Roma, Basilica S. Giovanni in Laterano, 3 dicembre 2021
Carissimi, al cuore della Liturgia che celebriamo c’è una Parola: la Croce. Il versetto alleluiatico, tratto dalla prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (1Cor 1,18), considera la Croce come Parola! È un’espressione fortissima.
La Croce parla. La Croce è linguaggio comprensibile dai martiri come Santa Barbara che oggi celebriamo; è linguaggio che voi, carissimi amici della Marina Militare, potete capire.
Il linguaggio è strumento fondamentale dell’esistenza umana, è mezzo di comunicazione con cui ci presentiamo, raccontiamo, entriamo in relazione. E la modalità del linguaggio dice la qualità della relazione.
C’è, ad esempio, il linguaggio aggressivo, sempre più frequente ai nostri giorni; il linguaggio superficiale, quello frettoloso, quello che non tiene conto della fase di ascolto… Siamo all’inizio di un tempo particolare, il Sinodo, che Papa Francesco ha voluto per ricordare l’importanza del camminare insieme, come Chiesa e sulle strade e degli uomini. E il punto di partenza del Sinodo è proprio l’ascolto: tutti siamo chiamati ad ascoltare e poi a parlare, per costruire la comunità e percorrere strade di unità e di comunione.
Ogni linguaggio, dunque, parte dall’ascolto. Anche i linguaggi degli strumenti delle comunicazioni, oggi così diffusi e decisamente importanti per tutto il settore della Difesa. Non si rischia forse la confusione, addirittura un incidente o una catastrofe, se, ad esempio, partono dei comandi che non siano in risposta all’“ascolto” di altri segnali?
Ecco, ciò che la Liturgia di oggi ci chiede è di metterci in ascolto della Croce. Perché la Croce parla!
La Croce parla. Ma non tutti l’ascoltano!
È lo stesso San Paolo a spiegarlo con un binomio irriducibile: «La parola della Croce è stoltezza per quelli che non credono, ma per noi è potenza di Dio».
Da una parte, questa parola è «stoltezza»; il termine greco è morìa, che vuol dire senza sale, insipiente, potremmo dire senza significato, senza logica. E se questa parola non ha sapore, non ha significato, non ha logica, tanto vale non sentirla. In altri passi, egli dirà che la croce per alcuni è «scandalo»; e skàndalon, in greco ostacolo, pietra d’inciampo (cfr. 1Cor 1,23).
C’è dunque un “non ascolto” della parola della Croce; c’è un tapparsi le orecchie dinanzi al grido che dalla Croce si leva, considerandolo scandaloso, ovvero come un qualcosa che turba la tranquillità, ostacola i programmi… Non è facile rendersene conto, in una cultura in cui tante voci scomposte e spesso violente arrivano a sopraffare il grido della Croce.
C’è la voce della mentalità edonista e consumista che copre il grido di tanti malati, disabili, sofferenti nella mente e nello spirito, la cui croce, dichiarata senza significato, non si ascolta nel profondo e sfocia nell’isolamento, nell’abbandono o tenta di rispondere al dolore con la richiesta di eutanasia e addirittura, lo stiamo vedendo in questi giorni, di suicidio assistito.
C’è la voce della società opulenta e ingiusta che silenzia il grido delle tante croci di persone sopraffatte dalla fame, dalla violenza, dalla guerra, dalle persecuzioni, dai pericoli e dalle calamità naturali; uomini, donne e bambini che vivono accanto a noi o che fuggono da Paesi in cui sono loro imposte quelle croci che, purtroppo, diventano scandalo, ostacolo per le nostre comunità civili, provocando il rifiuto e la morte. E quante vere e proprie stragi di migranti si continuano a consumare: come, nell’ultimo periodo, quelle dei profughi tra Polonia e Bielorussia o del naufragio nel Canale della Manica!
La parola di queste innumerevoli e tremende croci, se non ascoltata, semina morte e rende «cimitero» la nostra terra e il «mare nostro», come ha ricordato il Papa nel videomessaggio inviato per la Visita a Cipro e in Grecia, iniziata ieri. Quel «Mediterraneo», ha specificato, dal quale «anche oggi l’Europa non può prescindere: mare che ha visto il diffondersi del Vangelo e lo sviluppo di grandi civiltà. Il Mare Nostrum, che collega tante terre, invita a navigare insieme, non a dividerci andando ciascuno per conto proprio, specialmente in questo periodo nel quale la lotta alla pandemia chiede ancora molto impegno e la crisi climatica incombe pesantemente».
Voi, uomini e donne della Marina Militare, ascoltate il grido delle croci che vengono dal mondo del mare!
Lo fate prima di tutto e soprattutto con il salvataggio di tante vite umane, mai cessato, anche nel tempo della pandemia. Quante! Quante croci di uomini, donne e bambini vi parlano ogni giorno, affidando alle vostre mani, accoglienti e pronte, il loro futuro, le loro speranze, la loro stessa esistenza.
Lo fate ascoltando, mi verrebbe di dire, quel grido del mare che, assieme al grido della terra, ci avverte di come, con i nostri comportamenti irresponsabili e violenti, stiamo letteralmente mettendo in croce il dono del creato, l’ambiente, la casa comune… E qui il vostro serio impegno per la preservazione e la cura delle acque, diventa esempio e monito per la società.
Lo fate considerando il mare come vero luogo di incontro e relazione, anche con popoli lontani; come concreto invito a «navigare insieme» scoprendo, nell’esperienza di essere tutti “sulla stessa barca”, la consolante vocazione alla fraternità universale, che diventa diffusione di cultura e annuncio evangelico.
Ma tutto parte dalla «parola della croce» che, se ascoltata, diventa «potenza», dice Paolo; in greco dìnamis, forza. Forza di amore, perché porta a vivere condivisione e compassione; forza di vita, perché, non lo dimentichiamo, la croce porta alla Risurrezione.
Cari amici, questa è la vostra forza, la forza della Marina Militare Italiana, delle nostre Forze Armate e Forze dell’Ordine: non forza che si impone con gli armamenti ma che costruisce giustizia, pace, solidarietà, fraternità, perché ascolta, difende, soccorre e ama le croci degli uomini, offrendo una testimonianza di vita e offrendo la stessa vita.
Nel nostro mondo, nella nostra Europa, nel nostro Paese, c’è bisogno sempre più di un passaggio dalla croce considerata come «stoltezza», ovvero silenziata e scartata, alla croce considerata come «potenza» di ascolto e amore; passaggio che è vera «conversione».
San Paolo stesso fa questo passaggio, dallo stato di persecutore della Croce ad apostolo del Vangelo. E ciò che provoca in lui tale conversione è l’incontro con Cristo Crocifisso, l’incontro con una Persona!
Per la persona, per ogni persona, vale la pena di «perdere la vita», dice Gesù nel Vangelo (Lc 9,23-26); e perdere la vita per gli altri, aggiunge, significa perderla per Lui. Santa Barbara, vostra Patrona, lo ha capito e con la sua testimonianza, intercessione e protezione, vi aiuta a capire la parola della Croce.
Sì, cari militari della Marina, voi capite il linguaggio di tanti crocifissi e loro capiscono il vostro, capiscono quanto bene fate loro. Così, la parola della Croce diventa parola di gratitudine per voi: un grazie che anch’io voglio dire a nome della nostra gente, del nostro Paese, della nostra Chiesa.
Il Signore vi benedica. E così sia!
Santo Marcianò