S. Messa nella giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace

12-11-2022

Roma, Basilica Ara Coeli, 12 novembre 2022

 

 

Ci ritroviamo oggi, ancora una volta, come famiglie dei nostri fratelli militari e civili caduti nelle Missioni Internazionali per la Pace. Vi saluto tutti con infinito affetto, grato al Signore per potervi incontrare.

Il Vangelo di oggi (Lc 18,1-8), Gesù stesso lo dice, ricorda l’importanza della preghiera. Ed è bello che oggi ci sia consegnato questo Vangelo perché la Messa che celebriamo è un profondo momento di preghiera, dove nella Pasqua del Signore Gesù ricordiamo i nostri caduti rivivendo momenti di dolore e di Resurrezione. Lo facciamo come famiglie di coloro che sono caduti per servire la Patria, per servire la pace, per servire i fratelli Questo è in sintesi il senso di ogni servizio, il Signore Gesù lo ricorda con la sua morte: una morte che è per noi, per tutti gli uomini, per la pace fra gli uomini. E la pace non è un concetto teorico, per questo un certo pacifismo è irreale. La pace, al contrario, è una realtà nella quale trova spazio la missione di proteggere, custodire, difendere la vita; e i nostri militari veramente lavorano per la pace.

Il Vangelo, ci concede di rivivere la memoria di oggi col cuore, la voce, la preghiera, la supplica di una vedova che va a importunare un giudice disonesto, non disposto ad ascoltare gli ultimi, di cui la vedova, nella cultura ebraica del tempo, è icona, assieme agli orfani. Sono due categorie che hanno particolarmente bisogno di custodia e il giudice deve provvedere a chi non sa difendersi da solo… ma questo giudice non ascolta. E la vedova continua a chiedere.

Ci mettiamo nei panni di questa vedova. Alcuni tra voi ne vivono l’esperienza. Alcuni dei vostri cari sono morti lasciando vedove, orfani; lasciando mariti, fratelli, sorelle, madri e padri…

Ma cosa chiede questa vedova? Chiede «giustizia», quella che il giudice dovrebbe dare e non sa dare; una richiesta legittima, tuttavia, perché era lui a dovergliela dare.

Giustizia! Credo che anche per voi ci sia stata spesso una tale richiesta; credo che, a volte, sia affiorata dalle vostre labbra, dal cuore, dal pianto, l’esclamazione “Non è giusto!”. Non è giusto morire così nel corso del compimento del proprio dovere… Non è giusto. E la vedova chiede giustizia.

Ma la giustizia di cui la vedova è assetata e bisognosa, la giustizia che quel giudice non riesce a dare, nella Sacra Scrittura non è solo qualcosa di normativo o legale, un semplice mettere in regola ciò che non funziona tra due avversari, seppur legittimo. La giustizia è uno dei doni più grandi che si possa chiedere al Signore; è la prerogativa del «giusto», un attributo riservato a chi è più vicino a Dio. E il giudice non ha questa giustizia perché non teme Dio.

Ecco, nella nostra Eucaristia vogliamo chiedere questa giustizia. Vogliamo metterci davanti a Dio e chiedere che ci sia concesso di essere particolarmente vicini a Lui per sopportare ciò che ancora ci ferisce il cuore, ma anche per capire la portata del sacrificio di giustizia compiuto dai nostri cari.

“Non è giusto”, forse ci diciamo ancora; ma queste parole vanno paradossalmente a incontrare quel «giusto» che ciascuno di questi nostri caduti è stato.

Loro sono stati giusti, hanno fatto giustizia. Sono riusciti a vivere e a morire per la giustizia; certamente una giustizia terrena, per la quale si sono spesi, ma anche una giustizia superiore. E sono stati capaci di aver vissuto ciò proprio perché erano «giusti», vicini a Dio. Capaci di leggere con gli occhi di Dio ciò che rende anche la giustizia umana ancora più grande; a guardare con gli occhi di Dio i bisogni degli ultimi, dei quali Egli ascolta il «grido», come dice Gesù.

Oggi siamo immersi in una realtà che ci fa dire che tante sono le situazioni “non giuste”. Pensiamo alla miseria, alla povertà, alla discriminazione, all’esclusione, a ogni forma di violenza e di attentato alla vita umana, pensiamo alla guerra… Oggi siamo in guerra, viviamo quella logica di guerra contro la quale i nostri cari hanno lottato; per evitare la quale essi sono caduti. Sono andati in luoghi di guerra, o in luoghi in cui la guerra andava evitata, proprio per mettere fine a questa ingiustizia terribile dell’umanità.

Non sappiamo quali siano i risultati e come valutarli; ma possiamo con certezza dire che la logica della guerra è stata sconfitta dalla loro giustizia, da questa giustizia, dal loro modo di vivere e di morire.

Questa morte ci dice che vale la pena di vivere per la pace, che vale la pena di lottare per la pace, e che lottare per la pace significa anche raggiungere le periferie della violenza e della guerra e mettersi accanto chi la guerra la vive, la subisce, la rischia… a chi la potrebbe scatenare da un momento all’altro.

La vedova chiede giustizia; la vedova chiede di essere difesa, protetta, contro quell’avversario che potrebbe schiacciarla, annientarla. Il giudice disonesto alla fine le concede questa giustizia; e gliela concede, specifica il Vangelo, non perché lui sia cambiato ma perché lei è molesta. Il giudice le risponde perché lei è insistente; i nostri militari, invece, rispondono con dedizione e amore al bisogno di giustizia di tante vedove, orfani, poveri, di tante persone deboli e sole… i nostri caduti hanno risposto: e questa risposta è costata loro la vita.

 

Cari amici, nell’Eucaristia di oggi portiamo alla luce, portiamo al Signore questa loro giustizia, chiedendo che sia una giustizia che ispira tutti noi.

Anzitutto voi, famiglie dei nostri fratelli caduti: una giustizia che vi dia la pace del cuore; perché giustizia e pace vanno insieme non solo sui grandi scenari della vita sociale, politica, nazionale e internazionale; vanno insieme anche nel profondo del cuore umano. E coloro che hanno fatto questo atto di giustizia, coloro che sono stati giusti, ora vivono nella pace…

Ma chiediamo anche che questa giustizia ispiri tanti “giudici” del nostro tempo; che sia una testimonianza per coloro che dovrebbero ascoltare il grido dei poveri e degli oppressi, degli orfani e delle vedove, delle categorie di più fragili e piccole dei nostri tempi, senza scartare, sopprimere o ignorare. Perché essi possano essere mossi non da sentimenti di insofferenza, come quelli del giudice disonesto, ma di correttezza, rispetto e profonda compassione. Chiediamo che sia mosso il cuore dei grandi della terra, di coloro che decidono le sorti dei popoli, di coloro che ci governano. Chiediamo nella preghiera che un cuore come quello dei nostri caduti cresca in tutti coloro che hanno la responsabilità della cosa pubblica, della città dell’uomo, della politica, perché si edifichi un mondo migliore.

Signore, noi oggi ti rendiamo grazie per ciascuno di questi nostri fratelli caduti, che nominiamo durante l’Eucaristia; per ogni atto di giustizia che ciascuno di essi ha compiuto perché fedele al suo dovere, al suo compito, al suo mandato, ma anche perché intimamente unito a te, come «giusto», come creatura capace di trasferire la Tua giustizia e il Tuo Amore nel mondo. Con la sua vita e con la sua morte.

Grazie. E così sia!

Santo Marcianò