Omelia Ordinazione diaconale di Raimondo La Valle

06-04-2024

Chiesa S. Pancrazio, Canicattì AG, 6 aprile 2024

 

Carissimi fratelli e sorelle, carissimo Raimondo, celebriamo oggi la tua ordinazione diaconale. Il termine “diaconato”, lo sappiamo, esprime la realtà della diaconìa, del servizio. E, nella Chiesa, tutto è servizio: lo abbiamo rievocato proprio pochi giorni fa celebrando la Liturgia del Giovedì Santo quando, durante l’Ultima Cena, il Signore dona a tutti il mandato del servizio con il gesto concreto ed eloquente della “Lavanda dei piedi”.

Tutto è servizio nella Chiesa; tutti siamo chiamati a servire, sulle orme del nostro Maestro e Signore. Il Sacramento dell’Ordine, nel grado del Diaconato, ha caratteristiche proprie, come vedremo dalla Liturgia di Ordinazione e dalle promesse che pronuncerai.

Ma tutto questo si deve contemplare, leggere, interiorizzare nella luce della fede, della crescita della fede, del servizio alla fede, senza il quale nessun servizio nella Chiesa potrebbe acquisire significato.

«Vuoi, come dice l’Apostolo, custodire in una coscienza pura il mistero della fede, per annunziarla con le parole e le opere, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa?», ti chiederò a breve, caro Raimondo.

Siamo nel Tempo Pasquale. Siamo nella Celebrazione vigiliare della Domenica della Divina Misericordia.

E la Liturgia della Parola oggi apre un varco di luce sul senso della fede, sul servizio alla fede; ci aiuta, potremmo dire, a leggere il Diaconato così, come una fede “che tocca”: nel servizio al mondo, alla comunità ecclesiale, all’umano.

 

Un servizio al mondo

La fede vorrebbe vedere. «Se non vedo… non credo», esclama Tommaso nel Vangelo (Gv 20,19-31).

Vedere! Certo, è la domanda del nostro tempo, dell’uomo del nostro tempo, nonostante egli possa vedere molte più cose di quanto ne vedesse prima. I progressi scientifici hanno svelato ai nostri occhi segreti nascosti nel cosmo, nell’organismo, nello stesso pensiero, portandoci a decifrarli meglio benché non sempre a capirli, anzi arrivando a sovvertire, replicare, sostituire il creato e l’essere umano, senza coglierne il senso; pensiamo solo al rischio posto da un uso estremo delle “intelligenze artificiali”.

L’uomo ha visto e vede molto, sempre più, eppure continua a dire: «Se non vedo… non credo».

È la domanda dell’incredulità, di chi ritiene valido solo ciò che è visibile, misurabile, quantificabile, dimostrabile con ragionamenti spesso parziali…

Ma è anche – attenti – la domanda della disperazione e del dolore di chi viva la povertà, la malattia, l’esclusione, il lutto, la condanna innocente… è la domanda della guerra che, nel nostro tempo e in luoghi sempre più vicini, continua a seminare morte e oscurare il futuro di tanti giovani e bambini, donne e uomini, popoli e nazioni.

È la domanda posta dai segni dei chiodi incisi in tante vite violate, uccise, imprigionate … È la domanda dei nostri militari, dei sacrifici che affrontano, in un servizio complesso, talora causa di lontananza e crisi familiari; è la domanda che ci pongono le piaghe delle loro famiglie specie quelle di chi affronta dolori quali il sacrificio della vita di figli, padri, fratelli.

Cosa vorrebbero vedere queste piaghe?

È la domanda di Tommaso. E non è solo la domanda su Dio: egli era credente in Dio, un pio ebreo; forse non è neppure la domanda su Cristo: Tommaso aveva visto Gesù, non poteva dubitare della sua esistenza.

È la domanda sul Risorto! Cosa vorrebbe vedere la fede se non il Risorto?

Sì, caro Raimondo, non basta mostrare Dio, magari con insegnamenti dotti e intransigenti; tu questo lo sai bene, proprio perché sei un uomo che ha passato e passa molto tempo ad approfondire lo studio; sai che questa è una via importante e necessaria, per entrare nel Mistero della Verità, ma sai che la domanda della fede, del senso della vita, della sete di Assoluto che abita le piaghe e il cuore umano, grida il bisogno di vedere la Vita e la Risurrezione. È la domanda sul Risorto! E questa domanda è posta alla comunità.

 

Un servizio alla comunità ecclesiale

Per questo, il Diaconato è servizio alla fede “della” e “nella” Chiesa.

Tommaso «non era con loro quando venne Gesù», abbiamo letto nel Vangelo. E la sua crisi di fede, la sua incredulità, si fonda proprio sulla sua assenza dalla comunità. È infatti nella comunità che cresce la nostra fede ed è la comunità, è la Chiesa che è chiamata a dare la testimonianza di fede nel nostro mondo secolarizzato.

