Omelia in occasione della Celebrazione in onore di San Camillo de Lellis, Patrono della Sanità Militare

08-07-2023

Roma, Chiesa della Maddalena 8 luglio 2023

 

«Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie».

Il versetto alleluiatico, che riecheggia le parole del profeta Isaia nella prima Lettura (Is 53, 1-5. 10-11), riprese poi dal Vangelo di Matteo (Mt 8,14-17), offrono la chiave per comprendere e contemplare quanto la Parola di Dio vuole dirci in questa Celebrazione Eucaristia.

«Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori». Sono parole che, nell’immagine del Servo Sofferente, si riferiscono profeticamente a Gesù e possono altresì descrivere il cuore della vocazione di Camillo de’ Lellis: un militare, dapprima giovane dissoluto, poi più volte malato, infine convertito e chiamato a mettersi a servizio dei malati e sofferenti; parole che indicano la via di un servizio al malato davvero concreto e completo, alla Sanità Militare e a tutti noi.

Se c’è, infatti, una necessità sperimentata come urgente dalla persona del sofferente, è che qualcuno si «faccia carico» di lei, la prenda in carico. E ciò significa prendere su di sé il carico, il peso dell’altro e della sua sofferenza.

È l’unica risposta al dolore umano, quello dei grandi e dei piccoli, degli innocenti e di coloro i quali, al contrario, sono artefici della propria e altrui sofferenza… L’unica risposta, che la nostra Celebrazione ci invita a sintetizzare nell’immagine dell’olio, simbologia densa di significati nella tradizione biblica.

 

L’olio della guarigione e della consolazione

Il Vangelo narra una storia di guarigione; ed è quanto vorrebbero ottenere i malati e coloro che stanno loro accanto: il medico, l’operatore sanitario in genere, ma certo anche chi presti assistenza per motivi familiari, fraterni, apostolici…

L’uomo, nella storia, ha sempre cercato di guarire, di vincere le malattie, di trovare un rimedio. È bellissimo, se ci pensiamo! È quella capacità umana e – direi – sovrumana di non arrendersi dinanzi a qualcosa che ci sovrasta, ci butta nell’angoscia, ci paralizza, ci impedisce di portare avanti il lavoro o le relazioni interpersonali. Nel Vangelo questa sfumatura viene sottolineata: chi è malato è la suocera di Pietro, è proprio colei che avrebbe dovuto accogliere in casa un personaggio importante come Gesù, assieme ai suoi discepoli. Il disagio è grande! E non solo per il servizio in sé, ma perché quando manca il ministero della padrona di casa tutte le altre relazioni diventano complesse. Il primo pensiero della donna, appena guarita, sarà infatti esercitare tale ministero mettendosi a servire.

La malattia è un limite, dunque; ma Gesù mostra come essa serva a ribaltare le situazioni. Per Lui ogni persona, anche la padrona di casa in questione, non è da guardare come elargitrice di servizi, ma anzitutto come oggetto di cura, di amore. La cosa fondamentale è l’altro e la relazione con lui; e lo stesso tempo della malattia può e deve essere occasione per rafforzare le relazioni, avviare nuove relazioni, approfondire i legami, nella comune ricerca di senso.

Quante volte la nostra esperienza lo dimostra, se abbiamo il coraggio di vivere fino in fondo l’ora del dolore!

Quante volte è proprio la sofferenza a far venire fuori il bello tanto della persona del sofferente quanto di chi lo cura: la sua fede, la sua speranza, il suo amore!

Ed è anche qui il senso della Celebrazione di oggi: grazie all’amore per i sofferenti, siamo chiamati ad accendere fiaccole di carità in ogni luogo in cui ci troviamo. Perché niente e nessuno è risparmiato dalla sofferenza; e la santità, come San Camillo ha mostrato, sta nell’accorgersi di questo mistero e abbracciarlo, nella propria e altrui vita.

Direi che sta qui anche il senso profondo della consolazione.

La consolazione è uno stato d’animo che si può sperimentare proprio nella desolazione, nell’angoscia nella fatica, nello scoraggiamento… nel dolore. È una dolcezza inspiegabile, che mai avresti pensato di vivere in situazioni che fanno paura; è, da una parte, nuova capacità di sopportazione; dall’altra, la percezione di cogliere un senso in quanto si vive, pur nella pesantezza. In definitiva, è come se la pesantezza fosse, per così dire, diminuita; e questo perché qualcuno si fa carico della nostra sofferenza. La consolazione, dunque, include un “tu”, un altro, che prenda il dolore su di sé.

