Vilnius, Incontro degli Ordinari militari d’Europa – 12 luglio 2023

12-07-2023

Incontro degli Ordinari militari d’Europa, Vilnius, 12 luglio 2023

 

La pastorale nel mondo militare tra sfide e opportunità

 

INTRODUZIONE

Vorrei introdurre la mia riflessione partendo da una nota espressione di San Paolo: «Il vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo» (Gal 1,11). Le parole di Paolo nella Lettera ai Galati trasmettono, come sempre per l’Apostolo, uno dei punti essenziali dell’evangelizzazione.

Oggi parliamo di Chiesa Ordinariato Militare e sfide pastorali, parliamo di evangelizzazione. Nascono da lì le sfide pastorali, tutte le sfide che ci raggiungono in quanto Chiesa. Perché la Chiesa ha, potremmo dire, questa unica missione e, di conseguenza, questa unica preoccupazione: annunciare Cristo, Figlio del Padre, con lo Spirito Santo e nello Spirito Santo.

Annunciare Cristo, che rivela l’uomo all’uomo[1], e, in Lui, annunciare la verità dell’uomo, la sua dignità, la sua eternità, la cifra dell’amore che avvolge di senso la sua vita e le assegna un incalcolabile valore.

Pur essendo l’uomo il destinatario dell’evangelizzazione, essa, dice Paolo, non si modella sugli uomini, non si riceve né si impara dagli uomini. È frutto della rivelazione gratuita, sorprendente e incessante del Padre. Nel mutare delle condizioni storiche, ambientali e culturali, Dio si continua a rivelare sempre e l’icona della Rivelazione rimane Cristo fatto Uomo, Crocifisso e Risorto per amore degli uomini.

 

TRA SECOLARISMO E FONDAMENTALISMI

In questo contesto la sfida pastorale potrebbe essere inquadrata in uno dei contrasti che affligge il tempo attuale, quello tra secolarismo e fondamentalismi. Due realtà all’apparenza infinitamente distanti, contrastanti: da un lato, la negazione di ogni religione; dall’altro, l’esasperazione della religione. In realtà, due estremi più vicini di quanto non sembri.

La secolarizzazione – diceva Benedetto XVI – «si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte dall’esistenza e dalla coscienza umana»[2]. E Papa Francesco mette in guardia dalla «scristianizzazione», considerata come «il problema più grave della secolarizzazione», che conduce a «un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa… un popolo orfano»[3].

Se ci pensiamo bene, il problema di fondo è, in realtà, l’individualismo che la secolarizzazione genera, esasperato da edonismo e relativismo contemporaneo: «la “morte di Dio” annunciata, nei decenni passati, da tanti intellettuali – conclude Papa Benedetto – cede il posto ad uno sterile culto dell’individuo»[4].

Se il fondamentalismo è «l’abuso della religione per giustificare la sete di potere, la strumentalizzazione del santo nome di Dio per fare avanzare con ogni mezzo il proprio disegno di egemonia»[5], non stupisce che esso si fondi sull’individualismo esasperato, frutto, peraltro, di un’esasperata secolarizzazione.

Paradossalmente, il fondamentalismo è come una secolarizzazione portata all’estremo!

Le conseguenze che un tale contrasto assume nella nostra realtà militare – in particolare negli Ordinariato Militari d’Europa – sono, probabilmente, più significative di quanto non si pensi. Da una parte, il secolarismo, la scristianizzazione, attaccano alle radici l’identità del Vecchio Continente, soprattutto in quella “rivoluzione antropologica” responsabile di un diverso approccio alla persona umana e ai suoi “diritti”; un approccio che, lentamente ma concretamente, non può non riguardare anche la figura e la missione dei militari. Dall’altra parte, i fondamentalismi, le cui tragiche conseguenze – in termini di violenza, guerra, intolleranza, persecuzioni…- più di altri vedono coinvolti proprio i nostri militari, in particolare quei militari impegnati nelle Missioni internazionali in Paesi afflitti da fondamentalismi di carattere politico o religioso. Recente esempio di tale dramma è la sfumatura del fondamentalismo evidenziatasi nella Guerra tra Russia e Ucraina, dove lo spettro della strumentalizzazione politica e nazionalistica del Nome di Dio crea nuovi squilibri religiosi e interreligiosi.

Possiamo chiederci: quale la risposta a questo tipo di sfide? O meglio, quali vie deve percorrere l’evangelizzazione, la pastorale, per rispondere a queste modalità di sfide?