Per questo, bisogna interrogarci sempre in modo nuovo su come essere Chiesa, comunità che rende visibile il Risorto. Su come essere, per dirla con un grande testimone di questa terra di Canicattì – il Beato Rosario Livatino -, non solo «credenti» ma «credibili». Come persone e come comunità.

Tu sei cresciuto in questa comunità, formato con amore e grande cura dalla tua bella famiglia e dalla comunità parrocchiale e diocesana. Sono state per te grembi d’amore e fede, comunità credibili, pur nelle difficoltà, come ora è credibile la Chiesa dell’Ordinariato Militare, la comunità del Seminario Giovanni XXIII, che ti sta formando e nella quale tu vivi, con la disponibilità umile e gioiosa di chi si prepara a donare se stesso nell’amore sacerdotale.

«La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Gli Atti degli Apostoli (At 4,32-37) suggeriscono come essere comunità credibile: con l’amore! Da una parte con la condivisione degli averi, vivendo l’economia della comunione in un mondo sempre più avaro di possesso; dall’altra con la comunione nell’essere: vivendo “con” e “per” gli altri, con un cuore solo e un’anima sola.

Un cuore, il tuo, che è di tutti perché appartenente a Cristo nella pienezza d’amore della castità del celibato.

La testimonianza del Risorto ci vuole “insieme”, a condividere dolori e angosce, ma anche a essere sorriso e consolazione, elementi di gioia e serenità nella comunità. «I discepoli gioirono al vedere il Signore», sottolinea il brano evangelico: la Risurrezione è esperienza di gioia per la Chiesa, della vera gioia. Penso al grande dono della gioia, dell’ironia che il Signore ti ha fatto, Raimondo caro, e che potrà contribuire al tuo servizio di comunione.

Perché la condivisione dell’avere e dell’essere significa questo: la comunione, da vivere anzitutto “nella” Chiesa. Dentro! Tommaso, in quel momento assente, è e rimane «uno dei Dodici», specifica il Vangelo. La fede della Chiesa, non lo dimentichiamo, inizia da me! Inizia dalla mia fede e dalla mia preghiera, primo servizio all’uomo che vuol “vedere”.

 

Un servizio all’umano

Come dunque aiutare l’uomo a “vedere”?

Gesù «mostra le mani e il fianco», apparendo ai discepoli. E a Tommaso, per la sua incredulità, dice: «Metti qui la tua mano e guarda».

La beatitudine della fede è di coloro che credono «pur non avendo visto». Ma il fatto che Gesù, a noi increduli, mostri e faccia toccare le Sue piaghe, è un segno di comunione con il dolore umano, con tutti i crocifissi della storia, ai quali è aperta la via della Risurrezione.

Il tuo ministero diaconale, caro Raimondo, ti chiederà di toccare le piaghe, tutte le piaghe umane: quelle dei malati e dei poveri, degli afflitti e degli sconfitti… di coloro che il Signore ti mette vicino. Sono piaghe che hanno bisogno della tua speranza, della tua carità, della tua fede e che, nella fede, diventano piaghe sacre, trasfigurate, come quelle del Risorto. La tua grande sensibilità umana ti è di aiuto in questo ma sempre più, attraverso il dono di te stesso, imparerai che toccare quelle piaghe, ci chiede di indicare la via delle Risurrezione.

Per questo, dovrai toccare le piaghe degli uomini vedendo in esse le piaghe di Gesù Crocifisso e Risorto, mentre guardi Gesù. Toccare le piaghe mentre esclami, come Tommaso, «mio Signore e mio Dio»… Mentre preghi!

La preghiera è un servizio. E, quando il tuo servizio sembrasse faticoso, sproporzionato, inefficace, ricorda che la preghiera resta e acquista insospettabile efficacia. «Vuoi custodire e alimentare nel tuo stato di vita lo spirito di orazione e adempiere fedelmente l’impegno della Liturgia delle ore, secondo la tua condizione, insieme con il popolo di Dio per la Chiesa e il mondo intero?».

 

Cari amici, caro Raimondo, questa è la fede, questa è la preghiera che da oggi devi custodire! Ed è davvero un dono commovente, per la Chiesa e per l’umanità. È davvero, come afferma profeticamente Giovanni nella seconda Lettura (1Gv 5,1-6), «la vittoria» in grado di «sconfiggere il mondo», avvinto dalle sue cecità, le sue smanie di avere, potere, successo, ma anche sofferente per le sue infinite piaghe; è «la vittoria» in grado di supportare i nostri militari nel loro impegno di difesa della vita umana, della giustizia e della pace. «Pace a voi», esclama Gesù Risorto. La pace è Suo dono e la consapevolezza di operare per il dono della pace crescerà, nei militari a te affidati, anche attraverso un cammino del quale la fede è a servizio.

Che la tua fede sia questo servizio. E che, attraverso il tuo servizio diaconale, molti vedano il Risorto.

Il Signore ti benedica. E così sia!

Santo Marcianò