Omelia peregrinatio della Vergine lauretana

22-03-2021

Roma, Chiesa S. Caterina a Magnanapoli, 22 marzo 2021

 

Carissimi fratelli e sorelle,

accogliamo oggi, nella nostra Chiesa Cattedrale di Santa Caterina, la Vergine Lauretana, che si è fatta pellegrina nelle strade della nostra Nazione, in questo Anno Giubilare che è stato ed è ancora un anno di sofferenza particolare. Nel buio di questo tempo, vogliamo vedere in Lei la donna vestita di sole, di cui parla il Libro dell’Apocalisse; la donna che porta Cristo, Luce del mondo, il cui splendore si riflette nel Suo volto. Contempliamo il Volto della Madre, mentre la Liturgia di oggi ci mette dinanzi tre volti di donne, nei quali possiamo vedere i volti di tante donne e di tanti uomini, di anziani e bambini, e nei quali possiamo rispecchiarci anche noi.

 

Il primo volto è Susanna, una donna condannata ingiustamente ma poi salvata dalla testimonianza di un giovane, della quale la prima Lettura (Dn 13,1–9.15–17.19–30.33–62) descrive la vicenda.

La condanna di Susanna brucia particolarmente, non solo perché si basa su una testimonianza totalmente falsa, ma perché avviene ad opera dei due giudici, coloro che, dice con forza la Bibbia, «solo in apparenza sono guide del popolo». È il potere della corruzione, contrapposto alla purezza di Susanna, alla capacità di vivere al di fuori dei propri interessi; a quella «castità» che, come scrive il Papa, è «un atteggiamento che esprime il contrario del possesso… è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita»[1].

Susanna è una donna condannata ingiustamente. In lei vediamo le vittime innocenti, le donne violate e mercificate, perseguitate per motivi religiosi o etnici, rapite in guerra, morte nelle fughe in mare; le donne discriminate per la loro identità, per la maternità; le donne uccise – e quante, ogni giorno, proprio per mano di chi dice di amarle e, invece, non vuole che possederle!

Susanna è condannata ma è una donna libera, libera dal possesso. Così, in lei vediamo pure le donne forti, capaci di scelte coraggiose per difendere la dignità propria e dei propri figli, le donne che non si piegano al male. Vediamo tante spose, mamme, religiose, che continuano ad amare chi le trucida; che continuano a pregare, come la piccola suora del Myamar diventata, in questi giorni, icona della supplica e delle fede nel Dio di misericordia, che può piegare i cuori più duri. Vediamo le donne che non ricambiano violenza con violenza, che rispondono al male con il bene; che, come la Veronica sulla Via Dolorosa, sanno asciugare il volto di tutti, senza distinzione.

Come per loro, la libertà di Susanna risponde al potere corrotto e lo ferma, unita alla giustizia operata da un testimone della verità, il giovane Daniele.

C’è, in questo brano biblico, quasi un canto a quella giustizia che si nutre di verità, di assenza di possesso e interessi personali. Alla giustizia purissima, della quale voi, carissimi militari, siete a servizio.

Quante volte una tale giustizia significa difesa, protezione, custodia delle vittime innocenti, delle donne in pericolo, soprattutto dei più fragili che si fidano di voi e a voi si affidano! E quante volte tale difesa e protezione viene operata in territori di guerra, dove vige la legge del più forte, dove uomini e governi corrotti calpestano la dignità e la vita altrui!

 

Anche il secondo volto è quello di una donna condannata; in questo caso, però, sembrerebbe trattarsi di una condanna giusta.

L’adultera del Vangelo (Gv 8,1-11) ha peccato, su questo non c’è dubbio. Ma il peccato è di quella donna o è del popolo? Se ella è adultera, non è forse perché qualcuno ha peccato con lei, magari proprio qualcuno dei presenti che vorrebbe lapidarla?

Anche questa donna è vittima, vittima del peccato. Per questo il volto dell’adultera è il volto delle donne che non sono libere a motivo di quei condizionamenti che danno l’illusione della libertà ma, in realtà, rendono schiavi del male.

Donne impregnate di una cultura anti vita che le costringe a scelte di morte, persino nei confronti del figlio del proprio grembo; donne che dimenticano la dignità del proprio corpo, donne educate, fin da bambine, alla violenza, e che fanno della vendetta una legge di vita… Sono i volti del peccato che incarcera l’anima, toglie luce agli occhi e respiro alla vita.