Benedetto XVI suggerisce che l’annuncio evangelico, orientato al «richiamo ai valori alti dell’esistenza», si collochi «sul terreno del dialogo e dell’incontro con le culture»[6]; Papa Francesco intravede la «pratica del Vangelo» nel valore della «vicinanza»[7].

Così come le sfide, in realtà, anche tali risposte, che devono tradursi in pastorale – «dialogo con le culture» e «vicinanza» – sono esperienza continua e concreta per noi, Chiesa dell’Ordinariato Militare: vicina nel quotidiano ai militari e immersa nell’interculturalità.

Anzitutto siamo Chiesa, è bene sottolinearlo sempre; una Chiesa particolare specificamente istituita per l’assistenza umana e spirituale alle Forze Armate e che nel tempo è passata – lo ha spiegato in modo incisivo Giovanni Paolo II concludendo il primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare in Italia – «da un “servizio di Chiesa” offerto ai militari a una “Chiesa di servizio”, radunata tra quanti nel mondo militare sono chiamati a esercitare il loro sacerdozio battesimale, operando per la convivenza pacifica tra gli uomini»[8].

Ricordando come il Concilio li definisca «ministri della sicurezza e libertà dei popoli»[9], siamo autorizzati a dire che, per i cristiani, l’impegno militare è un servizio, un vero e proprio “ministero”, che richiede l’eroismo e il coraggio della pace.

Parole forse poco comprensibili da chi, pur volendo difendere la pace, rasenta la deriva di un pacifismo fondamentalista. Ma parole che sono vita vissuta da uomini e donne i quali realmente – come continua Papa Wojtyla e come io stesso ho imparato in questi anni di ministero di Ordinario Militare – «si accreditano sempre più come difensori dei valori inalienabili dell’uomo, quali la vita, la libertà, il diritto e la giustizia. Concezione, questa della vita militare, in sintonia con il messaggio evangelico che apre alla Chiesa Ordinariato Militare non poche opportunità pastorali»[10].

 

NELL’ORIZZONTE DELLA SINODALITA’

Ma il tempo che stiamo vivendo ci chiede di inscrivere le sfide culturali e le stesse possibili risposte pastorali in un orizzonte ormai ineludibile: la sinodalità. È anch’esso orizzonte che ci riguarda in modo peculiare, assumendo molte sfumature originali che noi siamo chiamati a vivere e possiamo offrire alle Chiese dei nostri Paesi di origine nonché alla Chiesa universale.

Ciascuna delle nostre Chiesa sta, in tal senso, operando il suo discernimento sinodale. Abbiamo lavorato in modo adeguato alla realtà, per interrogare la nostra gente e interrogarci; per imparare l’ascolto reciproco ma, soprattutto, per affinare la sensibilità personale e comunitaria alla voce dello Spirito. Ciascuno, dunque, ha fatto e sta facendo il suo lavoro, del quale si vedranno via via i frutti. Ma c’è un’altra dimensione che sarà interessante approfondire.

Come Ordinariati Militari siamo, nelle diverse Conferenze Episcopali Nazionali, Chiese particolari con i rispettivi Ordinari. Ma tra noi siamo anche – passatemi il termine – Chiese “sorelle”, in quanto ci ritroviamo all’interno di quella realtà militare che vorremmo sempre più vedere come una vera e propria “famiglia”.

E credo sia qui il cuore del nostro compito, aiutato dai valori che il mondo militare porta con sé: essere consapevoli che i militari non sono soltanto persone alle quali offriamo un servizio ma una famiglia, una comunità, una porzione di Chiesa “a servizio” del mondo.

Che grande e meraviglioso compito formare i nostri fedeli a questa consapevolezza!

Una consapevolezza che, anzitutto, getta luce sulla figura del militare cristiano, illuminando, nell’oggi, la sua variegata e non facile missione per la pace.

Essere vicini ai militari e alle loro famiglie ci fa toccare con mano, assieme ai cappellani militari, quanta dedizione e abnegazione esiga la difesa della vita umana in tutte le sue fasi e situazioni; la protezione dei più deboli; l’accoglienza prudente ma senza scarto, così importante per la corretta gestione di una delle emergenze più delicate che l’Europa si sia trovata ad affrontare, con l’arrivo di tanti profughi; il soccorso pronto e coraggioso nelle calamità naturali, il servizio a popoli afflitti da guerra, violenza e povertà, l’applicazione delle ricerche scientifiche più raffinate alla promozione della giustizia e alla custodia del creato e del patrimonio artistico… Una grande opera di pace, perché la pace è un’armonia di elementi, nel rispetto dell’ordine stabilito da Dio.

