Omelia nella S. Messa in preparazione alla S. Pasqua e Giubileo dei militari

20-07-2016
Napoli, Chiesa S. Francesco di Paola – 11 marzo 2016

 Carissimi fratelli e sorelle, è con grande gioia che vi incontro dentro il mistero dell’Eucaristia, in questa Quaresima dell’Anno Giubilare che ci prepara in modo speciale al dono della Pasqua. Una Quaresima e una Pasqua Giubilari, cioè segnate in modo speciale dalla Misericordia, mentre l’Eucaristia ci mette concretamente dinanzi a Gesù, «Volto della Misericordia del Padre»[1]. Sì, la Chiesa si interessa di voi, della vostra missione; lo fa la nostra Chiesa dell’Ordinariato Militare, lo fa questa splendida Chiesa di Napoli. E tra Napoli e voi, potremmo dire, c’è un legame del tutto particolare. Da chi, se non dalle Forze Armate e di Polizia, sono affrontati, con presenza e impegno, i quotidiani problemi sociali, politici, economici di questa città? A chi ci si affida quando si finisce nei lacci della criminalità organizzata, della violenza o del ricatto, quando la paura o la sfiducia paralizzano i rapporti civili e spesso, purtroppo, anche le relazioni con le Istituzioni? Noi, Chiesa, impariamo anche da voi ad accogliere e proteggere, intercettare paure e bisogni concreti della gente, lottare per la giustizia, la libertà, la legalità, la pace. Allo stesso tempo, sentiamo che la missione dei militari cristiani si svolge “dentro” il grembo della Chiesa, si innesta nella missione della Chiesa. Quella Chiesa che, Papa Francesco lo ricorda continuamente con spirito di profezia, non si identifica con una porzione di “ministri del sacro”, non si circoscrive dentro edifici di culto, ma è «Chiesa in uscita», «famiglia in uscita». Sì, la Chiesa è famiglia! E ciascuno di voi “è” Chiesa, “è” famiglia della Chiesa! Con voi la Chiesa raggiunge i suoi figli fin nelle più estreme periferie, verso cui il Papa continuamente ci spinge e che sono dipinte bene in questa meravigliosa terra che grida le sue ferite. Sono dipinte, queste periferie, nel degrado delle città; nel veleno di terre come la “terra dei fuochi” che, non lontano da qui, continua a mietere vittime innocenti; nelle vittime innocenti che trovano la morte per strada, magari uccisi per caso in rioni dove fa paura persino camminare. Ma le periferie geografiche ed esistenziali sono dipinte pure nei volti, perché ogni contraddizione del mondo è, in ultimo, una contraddizione del cuore umano: dipinte nei volti di criminali incalliti o di bambini e giovani avviati a questa stessa “carriera”, come pure nei volti apparentemente rispettabili di chi affida la propria carriera economica, politica, accademica, pubblica, a scelte senza scrupolo impastate di corruzione, sfruttamento del prossimo, inquinamento dell’ambiente; sono dipinte nei volti incattiviti dalla violenza o paralizzati dalla paura, nei volti di chi da la morte e di chi si sforza, in ogni morte, di portare vita: come fanno tanti, come fate voi, mostrando il volto bello di tali periferie.   La Parola di Dio, oggi, sembra riproporci una sorta di “ritratto” di questi volti, che contempliamo in due categorie di persone: i «giusti» e gli «empi». Gli empi, dice la prima Lettura (Sap 2, 1.12-22), «tendono insidie al giusto», lo «mettono alla prova con violenze e tormenti», lo «condannano a una morte infame». La storia si ripete nel Vangelo (Gv 7,1-2.10.25-30) dove alcuni Giudei cercano di arrestare e uccidere Gesù. E la storia si ripete ai nostri giorni, cosicché i volti degli empi e dei giusti incarnano due diversi modi di stare al mondo, quasi, direi, due mondi diversi, inconciliabili, contrastanti ma entrambi presenti nella storia umana. C’è il mondo della giustizia e quello dell’empietà, il mondo della legalità e quello della corruzione, il mondo della guerra e quello della pace, il mondo del potere e del servizio, il mondo dell’indifferenza e quello della misericordia… Tra essi esiste non solo una vera opposizione ma anche una disparità, uno squilibrio: secondo i criteri umani, il mondo degli empi sembra destinato a prevalere, basti solo pensare a come, tanto nella prima Lettura quanto nel brano evangelico, gli «empi» sono in molti, il «giusto» è uno solo. E il giusto, come dice la Bibbia, è colui che «si oppone alle azioni», non alle persone; «si tiene lontano dalle vie degli empi», ma, in realtà, sta loro vicino, addirittura perché «rimprovera le colpe contro la legge e rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta». Il giusto, in definitiva, lotta per la giustizia.   Penso in particolare alla vostra lotta contro la «corruzione», «piaga putrefatta della società», «grave peccato che grida verso il cielo», «male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici». Così la denuncia il Papa, e quasi vi incoraggia e ringrazia, gridando che «per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza»[2]. Penso al vostro proteggere l’ambiente dall’inquinamento atmosferico e dei rifiuti, talora altamente tossici e radioattivi, che si accumulano pericolosamente «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia – fa notare il Papa nell’Enciclica Laudato si’ -. In molti luoghi del pianeta gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura»[3]. Non posso non pensare, infine, al grande tema dell’accoglienza degli stranieri, una sfida inattesa e che il Sud Italia, in particolare, ha raccolto, cogliendone la drammaticità. Non lo dimentichiamo: dove non c’è accoglienza non c’è misericordia, non c’è pace! Dove non c’è accoglienza c’è ingiustizia, discriminazione, violenza, morte! Ed è proprio la morte l’estremo a cui, presto o tardi, conduce la cultura del rifiuto e dello scarto. Lo continuano a testimoniare le vittime della guerra che, ormai – Papa Francesco lo ha recentemente spiegato -, non è più tanto «a pezzi» ma sta diventando unificata; e vittime di questa guerra sono anche i tanti migranti, i profughi e i poveri che fuggono da terre usurpate, violate, tinte di sangue, i quali spesso trovano ad attenderli il sangue che macchia le mani di chi li rifiuta, dei fratelli in umanità. Lo stesso Papa, nella preghiera dell’Angelus in queste domeniche, sta tornando a lanciare un grido in loro difesa, chiedendo che l’accoglienza dei profughi sia, una volta per tutte, condivisa dalla comunità internazionale[4] e sta incoraggiando iniziative concrete in loro favore, quali ad esempio i “corridoi umanitari”[5]. Tutto questo mentre, purtroppo, molti Paesi cosiddetti “civili” continuano ad organizzare difese concepite come muri da ergere, confini da chiudere, ruspe per “ripulire”…   Cari amici, civiltà, giustizia, difesa, accoglienza… sono, invece, termini indissociabili! Lo testimoniate in modo concreto e forte proprio voi, Forze Armate e Forze dell’Ordine, che insegnate non a respingere ma ad accogliere, che diventate operatori di giustizia e di pace perché custodi e protettori, sempre e comunque, della vita dei fratelli. “Cuore di padre” e “viscere di madre”: sono questi, in latino e in greco, i significati delle parole con cui il Vangelo indica la «misericordia». A nome della Chiesa, vi dico grazie perché voi la vivete e aiutate anche la Chiesa a essere, come Gesù, «Volto della Misericordia del Padre»[6].  X Santo Marcianò
Arcivescovo   


[1] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, 1
[2] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, 19
[3] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 21
[4] Cfr. Francesco, Angelus, 28 febbraio 2016
[5] Cfr. Francesco, Angelus, 6 marzo 2016
[6] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, 1