Nell’adultera, tuttavia, vediamo anche i volti di donne che hanno preso sul serio il cammino di conversione e diventano annunciatori di vita nuova. Commuovono, ad esempio, le parole con cui, Giovanni Paolo II chiede alle donne che hanno «fatto ricorso all’aborto», di diventare «artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell’uomo»[2]… E commuovono tante storie, che certamente voi militari conoscete e raccogliete, di donne che hanno reagito all’ingiustizia della criminalità organizzata, rifiutando le logiche delle famiglie mafiose, per sé e i proprio figli. Proprio ieri si è celebrata la Giornata della Memoria in ricordo delle vittime delle mafie. Donne e uomini collaboratori di giustizia – ne avrete incontrati, scortati, protetti… – artefici, come voi, di un mondo migliore, veri artigiani di pace.

 

Il terzo è il Volto di Maria, la Donna nuova, la Donna per eccellenza, nella quale ogni donna e ogni creatura umana ritrovano il senso della propria esistenza, il proprio posto nel mondo e la propria vocazione.

La donna madre, che accoglie la vita e la custodisce nel grembo; la donna vergine, che appartiene al Signore con la sua vita donata per tutti noi; la donna sposa, consapevole che tutto, sempre, nasce dall’amore e che, per amore, diventa capace di tutto.

È Icona anche per voi militari, Maria! Per la vostra capacità di prendervi cura, sempre pronti a venire incontro al popolo, ai cittadini, a coloro che abbiano bisogno; una cura che arriva non solo a fronteggiare ma a intravedere le necessità, anticipando le richieste e aggiungendo una dose straordinaria di umanità.

In questo tempo di pandemia l’Aeronautica, come tutti i militari e le forze dell’Ordine, ha saputo vedere ciò che tanti non erano in grado di guardare, ha saputo rispondere all’emergenza del Paese con prontezza e finezza: dai soccorsi e trasporti in volo fino al ruolo essenziale per lo svolgersi del Piano vaccinale…

È un’opera di giustizia, certamente; è certamente un dovere. Ma, ancor di più, è la capacità di prendersi cura, la consapevolezza che tutto nasce dall’amore, anche quando non ce ne accorgiamo.

Oggi accogliamo la Madonna di Loreto, al termine di un anno che l’ha vista pellegrina in una modalità imprevedibile. Eppure, forse la presenza di Maria ha cambiato il modo di vivere il dolore di questo anno. Maria si è fatta pellegrina nelle caserme, nelle realtà militari, divenendo per voi sorgente di amore e di forza; si è fatta pellegrina nei luoghi del dramma, negli ospedali, nelle realtà di dolore…

E Maria, come sempre, si è fatta e si fa pellegrina presso le donne, le persone innocenti condannate, violate, peccatrici; le ha raggiunge nelle proprie vite e nelle proprie case. Perché Maria è anche «casa», che accoglie e fa rivivere. La Casa della Santa Famiglia di Nazareth, a Loreto, ce lo insegna.

 

Cari amici, nella Santa Casa, accanto a Maria e Gesù, vediamo Giuseppe, nell’anno a lui dedicato. Egli li custodisce, grazie al suo senso di giustizia pura, quella che non cerca il proprio interesse e il proprio possesso; senza questa giustizia di Giuseppe, Maria avrebbe potuto subire la sorte prevista per l’adultera, essendo però innocente come Susanna. Egli custodisce la vita della Madre e del Figlio, perché anche la vita di chi custodisce e dona la vita va custodita.

È questo il vostro compito! Portatelo avanti con giustizia, facendovi pellegrini accanto a tutti i volti di fratelli vittime di ingiustizie o afflitti da fragilità. Porterete e riconoscerete il Volto di Gesù il quale, come dice il Vangelo, «si china» sulla sabbia; si china dinanzi a ogni uomo e donna, innocente o peccatore, violato o debole, perseguitato o persecutore; si china dinanzi a ciascuno di noi, per servirci e salvarci.

Lui vi ringrazia e vi benedice. E così sia!

Santo Marcianò

[1] Francesco, Lettera Apostolica Patris Corde, 7

[2] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, 99