Purtroppo, però, non tutte le culture, e neppure tutti gli orientamenti politici e amministrativi, hanno tali obiettivi e non è raro trovare contesti nei quali lo stesso militare fatichi ad incarnare determinati valori, non per propria scelta ma anche a motivo delle direttive date dal proprio Paese.

In situazioni del genere appare ancora più necessario, a difesa dei valori umani e cristiani, l’apporto degli Ordinariati Militari e la collaborazione tra le Chiese “sorelle” degli Ordinariati Militari, particolarmente in Europa.

Da soli, lo comprendiamo, non possiamo farcela!

Ecco dunque che, procedendo nel cammino sinodale, si potrebbe forse pensare a una sinodalità tra gli Ordinariati Militari, a una sinodalità nella pastorale. Non una pastorale uniforme, ma una pastorale che si sforzi di trovare punti di unità tra la Chiesa e il mondo militare, unità tra gli Ordinariati Militari Nazionali, unità all’interno della “famiglia militare” in Europa.

Il progetto di un “Esercito Europeo” ancor più ci obbliga a percorrere tale direzione, nella quale si intravedono importanti linee di sviluppo.

Da una parte, questa nostra sinodalità potrebbe incidere sulla cultura europea. Non so se lo ricordiamo, ma qualche anno fa, Papa Francesco ha indicato due fondamenta sulle quali si poggia il Progetto Europeo: il valore della «persona», trascendente rispetto a ruoli e aggettivi, e il senso della «comunità», così importante da essere anche inserito nel nome costitutivo: “Comunità Europea”. Su tali fondamenta si può costruire un edificio, fatto di speciali «mattoni»: «il dialogo», che vince il pensiero unico, l’estremismo e il populismo; «l’inclusione», che accoglie con cuore aperto ma chiede integrazione e rispetto della cultura; la «solidarietà», attenta ai poveri e al patto educativo tra generazioni; «lo sviluppo», che guarda l’integralità dell’uomo; infine, l’impegno per la «pace», diritto dei popoli ma frutto di verità, giustizia e fraternità[11].

Dalla guerra, ha avuto modo di sottolineare Papa Francesco, «impariamo che… non è questo il tempo di costruire trincee, bensì quello di avere il coraggio di lavorare per perseguire appieno il sogno dei Padri fondatori di un’Europa unita e concorde, comunità di popoli desiderosi di condividere un destino di sviluppo e di pace»[12].

È una “grammatica europea”, questa, drammaticamente necessaria nell’odierno contesto in cui l’Europa ha visto riesplodere un inatteso conflitto, quello tra Russia e Ucraina; ma è anche una grammatica di valori del mondo militare. Ed è, non lo dimentichiamo, una grammatica profondamente evangelica, che si deve tradurre in pastorale.

In tal senso, la sinodalità delle nostre Chiese potrebbe riaffermare l’importanza dell’apporto pastorale degli Ordinariati Militari anche, come dicevamo, nelle nostre realtà ecclesiali nazionali e nella Chiesa universale. Una pastorale, la nostra, della quale mi piace indicare solo alcuni punti, potremmo dire alcune opportunità, valide per tutti, su cui si potrà poi continuare la riflessione.

 

LA PASTORALE DEGLI ORDINARIATI MILITARI: SFIDE E OPPORTUNITA’

 

  1. La ricchezza dei giovani e dell’educazione

I giovani, oggi, afflitti da problematiche concrete quali la denatalità e la disoccupazione, attratti da varie “dipendenze” che sostituiscono le motivazioni, spinti comunque e sempre dall’interiore entusiasmo e dalla capacità di sognare, i giovani si attendono qualcosa sul piano educativo, ma sono anche una risorsa preziosa, troppo spesso trascurata.

La Chiesa Ordinariato Militare, Chiesa “più giovane” perché più ricca di giovani, è pertanto chiamata a valorizzare questo suo straordinario dono che è anche una grande responsabilità, ideando iniziative particolari da proporre ai giovani militari; provando a intercettare la domanda di senso dei giovani delle nostre Caserme; offrendo anche al Sinodo il valore della nostra esperienza; inserendosi nelle attività educative di Scuole e Accademie. Non dimentichiamo che secolarismo e fondamentalismo vanno sradicati con un’opera formativa convinta, attraente, ricca di valori.