 

L’olio della fraternità e della preghiera

Ecco, allora, che ritorna l’immagine della prima Lettura: il cosiddetto “Servo Sofferente”, una figura intravista profeticamente da Isaia. Una figura paradossale, potremmo dire: un uomo senza nome, ma non anonimo; un volto brutto, sfigurato, ma straordinariamente attraente.

È l’immagine di Gesù Cristo; meglio, è l’immagine dell’Uomo Crocifisso.

È senza nome, dicevamo, ma non anonimo. È vero; quando si perdono i contorni del volto, per certi versi si perde il nome, ovvero si diventa irriconoscibili. Eppure proprio in quel volto senza nome, ma che conserva tutta la dignità dell’umano, si può specchiare ogni persona sfigurata dal dolore fisico, psichico, spirituale; ella, pur irriconoscibile, rimane se stessa, unica e irripetibile agli occhi di Dio e di chiunque la ami.

Che bello leggere questo messaggio nel Crocifisso che contraddistingue la spiritualità camilliana! Una croce senza volto, su cui ogni volto umano può adagiarsi, posarsi, specchiarsi, certo di trovare la fraternità, di cui peraltro l’olio è simbolo.

Nel Salmo 133, infatti, si canta la peculiare bellezza soave dello stare insieme tra fratelli: è “come olio profumato”, dice il testo. Una bellezza che non si vede, dunque, ma che profuma. E il profumo attrae.

È dunque la fraternità la forza di attrazione esercitata dal Volto sfigurato, disprezzato e reietto di cui parla Isaia. È la percezione, che può essere improvvisa o piuttosto può maturare lentamente, di vedere nel sofferente il volto del fratello, dell’amico, del Signore Gesù. E non si tratta di un sentimentalismo di facciata ma di una convinzione profonda, che finisce per muovere scelte personali, sociali, giuridiche, politiche… che definisce il grado di umanità di una famiglia, di una società, di un Paese.

Pur se sfigurato dalla malattia, dalla condizione di anzianità, dalla debolezza della povertà, l’essere umano rimane fratello o sorella, figlia o figlio, padre o madre, sposa o sposo… rimane una vita degna di essere vissuta e degna di ricevere ogni cura e attenzione. Rimane una persona con la quale esiste o si stabilisce una relazione, anche se questa non potrà essere espressa pienamente, come durante il tempo della salute e della gioia, o non può essere ancora espressa, come nella condizione debolissima del bambino nel grembo materno.

Non è forse nel momento in cui sembra più inesprimibile che è invece più intensa la relazione che Gesù Crocifisso stringe con ciascuno di noi, con ogni persona umana, in ogni fase della vita, in ogni tempo e in ogni luogo?

E non è forse nel momento in cui sembra più lontano da Dio Padre, tanto da gridare l’angoscia di essere stato abbandonato, che la relazione con Lui diventa la preghiera più accorata e intensa – e dunque più umana – di Gesù?

Il profumo che attrae è anche la preghiera, olio della lampada che sale come incenso a Dio e che, in certo senso, alimenta la fiaccola della carità, affinché essa illumini di senso e consolazione il Mistero del dolore.

 

Cari fratelli e sorelle, ecco perché oggi siamo qui, ripercorrendo alcune tappe del Pellegrinaggio umano e interiore di Camillo de’ Lellis: siamo qui per essere guariti e guarire, essere consolati e consolare, essere amati e amare. Siamo qui per pregare, chiedendo la forza e la gioia di farci carico del dolore delle persone che ci circondano e ci interpellano: nel servizio professionale, anche in campo militare; nell’intimità quotidiana e faticosa delle nostre famiglie e comunità; nell’opera di volontariato e di apostolato che il Signore ci affida.

Siamo qui per imparare da San Camillo a prendere su di noi il peso dell’infinita e concreta sofferenza umana, come Gesù, per continuare la Sua opera di guarigione e salvezza in senso fisico, sociale e spirituale.

L’intercessione del nostro grande Santo aiuti il cammino di tutti noi e ci ottenga la Benedizione del Signore!

Santo Marcianò