Carissimi fratelli e sorelle,
«Ecco tuo figlio!». È Parola che Maria, ai piedi della Croce, si sente rivolgere da Gesù (Gv19, 17-18.25-30), il quale le consegna Giovanni come figlio e La consegna come Madre a lui, alla Chiesa, all’umanità, a ciascuno di noi. Una Parola che, umanamente, Ella non avrebbe certamente voluto sentirsi dire, da quel Figlio sulla Croce, che moriva per noi.
«Ecco tuo figlio!». Sentiamo anche noi l’eco di questa Parola che ci trafigge, diventa grido inconsolabile, mentre accompagniamo questo figlio Riccardo in morto sullo sbocciare della vita.
«Ecco tuo figlio!», cara mamma Maria Grazia, caro papà Salvatore, cara Alessia e caro Francesco, tu che sei stato accanto a Riccardo nel momento più terribile. Ecco quel figlio che è stato un dono del vostro amore e ha riempito d’amore una famiglia alla quale era legatissimo, dalla quale tornava in ogni momento libero e alla quale avrebbe voluto ancor più avvicinarsi, per condividere il quotidiano dell’esistenza. Famiglia che rappresentava un riferimento sicuro e forte, nella quale Riccardo è cresciuto apprendendo valori grandi, che lo hanno condotto a scelte importanti come quella della vita militare, e dalla quale ha pure imparato la generosità che fa grandi le piccole scelte e i piccoli gesti di ogni giorno, come è stato fino al suo ultimo giorno.
«Ecco tuo figlio!», comunità ecclesiale, parrocchia e diocesi di Messina, Chiesa dell’Ordinariato Militare. Quel figlio che ha testimoniato una fede gioiosa e serena, una bontà e una sensibilità disarmante, una carità evangelica pronta ad accorgersi di tutti, specie delle situazioni di maggiore necessità.
«Ecco tuo figlio!», comunità di parenti, amici, città di Milazzo. Quel figlio amico sincero, fratello sorridente e solare, giovane sportivo e pieno di sogni, cittadino ricco di senso civico e senso della giustizia, vissuti con straordinaria maturità e appassionato entusiasmo.
«Ecco tuo figlio!», comunità dell’Esercito Italiano, famiglia delle Forze Armate. La passione più grande quella della divisa, ereditata dal papà ma sentita da Riccardo con forza, come vocazione. E questo figlio – anche la tragedia di oggi lo dice -, è tra i tuoi figli migliori, tra quei figli che confermano la serietà del servizio dei nostri militari, il loro venire incontro ai bisogni concreti delle persone, alle emergenze più severe, come dimostra pure il tempo di pandemia; il loro farlo sempre, anche quando non si trovano “in servizio”, per un senso di appartenenza che non si dimentica neppure per un attimo, per quella professionalità e dedizione eroica alla quale il mondo militare italiano educa, facendo crescere energie positive, speranza e futuro per il nostro Paese.
Questo futuro, per Riccardo sembra finito per sempre.
E il grido inconsolabile – «Ecco tuo figlio!» – diventa per voi, suoi cari, un dolore muto, dinanzi al quale ci fermiamo con riverenza, con il linguaggio silenzioso della vicinanza. Diventa un grido verso Dio, perché è tutto incomprensibile, come fu per Maria ascoltare queste parole da Gesù. Era Lui suo Figlio; e il figlio che Egli ora Le donava era un altro… che dolore!
Ma quei figli, in realtà, eravamo noi. E Maria, abbracciando quel dolore, ha abbracciato tutti noi, per accompagnare, da Madre, ogni dolore umano! «Da quel momento – ha detto qualche giorno fa il Papa – noi siamo collocati tutti sotto il suo manto […]. Adesso, nelle concrete situazioni della vita, e nel momento finale perché ci accompagni – come Madre, come prima discepola – nel passaggio alla vita eterna, alla vita che non avrà mai fine, riscattata dal Cristo morto e risorto per noi. Maria è sempre presente al capezzale dei suoi figli che partono da questo mondo»[1]. È proprio vero; senza il «sì» di Maria, che sembrava detto alla morte, noi non avremmo avuto questa Madre, questa vicinanza, questa consolazione; saremmo stati più soli, avremmo temuto per Riccardo la solitudine nella morte …
Ma Riccardo non è morto solo, anche perché non è vissuto solo, non è vissuto per se stesso. Lo avete descritto tutti come un giovane solare, felice, pieno di sogni, soprattutto pieno di generosità, di amore per gli altri, di altruismo. L’incidente terribile ha straziato tutti ma il suo gesto no, quello non ha meravigliato nessuno. Inimmaginabile che non lo avesse fatto!
