Omelia S. Messa nei 200 anni di fondazione dell’Arma dei Carabinieri

07-06-2014
S. Messa nei 200 anni di fondazione dell’Arma dei Carabinieri

Piazza San Pietro, Venerdì 6 giugno 2014 Omelia di Mons. Santo Marcianò, Ordinario Militare per l’Italia    Carissimi fratelli e sorelle, amatissimi Carabinieri,   dobbiamo guardare al cuore! è il messaggio che la Liturgia ci offre, nel primo venerdì di giugno, cioè nel giorno e nel mese che la Chiesa dedica al Sacro Cuore di Gesù. E mi sembra un’indicazione bella, profondamente appropriata, perché richiama lo “stile” con cui l’Arma dei Carabinieri, da duecento anni, svolge la sua missione a servizio della Nazione Italiana: voi, infatti, non lavorate solo con competenza e precisione, dedizione e abnegazione, lavorate col cuore! E per questo sento, con commozione, di gridarvi: «Grazie!». È il grazie della gente, della Chiesa, il mio grazie di pastore e padre. Un grazie a tutti, uno per uno, a cominciare dalle autorità che saluto con profonda stima e affetto ed in particolare il Ministro della Difesa on. Roberta Pinotti e il carissimo Gen. Leonardo Gallitelli, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Nella nostra Eucaristia vogliamo dire però soprattutto grazie a Dio per questi duecento anni: «Benedici il Signore, anima mia» abbiamo cantato nel Salmo, «non dimenticare tutti i suoi benefici» (cfr. Salmo 102[103]). Siamo qui per questo, per benedire e non dimenticare! E perché quando si celebra un anniversario, specie se così importante, si desidera tornare alle radici e, in questa luce, leggere le nuove sfide che sempre interpellano. Quali sfide, oggi, per i Carabinieri italiani? Alla luce della Parola di Dio proclamata, le raccoglierei in due parole: –          La sfida della verità. –          La sfida del servizio.   La prima Lettura (At 25,13-21) fa riflettere sulla figura di San Paolo, un uomo straordinario, un dottore della legge che troviamo in prigione perché, avendo incontrato Gesù, vive una conversione che lo porta a diventare difensore di ciò che aveva con determinazione perseguitato. Paolo è l’uomo della verità: ne fa esperienza, l’annuncia con la parola, la realizza con le scelte di vita, la difende affrontando sofferenze, persecuzioni, prigione, morte. E la verità è sfida che anche noi ci troviamo ad affrontare, in un mondo in cui il relativismo e il soggettivismo non si limitano ad essere correnti culturali più o meno imponenti ma avvelenano talmente la vita dei singoli e della società, da assumere un vero e proprio potere di corruzione. Pensiamoci bene: non è forse a servizio della verità e contro ogni corruzione che nasceva, duecento anni fa, l’Arma dei Carabinieri? La verità, parola purtroppo ormai impopolare per le nuove generazioni, è in realtà il fondamento della giustizia, del bene comune, della pace che noi stessi siamo chiamati a custodire. Lo dice il nostro amato San Giovanni XXIII: «L’ordine tra gli esseri umani nella convivenza è di natura morale. Infatti, è un ordine che si fonda sulla verità»[1]. C’è una verità che fa parte dell’ordine, della sicurezza, e si costruisce con il quotidiano lavoro dei Carabinieri nelle nostre Stazioni, anche le più piccole, sparse su tutto il territorio nazionale e concretamente vicine alla gente. C’è poi una verità, potremmo dire, scientifica, che richiede l’impegno investigativo in indagini criminali o la perizia di smascherare contraffazioni e inquinamenti. C’è, ancora, una verità che si configura come lotta alla menzogna di governi che opprimono, regimi che ledono la libertà, guerre che occultano le loro atrocità, comunità – persino famiglie – diventate più soffocanti di prigioni. E c’è infine una verità profonda, scritta nel cuore di ogni uomo, fosse pure il più criminale, che ci obbliga ad andare oltre le apparenze e i giudizi facili, invitandoci sempre a dare alla persona possibilità di riscatto, recupero, rinascita. Questa verità è da voi ricercata a vari livelli e, in contesti particolarmente delicati, va perseguita anche privilegiando «il dialogo – lo scrive Papa Francesco – come forma d’incontro, la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni»[2]. Questa verità è da voi testimoniata, talora fino al dono della vita. E al dono della propria vita, non lo dimenticate, si arriva per difendere quello che è il principio stesso della verità: la dignità inviolabile della vita e della persona umana. Quando questa dignità fosse in pericolo, sarebbe in pericolo la stessa verità, anche se proclamata da coloro che detengono il potere o dalle leggi. Non stupisce, pertanto, come la coscienza dei carabinieri si rivolti contro violazioni del genere; e non c’è dubbio che il dono della vita di tanti nostri colleghi e amici, caduti nel dovere quotidiano, nelle realtà di guerra, nella volontaria immolazione – fra tutti, ricordiamo solo il commovente sacrificio di Salvo D’Acquisto – sia martirio di verità.   