.
Ecco, la Fase Sapienziale del Sinodo ci raggiunge in questo momento. Raggiunge ciascuno di noi personalmente, il nostro ministero di cappellani militari, i militari affidati alla nostra cura pastorale… raggiunge i lavori di questo nostro Convegno, nel quale parliamo di pace, invochiamo la pace; e siamo sfidati a cercare un altro sguardo, per vedere, in tempo di guerra, i semi di pace, nascosti ma dotati di una straordinaria potenza di vita, come ogni seme.
Come vedere tutto questo? Come vedere Gesù che ci cammina accanto? È la domanda che anche la gente ci fa e si fa, quando il buio che ci avvolge sembra renderci ciechi… Dunque: qual è lo “sguardo”, il mio sguardo di sacerdote, di cappellano militare?
Per entrare in quello che potremmo chiamare “sguardo sapienziale”, occorre, come ha detto il Papa nell’Omelia per la Messa di inizio dell’Assemblea Sinodale, superare lo «sguardo immanente». È un’espressione che trovo molto chiara e consolante.
Lo sguardo immanente, infatti, fa leggere la realtà con i parametri del visibile e misurabile, induce a trovare soluzioni solo sul piano organizzativo, sociale, politico… siano esse soluzioni per la città degli uomini o per la comunità ecclesiale.
Ecco la prima sfida che, da preti, dobbiamo raccogliere: superare lo sguardo immanente, il che non significa non saper leggere la realtà ma sapervi poggiare lo sguardo stesso di Gesù.
Gesù, infatti – aggiunge Papa Francesco – proprio «nel momento della desolazione ha uno sguardo capace di vedere oltre: loda la sapienza del Padre e riesce a scorgere il bene nascosto che cresce, il seme della Parola accolto dai semplici, la luce del Regno di Dio che si fa strada anche nella notte»: la sapienza necessaria al Sinodo, così come la possibilità di intravedere la pace, parte dal «camminare insieme con lo sguardo di Gesù, che benedice il Padre e accoglie quanti sono affaticati e oppressi»[3].
Gesù cammina accanto se noi camminiamo accanto. Se sappiamo benedire e accogliere il dono dell’altro; un dono che, potremmo dire con la Pacem in Terris (n.1) porta con sé l’«anelito alla pace». Giovanni XXIII – ieri ci è stato ricordato – iniziò proprio in guerra a veder germogliare il desiderio di pace, nel proprio cuore ma nel cuore di coloro che della guerra erano vittime o che la guerra dovevano combattere, come i militari. Già da allora, egli seppe vedere oltre.
Credo che a noi, cappellani militari, occorra superare la tentazione di uno «sguardo immanente» e ritrovare questo sguardo capace di scorgere il «bene nascosto», seminato nel cuore dei semplici; di scorgere «l’anelito di pace» nascosto nel profondo di ogni cuore umano e nel cuore dei nostri militari; e aiutarlo a crescere.
Cari amici, ci siamo fermati per ritrovare insieme questo «sguardo». E si tratta di uno sguardo che i discepoli di Emmaus, preparati da un’esperienza di ascolto, acquisiscono «nello spezzare il pane».
Il nostro sguardo di cappellani militari sgorga da qui, dall’Eucaristia, che è per noi anche realtà sulla quale, in questi giorni, operare un autoesame, una verifica, nel contesto di una sempre rinnovata chiamata alla conversione… come celebro l’Eucaristia?
È bello pensare, sulla scia dei due di Emmaus, che l’Eucaristia – e l’Adorazione Eucaristica – è il “luogo” ove i nostri occhi diventano capaci di conoscere e riconoscere il Signore in modo sempre nuovo. Perché Dio è novità. Lo Spirito è novità. E se anche le aspettative, come per i due di Emmaus, sono deluse, «lo Spirito Santo spesso le frantuma», dice il Papa, «per creare qualcosa di nuovo, che supera le nostre previsioni e le nostre negatività»[4].
Non indugiamo dunque sulle negatività, specie in questi giorni. O, se dobbiamo prenderle in esame, facciamolo sempre tesi a cercare in esse il seme di Dio, i germi di novità. Anche i germi di pace!
È questa la sapienza del discernimento sinodale, che ci attende: nell’ascolto, nella condivisione, nella lettura della realtà, nel discernimento comune. È questa la sapienza che chiediamo in questa Eucaristia: la sapienza del cuore e dello sguardo.
Come abbiamo cantato nel Salmo (Salmo 97), «il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia».
Possa rivelarla anche ai nostri occhi, donandoci il Suo sguardo. E così sia!
Santo Marcianò
[1] Francesco, Discorso per l’apertura della XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi, 4 ottobre 2023
[2] Conferenza Episcopale Italiana, Si avvicinò e camminava con loro. Linee Guida per la Fase Sapienziale del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia, 2023
[3] Francesco, Omelia per la Messa di apertura della XVI Assemblea Sinodale, Piazza San Pietro 4 ottobre 2023
[4] Francesco, Omelia per la Messa di apertura della XVI Assemblea Sinodale, Piazza San Pietro 4 ottobre 2023