 

  1. Respiro ecumenico e dialogo interreligioso

Il mondo militare, soprattutto in determinati Paesi e nelle Missioni condotte sotto l’egida di Organismi Internazionali, sperimenta l’«ecumenismo delle opere»[13] che gli ultimi Pontefici indicano ripetutamente, con il Magistero e i gesti concreti.

Si tratta di un’esperienza unica, che forse compie un’azione più concreta e profonda di quanto si possa immaginare e che sarebbe importante poter trasmettere anche ad altri. Infatti, l’onesto e rispettoso sforzo ecumenico, unitamente a un fecondo dialogo interreligioso – auspicato e, per certi versi, maggiormente garantito proprio dal processo sinodale -, si prospetta oggi come via concreta per arginare il fondamentalismo, contrastando il secolarismo individualista e proiettando lo sguardo degli uomini verso il Trascendente, l’Assoluto, Dio, dunque verso una fraternità universale.

 

  1. Migrazioni e accoglienza

In questo tempo di Sinodo, interrogandosi sul senso del “camminare insieme”, mi sembra che l’oggi della Chiesa debba incrociare anche il “camminare” dei nostri fratelli profughi e migranti.

Dico spesso che, subito dopo la nomina da Ordinario Militare, compresi che la nostra è una «Chiesa senza confini»: e credo che la missione evangelizzatrice della Chiesa militare sia tutta qui. Come sacerdoti e cappellani militari, infatti, raggiungiamo i nostri militari ovunque, senza i confini geografici di una Diocesi; li raggiungiamo e li seguiamo spiritualmente, nel loro compito di rendere i confini non più presenti. Nel loro compito di difendere le persone, non i confini!

Il ruolo che i militari giocano nella pastorale dei rifugiati e migranti può essere cruciale in ogni Paese, talvolta anche superando regole che rendono ingiuste alcune normative vigenti. Pensiamo, come esempio, alla “legge del mare”, che impone il salvataggio di tutte le vite umane… un compito di grande importanza se consideriamo che, nel cimitero del Mediterraneo, dal 2014 ad oggi quasi  28.000 migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo …[14]; quasi 2000 sono stati i morti in questi mesi del 2023 e proprio in questo periodo abbiamo assistito a delle tragedie terribili che hanno coinvolto le coste italiane e greche; grande impressione ha inoltre suscitato in Italia la tragedia avvenuta a Cutro, sulla costa calabrese, nello scorso mese di febbraio.

E pensiamo anche all’impegno dei militari in diverse Missioni Internazionali per il supporto alla Pace, che li vede aiutare i rifugiati sul versante della prevenzione e della promozione umana.

La mia esperienza italiana mi fa apprezzare, accanto alla competenza delle nostre Forze Armate Italiane, anche l’etica che le caratterizza e le vede attente ai valori della giustizia e del bene comune, della fraternità e della pace: valori possibili solo se, alla base di tutto, si pone la difesa di ogni persona umana, in ogni fase e condizione di vita, e la cura della sua inalienabile dignità.

Per questo, come Chiesa, dobbiamo educare a scorgere, nel fenomeno dei migranti e rifugiati, un appello alla carità e, allo stesso tempo, siamo chiamati a essere promotori di una rete di comunione più organizzata.  Serve ascoltare insieme ad altri e agire insieme, anche per liberare il problema dei migranti e rifugiati dalle ideologie, dalle mode e dalla strumentalizzazione politica.

 

  1. La preghiera per la pace

In un tempo che ha improvvisamente riproposto un grande e drammatico conflitto come quello tra Russia a Ucraina, innestandosi nella «guerra mondiale a pezzi» di cui già parlava Papa Francesco, troppo spesso si dimentica che la Pace è dono di Dio, da accogliere e implorare, E se è vero che i militari sono a servizio della pace, se è vero che la pace sta al cuore della Chiesa, è vero che l’Ordinariato Militare è chiamato a un’incessante preghiera per la pace.