Il Vangelo (Gv 21,15-19) raffigura Pietro nel  suo ultimo incontro con Gesù, il quale gli pone la domanda decisiva per la sua vocazione: «Mi ami?… Pasci». Pietro, da quel momento, diventa l’uomo del servizio! È bellissimo che la Liturgia ci faccia contemplare proprio oggi questo Vangelo, in Piazza S. Pietro e a pochi minuti dall’incontro con il Papa. Ed è bellissimo che questo Vangelo ricordi a noi le parole di Gesù che indicano il primato del servizio d’amore. Questo, potremmo dire, è il senso del primato di Pietro come guida della Chiesa; e mi piace pensare che sia il primato che deve caratterizzare il compito di tutti i Carabinieri, in particolare di coloro che, tra voi, hanno responsabilità direttive e di guida. È proprio vero: l’entità del servizio cresce proporzionalmente al grado di responsabilità. E la sfida del servizio è la sfumatura più importante per portare avanti la missione secondo lo spirito dell’Arma, in un tempo in cui la gratuità, la disponibilità, la custodia, sono valori disprezzati e considerati ostacolo al consumismo e alla produttività esasperata, cioè a quelle distorsioni che corrompono il senso della società e persino dell’economia. «Nel vigente modello “di successo” e “privatistico” – scrive Papa Francesco – non sembra abbia successo investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita»[3]. Noi, però, rifiutiamo questo modello e sembra che la gente se ne accorga, guardando ai Carabinieri come a gente di servizio: servizio alla Patria, al bene comune, ai singoli, in particolare proprio ai «deboli» e ai «meno dotati». È interessante notare come, nel Vangelo, Pietro non riesca a capire la pienezza della parola che Cristo gli rivolge chiedendogli: «mi ami?» e, nella riposta, usi un verbo, per così dire, più debole: «ti voglio bene». Egli saprà dire: «Ti amo» solo quando avrà iniziato a pascere, cioè a servire. Sì. Bisogna amare per servire e bisogna servire per capire veramente cosa significhi amare. Il servizio arriverà, come dice Gesù, a portare Pietro dove non vuole e quante volte è la nostra esperienza: una destinazione inattesa, un compito sproporzionato, un contesto ostile, un lavoro che non entusiasma, un incarico ad alto rischio, un sacrificio estremo.   Carissimi carabinieri, carissimi amici, verità e servizio! Ma come rispondere sempre meglio a tali sfide? Io so darvi un solo suggerimento: con Gesù! Vedete, Paolo diventa uomo di verità quando incontra il Signore e capisce che Egli è la Verità in persona. Pietro diventa uomo di servizio crescendo nell’amore per Lui. Non vi accontentate, mai, di una verità legalista o di un servizio formale: andate al cuore! Aprite il cuore – quel cuore che caratterizza il vostro operato di Carabinieri – alla Verità trascendente e al servizio fatto per Amore: vi scoprirete un tesoro nascosto, una fiamma che arde ancor più di quella che portate fieramente sulle divise. È la fiamma che Maria, la nostra amatissima Virgo Fidelis, ha portato in grembo, in cuore, e che continuamente ci offre, in risposta alle nostre necessità e alla nostra preghiera. Accogliete questa fiamma e portatela anche voi a coloro che soccorrete, difendete, custodite, correggete… tutti, non dimenticatelo, sono fratelli assetati di Infinito. Così, la storia di questi duecento anni si confonderà sempre più con la storia dell’Infinito Amore di Dio per gli uomini, si trasformerà in amore e rimarrà per sempre. Grazie di cuore. E così sia!   X Santo Marcianò


[1] Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, n. 20
[2] Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, n. 240
[3] Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, n. 209