Lo avete descritto così e a me, vescovo e padre, la sua testimonianza colpisce e commuove, diventa esempio e insegnamento di vita. Così, mi sembra che, ancor più, lo descriva la Parola di Dio. Anzi, nelle parole della prima Lettura (1Gv 3, 14-16) e del Salmo 22, mi sembra quasi di sentire l’eco di quanto Riccardo oggi forse direbbe a voi, suoi cari, e a ciascuno di noi.
Carissimi, io so che sono passato dalla morte alla vita perché ho amato i fratelli. È vero, sembra che io sia passato dalla vita alla morte ma sono morto per amore, per questo sono passato dalla morte alla vita. Se non lo avessi fatto, sarei rimasto nella morte; avrei trascorso la vita pensando alla possibilità perduta di amare, di salvare, di vivere per gli altri.
Chi odia il proprio fratello è omicida. E quanto odio e violenza, quanti omicidi, a volte tra persone che dovrebbero ancor più amarsi, tra fratelli come tutti siamo! Ne ho visti tanti, ne ho immaginati tanti; e ho scelto di servire la Patria e la pace proprio per fermare la logica della violenza e della guerra, la distruzione del creato e di ogni vita umana; per sperare in un mondo migliore. Chi odia il proprio fratello è omicida ma io ho amato, ho amato sempre, ho amato fino alla fine!
Lo so, la morte, questa morte, è un dolore assurdo, inspiegabile; è un mistero dinanzi al quale non ci sono parole. Ma questa morte non è morte. E bisogna vivere come ho vissuto io per capirlo, bisogna vivere come ho vissuto io per non morire. Vivete anche voi così, donando ogni giorno la vita per i fratelli. Vivete così e capirete che non avevo altra scelta, altro desiderio; che non c’è altra via per passare dalla morte alla vita. Vivete così e capirete!
Il Signore, il buon Pastore che da la vita, mi ha guidato, per camminare così sulla terra, offrendomi felicità e grazia. Mi ha dato di scegliere di vivere per gli altri. Era questo il segreto della felicità dipinta sul mio sorriso: non vivere per me stesso, come ha fatto Lui. Vivete così e capirete la mia felicità!
Caro Riccardo, sentiamo che la tua felicità non finisce, ti accompagna in Cielo; perché questa è l’eternità, vivere in modo pieno ciò per cui siamo fatti. Noi abbiamo ancora tante, troppe lacrime da versare; ma il tuo sorriso ci illuminerà.
Illuminerà i passi incerti dei tuoi amici, di tanti giovani che si stanno interrogando sulla direzione da dare alla propria vita o che devono imparare il valore della vita, senza sprecarla dietro illusioni, egoismi, dipendenze, ricerca di vanagloria… Illuminerà i passi dei tuoi colleghi, rafforzando in loro l’ideale di portare avanti il proprio compito nelle Forze Armate come missione d’amore. Illuminerà i passi di questa Chiesa di Milazzo, della nostra Chiesa, sempre più commossa e grata per tanti esempi di vita evangelica così profondamente vissuti dai suoi figli militari. Illuminerà i passi dei tuoi cari, spaesati e smarriti, attoniti e straziati dal dolore, ma consapevoli che accogliere il tuo testamento di vita significa farti continuare a vivere. E significa, forse, riuscire a ritrovarti in modo nuovo nelle tante persone che ti stavano accanto e che ora il Signore mette accanto a loro, aiutando tutti ad accogliere, con Maria, le parole incomprensibili: «Ecco tuo figlio!». Ecco te, figlio che, ormai accanto al Figlio Gesù morto e risorto, rimani accanto a noi dal Cielo.
Grazie, Riccardo, prega per tutti. E così sia!
[1] Francesco, Udienza Generale, 24 marzo 2021