Nelle nostre Chiese principali di Roma, abbiamo scelto di dedicare alla preghiera per la pace l’Adorazione Eucaristica continua. Ma il sogno è proporre iniziative di preghiera condivise tra le nostre realtà locali e le diocesi: una sorta di animazione liturgica della preghiera per la pace affidata alla Chiesa militare, nelle diocesi di Europa e del mondo…

 

  1. La pastorale d’ambiente e l’accompagnamento spirituale

È singolare che quella che per noi rappresenta un’esperienza ordinaria sia oggi, da qualche autore, inquadrata nel più ampio contesto di una proposta di «avanguardia della Chiesa». È così che il sociologo e teologo Tomàs Halìk definisce «la pastorale “per settori”, vale a dire il servizio dei cappellani negli ospedali, nelle carceri, nelle forze armate e nelle scuole, così come l’accompagnamento di persone che si trovano nelle più diverse e impegnative situazioni esistenziali», anche quelle che non portano un’esplicita domanda religiosa ma sono comunque aperte a una «ricerca di senso»[15].

Il servizio del cappellano militare è davvero rivolto a tutti, non solo ai credenti, e ha la peculiarità di quella condivisione di vita che rende più concreto e mirato lo stesso servizio pastorale. E questo ci rende espressione autentica della Chiesa “in uscita”, sognata da Papa Francesco, con una “pastorale di ambiente” che non può essere adeguatamente coperta dalle parrocchie e che non è da inventare ma da valorizzare: il nostro può forse essere un esempio per altri settori, in particolare nelle grandi città dove, in luoghi di studio e di lavoro, trascorre la gran parte della vita delle persone. Una pastorale che, se ci pensiamo bene, rende più concreto anche uno stile sinodale.

 

CONCLUSIONE

Cari amici, il Vangelo è un dono e un compito affidato da Dio anche al mondo militare, che oggi gioca un ruolo evangelizzatore di inattesa concretezza e preziosità, mantenendo vivi alcuni grandi valori umani e cristiani. Come Chiesa Ordinariato Militare dobbiamo prenderne sempre meglio coscienza, consapevoli, soprattutto, della ricchezza del ministero affidato ai cappellani militari.

Le sfide pastorali che li interpellano e ci interpellano si calano nel concreto della pastorale ordinaria della Chiesa tutta ma con una possibilità di incrociare la vita sociale e politica delle nostre comunità che ci deve far riflettere, nella responsabilità e nella consapevolezza del grande tesoro di evangelizzazione a noi affidato. Un tesoro che occorre riscoprire, custodire e – direi – investire, spendere insieme.

Insieme: ecco la fedeltà alla dinamica sinodale!

Anzitutto, la Chiesa insieme al mondo delle istituzioni: è una dinamica importante, alla quale i nostri Ordinariati Militari sono abituati.

Poi, insieme nel dialogo ecumenico e interreligioso di cui abbiamo parlato, anche per far sentire con forza le voci delle diverse fedi a difesa della persona umana e della sua dignità, quali che siano la sua nazionalità, lingua, razza, religione…

Infine, insieme come Europa. E forse sono proprio le sfide pastorali cui abbiamo fatto cenno a poter offrire un’occasione di crescita della coscienza europea anche attraverso di noi Ordinari Militari, assieme a tutti i Pastori del Vecchio Continente ma in maniera originale e rispettosa della vocazione delle nostre Chiese; un apporto, il nostro, che potrà sempre meglio emergere grazie anche alla crescita della nostra reciproca comunione, di una condivisione tra noi più “organizzata” e forse “strutturata”, di uno stile sinodale che ci faccia maggiormente “corpo” a servizio del Corpo di Cristo che è la Chiesa.

 

 

 

Mons. Santo Marcianò,

Ordinario Militare per l’Italia

[1] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Gaudium et Spes, 22

[2] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, 8 marzo 2008

[3] Francesco, Incontro con i vescovi polacchi, Cracovia, 27 luglio 2016

[4] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, 8 marzo 2008

[5] Francesco, Discorso ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede, 18 maggio 2017

[6] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, 8 marzo 2008

[7] Francesco, Incontro con i vescovi polacchi, Cracovia, 27 luglio 2016

[8] Giovanni Paolo II, Discorso al primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare in Italia, Roma, 6 maggio 1999

[9] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Gaudium et Spes, 79

[10] Ibidem

[11] Cfr. Francesco, Discorso ai partecipanti alla Conferenza “(Re)Thinking Europe”, Aula del Sinodo, 28 ottobre 2017

[12] Ibidem

[13] Cfr Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, 91

[14] https://missingmigrants.iom.int/region/mediterranean

[15] Tomàs Halìk, Pomeriggio del cristianesimo, Vita e Pensiero, Milano 2022, p. 248